Apis era un membro della corte degli dei dell’antico Egitto. Considerato dio della fertilità, una statua esposta nei Musei Vaticani lo raffigura con corpo umano e testa di toro. Quale dio della fertilità… la figura del Toro è tutto un programma. Senonché, 4 secoli fa, fu trovato a Benevento un bovino in granito rosso egiziano, privo di corna e di un altro attributo… pensile. Per i Beneventani il toro divenne subito una bufala, “a ufara”, nome che compare pure su una pianta di Benevento del 1764.
Dopo 15 secoli di onorata carriera come toro… un cambio di sesso inaspettato! Ma peggio gli andò nel 1990, quando il comune di Benevento volle giustamente installare una targa identificativa vicino alla statua che era stata collocata nel quadrivio che porta al Santuario delle Grazie. L’incaricato, uno di quelli che non va tanto per il sottile, invece di leggere “BUBALUM”, cioè bufalo, come scritto nell’epigrafe scolpita nel basamento, lesse “BUBULUM”, cioè “del bue”. L’ex toro egiziano, sbarcato chissà come in Italia, dopo essere stato “bufala” per 400 anni, era diventato addirittura un “bue”, cioè un castrato. E bue sarebbe ingloriosamente rimasto per sempre se non fosse arrivato l’Avvocato cercatore Mario Collarile che si chiese: o è un bue, o è Apis!
Elementare, vero? Ma nessuno ci aveva mai pensato. Ce lo svela lo stesso Principe del Foro sannita nel libro-ricerca Iside, signora di Benevento, “dedicato a chi non sa già tutto”.
Di errori che hanno portato tanti, proprio tanti, fuoristrada, ne è piena la storia. E questo non è stato un errore da poco, visto che il Toro era il simbolo di un dio-Casanova Egiziano, buono per la riproduzione, un bue… è buono solo a tavola! Un altro prezioso tassello per Benevento che si sta adoperando per un secondo Museo Egizio in Italia! Nel capoluogo del Sannio Campano credono nella cultura quale volano turistico e Mastella, che non ha paura della storia e delle storie ad essa legate, lo ha promesso ufficialmente dal palco del teatro Comunale.
P.S.- Su errori/verità indiscutibili si sono costruite pagine di storia anche importanti, sempre accettate acriticamente per mancanza di coraggio. Due esempi clamorosi? Le vie che collegavano la Campania al Molise nel 321 a.C., per Tito Livio erano due. Poi, grazie ad un diktat di Mommsen, non solo da due si è passati ad una, ma quell’unica via che indica, la via Appia, purtroppo o addirittura ancora non era stata manco pensata! Il secondo errore clamoroso ha visto vittima Polibio: qualcuno tradusse, dal greco antico, Lautinoi con Saunitoi… e giù i fedeli dell’ “ipse dixit” a pontificare teorie cervellotiche a danno del percorso del Monterbano e della via del Titerno, la più antica bretella al mondo tra Campania e Molise.
Noi non ci crediamo… ma è così!
I rapporti più burrascosi tra Sanniti e Romani hanno avuto come teatro proprio le Gole del Titerno.