Non si hanno – ad oggi – notizie documentarie sul territorio detto ‘casali Amerusii’, antecedenti il primo decennio del 1100 d.C. Dal Catalogus Baronum – risalente al 1150 – i feudi della valle telesina sono divisi tra signori diversi: il Conte Roberto di Caserta ha il possesso di Caserta, Morrone, Melizzano e altro, tra cui un feudo di tre militi – costituito da Bublano, cioè Pugliano, e ciò che teneva in Telese Nicola Franello, e Surupato, cioè Solopaca – confinante è il piccolo dominio di Guillelmus de Sancto Fraymundo (Guglielmo di Sanframondo) che comprende Limata, Guardia, Cerreto, Finitella (Civitella). Puglianello ed alcuni ‘casali vicini’, Ponte e Casalduni appartengono ad altri domini.1Luigi R. Cielo, La nascita dei centri medievali nella Valle Telesina, Il caso di Solopaca, «Rivista Storica del Sannio» 17, 3° serie, Anno IX, 2002, pp. 85-102.
Le ricerche poste in essere riconducono al riconoscimento che tale ‘casali Amerusii’ fosse ‘annesso’ al priorato dell’Ordine Ospedaliero dei Giovanniti (non prima del 1137) in Capua,2A. Pellettieri, Capua e l’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, in Il Gran Priorato giovannita di Capua,  ed. Altrimedia, Matera 2008, p. 41. che amministrava la provincia di Terra di Lavoro, Citri ed Ultra, il contado di Molise e gli Abruzzi.
Andando per ordine, “che a Capua fosse presente, già prima del 1180, una domus giovannita lo desumiamo da una memoria di papa Alessandro III, nella quale è citato per l’anno 1179 un priore di nome Fulco, che gestiva l’insediamento degli Ospedalieri capuani: nello stesso anno Fulco riconosceva all’arcivescovo di Salerno la giurisdizione sulla chiesa di San Tommaso Martire di Montoro, promettendo di recarsi a Salerno il 6 maggio, in occasione della traslazione di San Matteo, per offrire quattro tarì e due candele di quattro libbre di cera all’arcivescovo, in qualità di canonico della cattedrale”.3G. Vitolo, Tra Napoli e Salerno. La costruzione dell’identità cittadina nel Mezzogiorno medievale, ed. Carlone, Salerno 2001, p. 181, n. 37. Nel novembre 1185, Adenolfo Feltrerio ‘cognomine Pistillus filius’ fa testamento a favore di sua sorella Marotta – moglie di Landolfo Borrello – onde favorirne una vita agiata. 
Ma a chi scrive interessa che, tra le terre affidate alla Marotta, vi furono quelle ‘de loco Cantie’ donate alla congregazione di Santo Stefano, e alla chiesa di San Martino; come pure fu chiara l’istituzione, pro anima sua e dei suoi parenti, di un legato all’Ospedale di S. Giovanni gerosolimitano – sito nei pressi del Castello Nuovo di Capua4Isabella di Resta, Le pergamene di Capua, a cura di J. Mazzoleni, II (1022-1492), ed. L’Arte Tipografica, Napoli 1960. di alcune terre e ‘casali’, siti tra Solopaca, Telese e Puglianello. Non è chiaro però se tra tali ‘casali’vi fu quello detto Amerusii.
 Si riconosce per certo – quasi un secolo dopo (1363) – un documento ‘legato’ a papa Urbano V che riporta l’appartenenza al priorato di Capua della domus di Telese e ‘finitimas regiones’ (trad. ‘delle terre vicine’), come pure di quelle in Aversa e  Maddalonis. Non così, già dieci anni dopo, quando papa Gregorii XI ritiene bene conoscere i possedimenti dei cavalieri di san Giovanni in Capua. Un errore formale di trascrizione non informa sui possedimenti in Telese, Maddaloni e Caiazzo.
Bisognerà aspettare il Quaternum Redditum – una fonte documentaria ‘telesina’ del 1426, ma in realtà molto precedente5D. B. Marrocco, Il “Quaternus Reddituum Civitatis Thelesiae” del 1426, in “Annuario dell’Associazione Storica del Medio Volturno”, Piedimonte Matese (CE), 1977, pp. 144-179. – per ritrovare la citazione di tre piccoli appezzamenti di terre un ‘casali Amerusii’ definite come ‘terram hospitalis’ (trad. ‘terre dell’ospedale’); addirittura raggiungibili per ‘juxta viam publicam’ verso una ‘terra palustris’ (ovvero ‘terra acquitrina’) dei giovanniti, con preciso riferimento a ‘terra Roberti Baldini et Philippi ubi dicitur la corte juxta terram hospitalis’ (trad.  ‘la terra di Roberto Baldini e Filippi, chiamata la corte, nel terreno dell’ospedale’).
Ed ancora il Ms Benev. al n. 117 fa menzione di una terra – in possesso dei giovanniti (1405) – simile a un vallone: “ubi dicitur a basarano iuxta rem domne Constantie de Cerrito a duabus partibus, iuxta vallonem Sancti Iohannis, iuxta vallonem Sancti Sebastiani et iuxta rem domni Angeli de Amberosi et eius fratrum, rem Andree Docta de Torello et flumen Caloris et alios suos fines”(trad. “un pezzo di terreno detto da Basarano [proprio alla] proprietà del Sig. Constanzo di Cerreto su due lati, [incluso] al vallone di San Giovanni, [incluso] al vallone di San Sebastiano e [di] proprietà del Sig. Angelo de Amberosi e i suoi fratelli, la proprietà di Andrea Docta del Torello e il fiume Calore e gli altri suoi confini”.6C. Lepore, Monasticon Beneventanum, in “Studi Beneventani”, 6, 1995. p. 81 e nota 168; Ms Benev. 117, con rimando alla cartella 379, n. 20 dell’anno 1482 (in Quaternus bonorum stabilium monasterii Sancti Lupi, ovvero del fondo ‘La Pezza di S. Lupo’ in territorio di Amorosi) della Biblioteca Capitolare di Benevento.
Se già a metà del 1500 i giovanniti detengono i diritti di proprietà sui loro possedimenti,7Pescitelli R., Chiesa Telesina: luoghi di culto, di educazione, di assistenza nel 16 e 17 secolo, Tip. lit. Auxiliatrix, Benevento 1976, p. 230. non così per gli stessi benefici sul patronato, che apparteneva al feudatario di turno.  
In realtà numerosi documenti del tempo – tra cui un resoconto del 1647 – rivelano che, tra i beni del priore di Capua Camillo Pamphili, risulta una ‘grancia tra Sorropaca Thelesie’, in fitto a un certo C. Maresca;8Casale A. – Marciano F. – Amorosi V., Il Priorato di Capua dell’Ordine di Malta in una relazione inedita del 1647, Collana Parva Melitensia, Boscoreale, n. 2-2004, p. 12-13. come pure il podere fondiario esteso del priorato capuano risulta suddiviso in quattro commende (Maddaloni /S. Agata de’ Goti – Caiazzo vs. Telese / Campagnano).
Di un certo ‘dott. D. Domenico Foschini’– in un catasto Onciario di Amorosi, al vol. 1545, tra i ‘forastieri non abitanti ecclesiastici secolari’ – risultano i possedimenti  di un ‘territorio aratorio di moggia cinque nel loco detto Li Pontuni, giusta li beni del beneficio di S. Angelo, e fiume Calore, e Volturno’ ove il Calore si getta nel Volturno.
La Pellettieri – allo studio di un cabreo del priorato in Capua del 16809Trattasi di un cabreo rogato dal notaio Santo de Puca di Sant’Antimo su ordine del priore Gaspare Gabuccini e conservato presso la National Library of Malta, vedi Pellettieri A., I registri patrimoniali capuani, in Il Gran Priorato giovannita di Capua, op. cit., pp. 109-112. – rivela che il ‘regio ingegnere’ G. B. Manni – nel misurare i territori del priorato in Terra di Lavoro- elaborò vari disegni  dei beni immobili dell’Ordine – ubicati in Caiazzo, Campagnano, S. Agata dei Goti e nella Baronia di Solopaca, ove fu presente anche una chiesa.
Ma è interessante riscontrare che ‘in civitatis (sic) Telesiae’ vi siano indicati cinque pezzi di terra, uno dei quali – lontano dalla civitas è ‘di pertinenza di tale città ‘campestre in loco Perazze’ di sedici ‘moia, none due e quinte tre mezze’ non lontano da Santa Maria dello Casale (ora San Salvatore Telesino) ed oltre la località Santo Stefano. In una logica di accorpamento tra enti demaniali, monastici e religiosi10L. R. Cielo, L’incastellamento nel Matese campano. L’area telesina, in “Rivista Storica del Sannio”, 3a Serie, X, 2003, p. 61., località ‘Perazze’ si scopre essere di pertinenza di Telese, così pure sembra di Nocella, Lanternina e il torrente Truono che si insinua di fianco le mura della vecchia città di Telesia e ‘nova longobarda’ del IX secolo.
Come affermato in precedenza, già liminari al priorato di San Giovanni dal 1380 in poi, vi erano alcuni beni della corte della città di Telese, di Santa Maria dello Casale, di ‘Santi Antonii’ in Cerreto Sannita11D. B. Marrocco, Il Quaternus Reddituum Civitatis Thelesiae” del 1426, op.cit., pag. 157. Di notevole interesse un pezzo di terra ‘in baronia Solipacae’, di ‘moia quattro [sito] nello loco detto à Santo Angelo’, molto probabilmente della Chiesa (?) di Sant’Angelo del ‘primo casale’ di Amorosi. Ciò è confermato nel Quaternus Redditum, ove si dice di un luogo al confine con località Grocella ‘ubi dicitur la corte juxta terram hospitalis’, sulla via ‘dalla parte di mezzogiorno, et scirocco’, che circoscrive il possedimento dei Cavalieri di S. Giovanni proprio nel luogo ‘à Santo Angelo’, in ‘confluenza a due fluvii’.  Si ipotizza [sic] una zona di interesse viario o agricolo, ove la ‘domus giovannita’ presente sul territorio – a sinistra del torrente san Giovanni in Telese – emerge non lontana dalla confluenza del fiume Calore nel Volturno. 
Un certo interesse logistico si evince dalla linea viaria e strategica nota in un impianto, alla confluenza, di un ‘casale del XII secolo’ non ancora localizzato dagli storici, della sua influenza su abbazie di prestigio, tra cui S. Lupo di Benevento e di San Menna di S. Agata dei Goti.12L. R. Cielo, L’incastellamento nel Matese campano. L’area telesina, op. cit., pp. 58 ss.
Qui si apre l’ipotesi del Sant’Angelo Vethuso  – da una menzione in un catasto dell’anno 1544, riferito dal Maturi13Unica attestazione certa in Maturi P., Amorosi. Vita religiosa e luoghi di culto, ed. Slalom, Amorosi (BN), 2004, p. 24.– ai primordi di una ‘ecclesia Sancti Angeli’ nel Casalis Amorusi, fin dalle Rationes Decimarum (1325).14M. Inguanez, L. Mattei-Cerasoli e P. Sella (a cura), Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Campania, a cura, Città del Vaticano (RM) 1942, pp.51-64.
Si deduce che non è facile trarre una datazione effettiva del borgo ‘Amaerusii’ quale ‘casali’ : 
a) se si ipotizza un’esistenza anteriore di case – intorno a un luogo di culto – fin già dall’epoca longobarda, se si tiene conto del riferimento ‘all’Arcangelo’, la cui devozione, presso il popolo del nord, era attestata già dal VII sec.; 
b) se si tiene conto del Quaternus Redditum, la cui esistenza documentaria – ovvero di una località ‘pro medietate terre dicti Nicolai ubi dicitur ad Sanctum Angelum’, in confluenza tra due fiumi – non va oltre il 1380; 
c) se si tiene conto del cabreo giovannita del 1680, il luogo Sanctii Angeli e i benefici connessi è individuato sempre tra due fiumi; 
d) se si ipotizza un luogo diverso del Sant’Angelo Vethuso rispetto a un Sant’Angelo della Chiesa parrocchiale. 

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Note:

[1] Luigi R. Cielo, La nascita dei centri medievali nella Valle Telesina, Il caso di Solopaca, «Rivista Storica del Sannio» 17, 3° serie, Anno IX, 2002, pp. 85-102.
[2] A. Pellettieri, Capua e l’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, in Il Gran Priorato giovannita di Capua,  ed. Altrimedia, Matera 2008, p. 41.
[3]  G. Vitolo, Tra Napoli e Salerno. La costruzione dell’identità cittadina nel Mezzogiorno medievale, ed. Carlone, Salerno 2001, p. 181, n. 37.
[4] Isabella di Resta, Le pergamene di Capua, a cura di J. Mazzoleni, II (1022-1492), ed. L’Arte Tipografica, Napoli 1960.
[5] D. B. Marrocco, Il “Quaternus Reddituum Civitatis Thelesiae” del 1426, in “Annuario dell’Associazione Storica del Medio Volturno”, Piedimonte Matese (CE), 1977, pp. 144-179.
[6] C. Lepore, Monasticon Beneventanum, in “Studi Beneventani”, 6, 1995. p. 81 e nota 168; Ms Benev. 117, con rimando alla cartella 379, n. 20 dell’anno 1482 (in Quaternus bonorum stabilium monasterii Sancti Lupi, ovvero del fondo ‘La Pezza di S. Lupo’ in territorio di Amorosi) della Biblioteca Capitolare di Benevento.
[7] Pescitelli R., Chiesa Telesina: luoghi di culto, di educazione, di assistenza nel 16 e 17 secolo, Tip. lit. Auxiliatrix, Benevento 1976, p. 230.
[8] Casale A. – Marciano F. – Amorosi V., Il Priorato di Capua dell’Ordine di Malta in una relazione inedita del 1647, Collana Parva Melitensia, Boscoreale, n. 2-2004, p. 12-13.
[9] Trattasi di un cabreo rogato dal notaio Santo de Puca di Sant’Antimo su ordine del priore Gaspare Gabuccini e conservato presso la National Library of Malta, vedi Pellettieri A., I registri patrimoniali capuani, in Il Gran Priorato giovannita di Capua, op. cit.,pp. 109-112.
[10] L. R. Cielo, L’incastellamento nel Matese campano. L’area telesina, in “Rivista Storica del Sannio”, 3a Serie, X, 2003, p. 61.[11] D. B. Marrocco, Il Quaternus Reddituum Civitatis Thelesiae” del 1426, op.cit., pag. 157.
[12] L. R. Cielo, L’incastellamento nel Matese campano. L’area telesina, op. cit., pp. 58 ss.
[13] Unica attestazione certa in Maturi P., Amorosi. Vita religiosa e luoghi di culto, ed. Slalom, Amorosi (BN), 2004, p. 24.
[14] M. Inguanez, L. Mattei-Cerasoli e P. Sella (a cura), Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Campania, a cura, Città del Vaticano (RM) 1942, pp.51-64.



Giovanni Giletta

Nasce a Telese Terme nel 1970. Allievo del filosofo Massimo Achille Bonfantini, si laurea in Semiotica e Filosofia del Linguaggio presso l'Università degli Studi l'Orientale di Napoli. Ha poi conseguito la Scuola di Specializzazione post laurea in Psicologia dello Sviluppo e dell'Educazione presso il Consorzio For.Com. La Sapienza. Dedica le sue ricerche allo studio della filosofia e della psicologia dell'inconscio. Ha pubblicato "Cento petali e una rosa" (Natan, 2016), "Filosofia hegeliana e religione. Osservazioni su Sebastiano Maturi" (Natan, 2017) e "Nel gioco di un'incerta reciprocità: Gregory Bateson e la teoria del doppio legame" (Ed. del Faro, 2020).