Un grave conflitto istituzionale rischia di compiersi nel nostro Paese fra potere giudiziario e potere legislativo, relativo all’efficacia di numerose sentenze che condannano la Germania per i crimini nazisti.
Nel 2013 il Parlamento aveva approvato una norma1Art. 3 della legge n. 5/2013, rubricato “Esecuzione delle sentenze della Corte internazionale di giustizia”. che escludeva la giurisdizione civile per i crimini di guerra commessi dall’esercito del Terzo Reich dopo l’8 settembre 1943. Il provvedimento fu varato perché, su ricorso del governo tedesco, nel 2012 la Corte Internazionale di Giustizia aveva condannato il nostro Paese per aver violato l’obbligo di rispettare l’immunità della Germania, permettendo la sua citazione in giudizio e la condanna al risarcimento dei danni subiti da alcune vittime di crimini di guerra. La Corte dell’Aja auspicava, in ogni caso, un negoziato diretto tra i due governi per dirimere la controversia e riconoscere alle vittime le giuste riparazioni.
Nel 2014 intervenne però la Corte costituzionale che, con la sentenza n. 238, dichiarò illegittima la norma. Secondo la Consulta, i diritti inviolabili della persona prevalgono su ogni altro principio del diritto internazionale e il legislatore non ha la potestà di escluderne o limitarne la tutela.
Da allora altri tribunali hanno condannano la Germania a risarcire i danni per i crimini di guerra nazisti; ultimo, in ordine di tempo, il Tribunale civile di Bologna, che il 20 giugno 2022 ha emesso una sentenza in tal senso per la strage di Marzabotto – Monte Sole.
Inaspettatamente, il 30 aprile 2022 il governo Draghi ha approvato un decreto che, tra le misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR),2Art. 43 del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79. istituisce il Fondo per il ristoro delle vittime di crimini di guerra compiuti nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945 dalle truppe del Terzo Reich.
Il provvedimento, convertito in legge il 29 giugno, si è reso necessario per bloccare le procedure esecutive sui beni della Germania ed evitare un ricorso del suo governo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, col rischio – sia pure teorico – di una pretesa risarcitoria all’Italia per il danno reputazionale ricevuto.
Il Fondo, con una dotazione finanziaria di circa 55 milioni di euro, è destinato a coloro che entro il 27 ottobre 2022 hanno avviato azioni giudiziarie contro la Germania per l’accertamento e la liquidazione dei danni. Nell’ultimo “decreto milleproroghe”, convertito in legge il 24 febbraio, sono stati riaperti i termini per l’accesso al Fondo, fino al prossimo 27 giugno.3Art. 11-ter della legge 24 febbraio 2023 n. 14.
Anche su questa norma pende però la questione di incostituzionalità innanzi alla Consulta che, se dovesse confermare la pronuncia del 2014, provocherebbe un nuovo cortocircuito fra poteri dello Stato, ma anche fra diritto interno e diritto internazionale.
Appare evidente, se così stanno le cose, che la controversia fra Italia e Germania difficilmente troverà una soluzione sul piano giurisdizionale. Occorre, dunque, ripartire dalla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, che suggerisce ai due governi un negoziato diretto, nel rispetto delle prerogative statali, ma anche delle legittime aspettative dei privati cittadini. Solo la “politica” potrebbe trovare una via d’uscita all’impasse che si è creata, anche se le autorità italiane non sembra abbiano la determinazione necessaria per portare il governo tedesco al tavolo delle trattative.
La Germania, pur riconoscendo le sue responsabilità storiche per i crimini del Terzo Reich, non intende rinunciare alla propria immunità dalla giurisdizione di altri Stati. In base a un accordo bilaterale stipulato a Bonn il 2 giugno 1961, ha già versato all’Italia 40 milioni di marchi destinati a cittadini italiani vittime del nazismo. Attualmente persegue la sua “politica” della memoria con il “Fondo italo-tedesco per il futuro”, gestito dalle autorità consolari “in stretta collaborazione” con il nostro Ministero degli Affari Esteri. Nessun’altra forma di condivisione o di partecipazione è prevista nella gestione del Fondo, anche solo per la individuazione dei beneficiari. Al Comune di Caiazzo, per esempio, la Repubblica Federale di Germania ha concesso nel 2017 un contributo di 50.000 euro, ma solo 30.000 euro sono stati destinati all’acquisizione del fabbricato dove avvenne la strage di 15 donne e bambini. Gli altri 20.000 euro sono stati devoluti dall’Amministrazione comunale, senza una chiara motivazione, a un progetto di ricerca sui “rastrellamenti tedeschi di civili in Campania nel corso del 1943”, coordinato dal prof. Lutz Klinkhammer. Mi domando se non sarebbe stato più opportuno utilizzare questi fondi per acquisire l’area antistante il fabbricato, oppure per allestire un centro di documentazione con il materiale raccolto dagli storici Agnone e Capobianco sulla strage di Monte Carmignano. Non si sa nemmeno se siano stati interpellati i familiari delle vittime, visto che non sono citati negli atti deliberativi.
In un messaggio inviato nel 2019 al sindaco di Caiazzo, Stefano Giaquinto, la senatrice a vita Liliana Segre ha scritto:
È importante che anche la Repubblica di Germania abbia deciso da tempo di partecipare con le sue più alte cariche a certe commemorazioni, anche se tengo a dire che non bastano le ammissioni di colpa e il mecenatismo a favore del lavoro di ricerca e divulgazione storica. Occorre infatti continuare a porre con chiarezza la questione del risarcimento delle vittime dei crimini nazisti, contro civili e militari […]. La memoria dunque, la storia, ma anche il diritto e l’imprescrittibilità della giustizia per le vittime di delitti tanto efferati.
Italia e Germania sono oggi accomunati nell’Unione Europea da un vincolo di solidarietà politica, contro ogni forma di nazionalismo o di revanscismo; la stessa solidarietà cui sono chiamati i cittadini italiani dalla Costituzione, testamento morale di quanti hanno perso la vita, prima per il velleitarismo fascista, poi per liberare il Paese dal giogo nazista. Rimane ancora viva la memoria di oltre 30.000 uomini, donne e bambini uccisi nelle stragi e di oltre 600.000 deportati nei lager tedeschi.
Considerato il gran numero di comunità locali coinvolte, il rischio è che venga minato il vincolo di solidarietà politica cui siamo tenuti, se si generano contrapposizioni fra coloro che rivendicano il riconoscimento di giuste riparazioni e coloro che perseguono solo la via della riconciliazione. In proposito, vale la pena ricordare le parole di S.S. Giovanni Paolo II, “non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”.
Proprio per evitare questa disgregazione, il 21 maggio 2022 ho chiesto al sindaco di Caiazzo, Stefano Giaquinto, di citare in giudizio la Repubblica Federale di Germania. L’intento non era certamente di aprire uno sterile contenzioso con quello Stato, ma di fare appello al dovere di solidarietà politica, come sancito dalla nostra Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
In considerazione dell’esito processuale, che ha visto la condanna di due ex militari della Wehrmacht, a mio avviso l’iniziativa si imponeva anche per affermare la matrice nazista della strage e il suo legame con la guerra di occupazione tedesca in Italia. L’Amministrazione comunale mi ha fatto sapere in maniera informale che non intende procedere, per non compromettere le buone relazioni con la comunità di Ochtendung (gemellata con Caiazzo) e, più in generale, con la Germania.
________________
[1] Art. 3 della legge n. 5/2013, rubricato “Esecuzione delle sentenze della Corte internazionale di giustizia”.
[2] Art. 43 del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79.
[3] Art. 11-ter della legge 24 febbraio 2023 n. 14.