(A scanso di equivoci: poiché un verbo e un sostantivo dal significato diverso si somigliano)
Traduco dal dialetto nostrano: «Dicea la vecchia: non vorrei mai morire, perché più vecchia divento e più cose imparo e rifletto». Ed è vero.
Esaminando vocabolari e dizionari, per quanto dirò allo stato della ricerca e non da specialista in botanica, ho appreso che, nella nostra lingua nazionale, loto, pianta e frutto alimentare, è termine antico, almeno di 2.740 anni,1Cfr. Omero, Odissea, VIII, 82-104. ancora attuale e deriva dal greco lotòs2Cfr. M. Pechenino, Vocabolario Italiano-Greco, San Pier d’Arena-Torino-Nizza Marittima, 1880, p. 362. e dal latino lotos e lotus, albero;3 Cfr. O. Badellino, Dizionario Italiano-Latino, Torino, 1962-1967, col 1368. altrettanto antichi sono i vocaboli melo, la pianta e mela, il frutto, i quali derivano, dal greco melon4M. Pechenino, cit. p. 280. e dal latino femm. malus e neut. malum.5O. Badellino, cit. col.1440. Soltanto tempo dopo, il loto è stato definito càchi e, in modo popolare caco,6Nuovissimo Dardano, Dizionario della lingua italiana, Milano, 1982, p. 384. da kaki, di origine giapponese.7G. Devoto, Dizionario etimologico, Milano, 1968, p. 59.
Ebbene, ieri l’altro stavo nel negozio di una fruttivendola, per l’acquisto di verdure, quando vi entrò una signora; salutò e domandò: «Avete loti?» La venditrice, impegnata a sollevare una non leggera cassetta di patate rispose. «No. Cacoméle». L’acquirente mi guardò, perplessa, abbozzò un sorriso e aggiunse: «Come?» E l’altra: «Cacoméle». Quindi sistemò le patate, prese da un cestello un bel pomo tondo, giallo-arancione e lucido, lo mostrò alla signora, titubante, e spiegò: «È un incrocio tra loti e mele». Per prova, io ne acquistai quattro: un Kg.
Tornando a casa, pensai che sarebbe stato appropriato dire non propriamente caco, termine dialettale, ma cachi, in lingua nazionale e, quindi, cachiméle. Mi venne da riflettere, altresì, su quale sarebbe stata la reazione di un compratore nervosetto e ignaro del nuovo frutto se, alla richiesta di loti, il venditore avesse risposto: «No. Cacoméle!»; quantomeno avrebbe ribadito: «…e te le mangi». Cammin facendo interpellai un collega medico in pensione, persona assai colta, e due commercianti di generi alimentari e ortaggi: tutti ignoravano tutto, circa il tema.
Giunto a domicilio, telefonai subito ad un collega amico, di elevata cultura, e gli chiesi informazioni attinenti al riguardo nella sua provincia di Benevento; interrogò pure la gentile consorte, ma senza risultato alcuno. Allora consultai Internet e appresi, in generale, che caco mela, kaki mela e cacomela sono varietà di alberi da frutta nonché il frutto, assai utile all’organismo. Spaccai uno dei pomi acquistati: non presentava torsolo e semi; lo assaggiai: lo trovai gustoso. Ritengo, nondimeno, che prima o poi si incomincerà a ironizzare scioccamente in merito. E allora? Poiché oltretutto i vocaboli della pianta e del frutto derivano, composti, dalle lingue giapponese, greca, latina e italiana insieme, chiedo cortesemente all’eventuale lettore, italiano: «Cosa direbbe se venissero invece tratti soltanto, poiché ci troviamo in Italia, dal linguaggio nazionale e quindi definiti Lotoméla o melalòto o melàto o lòtola?»
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[1] Cfr. Omero, Odissea, VIII, 82-104.
[2] Cfr. M. Pechenino, Vocabolario Italiano-Greco, San Pier d’Arena-Torino-Nizza Marittima, 1880, p. 362.
[3] Cfr. O. Badellino, Dizionario Italiano-Latino, Torino, 1962-1967, col 1368.
[4] M. Pechenino, cit. p. 280.
[5] O. Badellino, cit. col.1440.
[6] Nuovissimo Dardano, Dizionario della lingua italiana, Milano, 1982, p. 384.
[7] G. Devoto, Dizionario etimologico, Milano, 1968, p. 59.