Premetto che la venuta del Coronavirus mi ha interessato, ma in generale.1Cfr. R. Di Lello, Epidemie dagli dei al coronavirus, in “Quattro passi nella Storia”, Casertasera.it, (11-3-2020). Id., Epidemie […] nell’Evo Antico, ibid, (20-3-2020). Id., Epidemie […] nel Medioevo, ibid, , (04-4-2020). Id., Epidemie […] nell’Evo Moderno, ibid., (04-4-2020). Id, “Salve”…Coronavirus, in “Storia della Medicina”, Istituto Storico Sannio Telesino –ISST– (12.6.2921), Id., Coronavirus, epidemie e singolari analogie, in “Storia della medicina”, ISST (05.5.2020. ). Oggi, 8 ottobre 2023, a causa della nuova variante e del riaumento dei contagi un amico mi ha detto: “Non pochi storici hanno fatto riferimento alla terribile epidemia del 1656 in Cerreto” ed ha aggiunto, guardandomi con sorrisetto da marpione: “E a seguire, nel tempo?”. L’ interrogativo mi ha indotto all’indagine concernente il XVIII e il XIX secolo, anche perché sapevo che differenti epidemie avevano coinvolto la diocesi e che ne aveva detto, forse il solo, dove più e dove meno e con richiami di letteratura e di storia, Nicola Rotondi (1804-1879) un sacerdote del luogo.2Cfr., in Memorie storiche di Cerreto Sannita per Nicola arcidiacono Rotondi, a cura di –a c.d.– Antonello Santagata, ISST, I, 2019, II, 2019, III, 2023. Introduzione, in I, p, 5; cap. XLI e XLII, in III, pp. 66-78. Nello svolgere il tema, ho provato a rivedere in forma semplice quel che, esibito dal Rotondi “con pompa e artificio di stile e di linguaggio” e con “frasi enfatiche”, si legge “con fatica“, anche se l’opera risulta “assai pregevole”;3Vincenzo Mazzacane, Profili di Cerretesi, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1990, ma in Id., Memorie storiche di Cerreto Sannita, ivi, 1911, Nuova edizione a c.d. Aldo Mazzacane, Napoli, Liguori, 1990, pp. 273 274, in 251-297. notizie per lo specifico le ho raccolte in testi di autori dell’epoca e posteriori, locali e, perciò, reperibili agevolmente da qualche non esigente lettore; ho consultato, in generale, anche scrittori di storia della medicina e gli uni e gli altri ho citato in nota.4Per le immagini cfr. pure Nicola Vigliotti-Renato Pescitelli, La ceramica di Cerreto Sannita e San Lorenzello, San Lorenzello, ECSCSLM, 2007, passim. AA.VV., Cerreto Sannita città di fondazione A.D. 1688, Cuenca-Cerreto Sannita, Cerreto Sannita-S. Lorenzello, ICSA.M., 2014, pass.
Per quanto riguarda l’argomento più da vicino, della Nuova Cerreto, l’attuale, sappiamo che il terremoto del 5 giugno 1688 rase al suolo il preesistente centro urbano e, in esso, alloggi di medici e di malati e la chiesa di S. Leonardo con l’ ospedale. Dopo la catastrofe, la ricostruzione, poco a valle, procedette in modo rapido sicché, in un decennio, risultarono aperte strade e piazze, sorsero edifici pubblici, privati, di culto e l’ospedale che rimarrà attivo per un certo tempo; nel 1858 gli amministratori tenevano in conto, nel bilancio, le spese per medicine ai poveri trattati a domicilio.5R. Di Lello, L’assistenza ospedaliera nella storia del Medio Volturno, “Annuario 1989”, Piedimonte Matese, Associazione Storica del Madio Volturno, p.164, in 143-194. Cfr. pure Renato Pescitelli, Palazzi Case e Famiglie Cerretesi nel XVIII secolo, Cerreto Sannita, Teta print, II, 2009, pp. 165 e 278. Di gran lunga più bella, la nuova Cerreto perse, però col tempo, in ricchezza economica, la popolazione diminuì, crebbe invece il numero dei medici e dei venditori di spezie e medicinali6Insieme a quello degli uomini di legge e dei sacerdoti. V. Mazzacane, cit., 1990, pass. R. Pescitelli, cit., 2009, pass. e tutto ciò a causa, altresì, di epidemie, di carestie e di movimenti tellurici, come si avrà modo di notare.
Ebbene, in passato peste e pestilenze, ignorandosene le cause, venivano ritenute la stessa cosa e conseguenza di punizione divina, talché, per gli ammalati, potevano porvi rimedio soltanto i santi7Luciano Sterpellone, I santi e la medicina, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, p. 242 e pass. e la Madonna.8Cfr. Massimo Centini, I grandi veri miracoli. Le guarigioni miracolose-Le apparizioni, Milano, De Vecchi, 1999, pp. 125-140 e pass. Per questo motivo, a Cerreto, le persone anziane rammentano un canto che nella novena di San Rocco recita: “[…] grande avvocato / […] / tu ci liberi se lo vuoi / dalla peste e dal peccato”; espressioni di culto popolare, un detto, volto dal dialetto, afferma che ”L’acqua di San Modesto sana le donne dai mali e dalla peste”, mentre un canto del XVII secolo in onore di Santa Maria della Libera, la invoca, volto dal vernacolo: “[…] adesso da peste e carestia / liberaci Madonna mia”.9Elena Cofrancesco, La parlata cerretese, Cerreto Sannita, A S-C C, 2002, pp. 108, 218, 256 e tel. 0824861359, 15.9.2023, ore 13.19. Né rimase trascurato l’utilizzo di tradizionali mascheroni sopra portali di palazzi e di sole piastrelle o di pannelli a rigiole, in ceramica e a soggetto sacro, all’interno e/o all’esterno di abitazioni di solito non signorili: si credeva, il più delle volte, potessero esercitare protezione contro pericoli e malocchio.10Cfr. AA.VV., cit., 2014, pass. R. Di Lello, Artistici simboli apotropaici in Cerreto Sannita, in “Storia-Cerreto Sannita”, ISST, (9.12.2021). Nicola Vigliotti-Renato Pescitelli, cit., 2007, pass. AA.VV., cit., 2014, pass.
Per il XVIII secolo, ancor più nel particolare, si legge che nel 1763, disturbi meteorologici produssero danni agricoli e carestia e nel ’64 alla carestia s’associò la peste e insieme funestarono Cerreto. Circa le cause e gli effetti del morbo, Bartolomeo Mazzarella, medico nel luogo, riferì ad una richiesta da Caiazzo che, a cagione della carestia, la “povera gente” era costretta a nutrirsi di erbe selvatiche e, data la loro scarsità, neppure scelte tra commestibili e no; da qui debolezza quasi totale nel movimento, stitichezza e mancanza di feci, gonfiore degli arti inferiori, difficoltà respiratoria con logorio dell’organismo fino al limite massimo dell’attività; insomma, riduzione degli infermi a “cadaveri viventi” che morivano, spesso senza febbre, da uno a cinque al giorno; empiti i sepolcri della cripta nella insigne chiesa collegiata di San Martino, in Cerreto, si pensò di inumare fuori del centro abitato, in campagna, dentro una fossa ben protetta e resa più sicura mediante lospargimento di calce viva; sta di fatto che si procedette alle sepolture nottetempo e in una congrega della Cerreto vecchia; infatti, se non in cripte nel centro abitato, l’inumazione avveniva nel suburbio, in fosse di luoghi di culto trattate con calce. Medico e autorità fecero di tutto per ostacolare le conseguenze del male ed evitare vittime, ciò nonostante tra la primavera e l’estate i defunti ammontarono a circa 500 e, tra essi, a sessanta carcerati.11N. arcidiacono Rotondi, cit., III, pp. 66-69; V. Mazzacane, cit., 1990, pp. 194 e 198-199. R. Pescitelli, cit. 2009, pp. 400-401. Per il numero e caratteristiche di sepolture in luoghi di culto diversi, cfr. N. Rotondi, cit., II, p. 35. AA.VV. cit., 2014, s. p., ma Chiesa di San Rocco […] protettore degli appestati. AA. VV. Simbolismi esoterici e religiosi nella Cerreto Sannita di Michele Ungaro, Telese, ISST, 2021,p. 139 e 144.
Trascorsero anni e nel luglio del 1784 si manifestò in Cerreto, con la “più lamentevole fame […] un orribile morbo epidemico detto vaiolo” e definito dal popolo “pipele”, dal latino “papulae” – pustole, bolle, vescichette –. Colpì, di ogni ceto, uomini e donne, vecchi, adulti e bambini e si rese evidente con “pustolosi esantemi” cioè con su “tutto o poco men che tutto il corpo pustole” ossia “vescichette grandi e piccole” simili a “rosse macchiette“ che, via via, aumentavano di numero, si gonfiavano, si riducevano seccandosi e cadevano allo stato di chiazze o di croste. Tutti presentavano “acuta febbre” accompagnata da sintomi vari in rapporto allo stato della malattia. Tutti sembravano “un carbone acceso” a cagione delle pustole, “un marciume” a causa delle suppurazioni, “un tizzone” a guarigione avvenuta. “Tale, poi, e tanto molesto era in loro il prurito” e tale il conseguente lamento, da indurre pietà anche nei cuori più duri. Il dottore Tommaso Carizzi e gli altri illustri medici fecero continuamente del loro meglio professionale, eppure persero la vita in 226; i sopravvissuti, si ritenne grazie a Dio, rimasero però deturpati nel volto12Cfr. N. Rotondi, cit., III, pp. 66 e 70-71. V. Mazzacane, cit., 1990, p. 199 che oggi definiremmo butterato, ovvero cosparso di piccole cicatrici.
Per una malattia, tra le più comuni ed esiziali, comparsa dopo un triennio, sembra utile premettere che già negli anni Settanta del XVI secolo era stata definita malaria, perché s’era ritenuto provenisse dalla mala aria, l’aria malsana dei luoghi paludosi. Non solo: sebbene in certi casi meno funesta, annientava sempre, al pari della peste ed altri mali, una elevata quantità di vite umane.13Albert S. Lyons e R. Joseph Petrucelli, La storia della medicina, Salerno, Momento Medico, 1992, IV, pp. 497. Nel 1787, infatti, si propagò in Cerreto “un mortifero malore pur epidemico”: la “perniciosa”, allora “Comitata del Torti nominata”, fece “spiritar tutti” i cerretesi “di paura pei suoi effetti”, e più di tutti coloro nei quali si manifestò per la prima volta, intermittente, a decorso acuto, violento e coi sintomi che, straordinari, la precedettero e l’accompagnarono. Non si capì perché mai fosse insorta in una Cerreto lontana da acque stagnanti e con aria sempre pura, anzi salutare; pertanto si ipotizzò, semplicemente, che la causa provenisse da altro luogo, malsano. In ogni caso i colpiti dalla “orrenda febbre” risultavano oltremodo privi di forze, ansimanti e sonnolenti, in seguito presentavano brividi frequenti e febbre, freddo continuo con stridore di denti, tremore, contrazioni di mani e dita, difficoltà respiratoria, pallore, cefalea, raucedine, sete. Con l’attenuarsi e l’estinguersi dei segni descritti, comparivano vescicole sulle labbra e ritornavano nella norma la temperatura corporea accompagnata da sudorazione e lo stato di salute. Le manifestazioni leggere le si curavano con salassi e purganti; nella “tristissima perniciosa”, poiché la recidiva avrebbe condotto a morte, il detto dottor Carizzi e i colleghi somministravano dosi consistenti di un vegetale, la “china di china” o “china china” o “Cina Cina” –oggi la diremmo Chinino– ; salvarono numerosi pazienti, nondimeno in due mesi e 19 giorni, perirono 179 tra uomini e donne, vecchi, giovani e bambini, in precedenza sani o cagionevoli. In quella triste circostanza, si distinse monsignor Filiberto Pascale, vescovo della diocesi:14Cfr. N. Rotondi, cit., III, pp.71-73. andava a trovare i poveri nelle loro abitazioni, li confortava, ne detergeva le lacrime e non avendo più altro da offrir loro, diede ai meno abbienti il suo letto e la biancheria; il 26 ottobre, sfinito dalle privazioni, dalle sofferenze, dalle fatiche e contagiato “dalla stessa terribile malattia”, rese l’anima a Dio, tra “il pianto universale“ del clero e dei fedeli.15Giovanni Rossi, Catalogo de’ vescovi di Telese, Napoli, 1827, ristampa a c.d. Nicola Vigliotti, Puglianello, Media Press, 2008, pp. 175-177. Angelo Michele Iannacchino, Storia di Telesia. Sua Diocesi e Pastori, Benevento, D’Alessandro, 1900, pp. 281-282.
A questo punto, si passa dal XVIII al XIX secolo. Nell’agosto del 1795 e nel gennaio del 1801, in Cerreto ritornò il vaiolo, ma “meno aspro” nell’azione deturpante. Erano gli anni in cui diventavano sempre più noti gli ottimi risultati della “vaccinazione o vaccina”; era stata ideata da Eduardo Jenner contro una patologia che nel XVIII secolo aveva prodotto il maggior numero di vittime e che, di solito endemica, assumeva carattere epidemico in talune situazioni quali, ad esempio, il luridume di quei centri abitati dove rifiuti umani invadevano i vicoli e fuoriuscivano da fogne insufficienti. Il 26 luglio 1805,in Cerreto vi fu terremoto con danni e crolli di edifici pubblici e privati e con sei morti; movimenti tellurici s’erano avuti nel 1694, nel 1702, nel 1705 e si avranno nel 1807 e nel 1831, ma tutti superati in intensità e danni da quello del 1805.16Cfr. N. Rotondi, cit., III, p. 71 e V. Mazzacane, cit., 1990, pp. 199 e 223-227. Albert S. Lyons e R. Joseph Petrucelli, cit.
Nel settembre del 1823, in Cerreto ricomparve la malaria, violenta e spaventosa come nel 1787. Il vecchio dottore Giovanni Sanzari che, allievo del Carizzi, l’aveva curata già trentasei anni prima, diagnosticatala e proseguendo nella cura insieme a stimati medici la debellò, con “prodigiose guarigioni”, per mezzo della “china china”. Oltremodo contento, il medico, parlandone con l’arcidiacono Rotondi e non solo, da ardente cristiano attribuiva a Dio il successo dell’opera sua. “Tanti infermi dunque camparono” e i Cerretesi lo salutarono “padre della patria”; per giunta, avendo rinunciato ad ogni ricompensa, tutto il popolo e pubblicamente volle, a prova di genuina gratitudine di affetto sincero e di notevole stima, che Giuseppe, figlio primogenito di colui il quale aveva “salvato la vita”, venisse esentato dalla leva imminente.17Cfr. N. Rotondi, cit., III, p. 73. V. Mazzacane, cit., 1990, p. 280. Vittima del male fu, invece, monsignor Raffaele Longobardi, vescovo diocesano: “mentre attendeva con fervido zelo a visitar la diocesi venne assalito da una perniciosa febbre terzana” –come fu definita più propriamente–, gli consigliarono di cambiare aria e si trasferì a Napoli, ma colpito dalla “fiera recidiva”, vi morì il giorno 29 di quello stesso mese.18G. Rossi, cit., 2008, pp. 184-186. A. M. Iannacchino, cit., p. 285.
E passiamo al “colera asiatico”, come lo definì Nicola Rotondi che visse quei terribili momenti e ne riferì nei dettagli. La mattina del 16 luglio 1837 – venuto da Napoli in diocesi – ne morirono in Cerreto un mercante napoletano, venutovi in casa Piscitelli, il signor Pietro Piscitelli e, con lui, altri due. La gente, non più in sé a causa dell’accaduto, pensando di trovare scampo nel potere della Madonna delle Grazie, si recò cantando fuori l’abitato al piccolo tempio a Lei intitolato, parte vi si costipò, la maggioranza rimase fuori e tutti piansero, sospirarono, pregarono. Dopo non poco tempo, pieni di fiducia e di speranza, preso il simulacro della Vergine e sempre cantando ritornarono, lo portarono nel centro abitato, alla chiesa parrocchiale di San Martino dove aveva un altare e lo collocarono, allo sguardo di tutti, sulla porta d’ingresso; tacendo vi entrarono e, con attenzione e ammirazione, ascoltarono un predicatore che, dal pulpito, assicurò loro morte e dannazione se non fossero ritornati penitenti a Dio. Si pianse, si gemette, si sospirò di nuovo, si promise solennemente e si tornò ad una nuova vita, ma per pochi giorni, fino a quando false voci sostennero che si moriva non già di colera ma di veleno gettato in torrenti e pozzi; tanto fecero credere, rinvenuti sulle rive del torrente Vagno, moltissimi ritagli di panno nero cosparsi di materia bianca –tossica se sciolta in acqua– la quale, tuttavia, analizzata dal farmacista Francesco Marchitto, si rivelò solubile soltanto nel fuoco –e allora inefficace–. Ciò nonostante, vennero ritenuti responsabili –si ritornava agli untori– Tommaso Di Adona, Orazio e Francesco Maturi, quali esecutori e Bonaventura Capuano, quale mandante, il quale, va messo in chiaro, piangeva ancora il diciassettenne figlio primogenito uccisogli dal colera. Onde evitare reazioni spiacevoli da parte della gente, i quattro innocenti si rifugiarono altrove; intanto, la legge riconosceva insostenibile l’accusa di avvelenamento e tutto rientrò nella norma, tranne il contagio: nei tre mesi dall’origine l’epidemia tolse la vita a 289 individui. Ad un mese dal termine, l’ansia cedette alla tranquillità e il popolo tutto, oltremodo riconoscente alla Madonna, nella quarta domenica di novembre, giorno festivo, tra suoni di campane, canti lieti e armoniosi di clero, frequenti fuochi d’artificio e con offerte di ceri e di oggetti preziosi, si recò alla chiesa di San Martino, ne sortì con la statua della Vergine e percorrendo in moltitudine il centro abitato, la riaccompagnò con devozione al tempio della Madonna delle Grazie.19Cfr. N. Rotondi, cit., I, p, 125 II, p. 54 e III, pp. 74-78. Emilio Bove, Il lungo viaggio del beato Leucio, Piedimonte Matese, Tipografica del Matese, 2000, pp. 123-124. R. Pescitelli, cit., 2009, pp. 263-264. Vincenzo Canelli, Il convento e la chiesa di S, Maria della Grazia in Cerreto Sannita, Marigliano, Istituto Anselmi, 1980, 1993, pp. 38-39. AA. VV. cit., 2021,p. 34. Da rammentare è, altresì, l’intervento di monsignor Carlo Puoti vescovo della diocesi: già affettuoso verso i poveri, i bisognosi e gli afflitti, innanzitutto allorché qualche male ne mutava in impellenti le necessità ordinarie, la di lui generosità brillò in più larga misura durante il colera.20Cfr. N. Rotondi, cit., II, p. 54. G. Rossi, cit., 2008, pp. 188-195. A. M. Iannacchino, cit., p. 287.
Per quanto attiene alla significante devozione per la Madonna delle Grazie, va dato risalto almeno a qualcheparticolare: i Cerretesi la consideravano “loro protettrice”. Il tempio era stato eretto nel 1584, ai piedi di Monte Coppe e su di un architrave d’ingresso si leggeva ancora, secoli dopo, nel 1977, l’invocazione: ”S. Maria Succurre Miseris”, in quanto stimata “dispensatrice di grazie e pietosa”. La chiesetta intitolata a “Santa Maria de la Gratia” Soccorritrice dei miseri, era sorta in località Suorvo, era stata aperta al culto nel luglio del 1588 ed è verosimile nel giorno 2 quello della festa; la statua, lignea, voluta dalla gente di Cerreto scampata alla carestia del 1730, ed opera d’ignoto, era stata consegnata nel 1732 e, dopo il feral morbo del 1837, i Cerretesi avevano fatto voto di recarsi ogni anno a riverire la Vergine e celebrarne la festa del 2 luglio con maggiore solennità.21Cfr. rispettivamente V. Mazzacane, cit., 1990, pp. 122-124. R. Pescitelli, Chiesa Telesina, Benevento, Auxiliatrix, 1977, pp. 72-76. V. Canelli, cit., pp. 9, 11, 13, 38-39.
Altre due volte ancora, a distanza di 17 e 29 anni, il colera arrecò in Cerreto spavento non minore, ma di breve durata: nel 1854, vi morì soltanto una donna contagiata e venuta dalla vicina Cusano dove l’epidemia mieteva vittime; nel 1866, vi persero la vita tre perone ma, si seppe, non a causa del morbo letale; ciononostante e soprattutto in quelle circostanze, il vescovo, monsignor Luigi Sodo, “si attivò in favore dei bisognosi” nella diocesi.22Cfr. N. Rotondi, cit., III, p. 78; E Bove, Politica e affari nell’Italia del Risorgimento, Telese, ISST, 2021, p. 43.
Nuova epidemia di colera si rese manifesta nel 1883 e, questa volta, “Cerreto […]ed altri paesi[…] contarono numerosi i loro morti”. A Napoli, dove il morbo uccideva e danneggiava, Armando Ungaro, cerretese figlio di Michele, nel 1884 seguì re Umberto recatosi a visitare bassi e ospedali “per lenire il dolore di un popolo che gemeva”; il giovane Armando –avrà rivolto una parola di conforto a gente che tremava e piangeva– ne riferì nella ”Commemorazione di Re Umberto I fatta nell’8 agosto 1900”, volume pubblicato, in pari data, dalla Società Operaia di Cerreto Sannita.23B. Gagliardi da E. Bove, cit., 2000, p. 125. A. Ungaro, Commemorazione, in AA. VV. cit., 2021, pp. 54-55.
Né, circa epidemiche patologie, mancano più semplici esempi, ancorché interessanti, di allusioni a Cerreto: sulla peste del 1656, nientedimeno il De Renzi riferisce, nel suo trattato, che un autore del 1661 elencò Cerreto “tra alcuni paesi, che più ne furono maltrattati”; nel 1854, a Napoli dove insegnava medicina, Raffaele Biondi, nato in Cerreto, si distinse nel corso del colera; nel 1893, la statua della Madonna delle Grazie, portata in processione a Cerreto ed esposta nella cattedrale, vi fu oggetto nella cerimonia d’incoronazione, la mattina del 2 luglio, e sui grossi pennoni davanti il duomo si leggeva, tra l’altro: “Alla Diva de’ Cieli / Che con vittrice mano / Tenne lungi da’ nostri avi e da noi / Il furore de’ morbi e degli elementi”; nel 1932, assai frequentata fu, per le strade di Cerreto, la processione della Madonna delle Grazie.24Rispettivamente: Salvatore De Renzi, Napoli nell’anno 1656, Napoli, 1867, Napoli, Celi, 1968, pp. XII, 42 e 83-84; V. Mazzacane, cit., 1990, pp. 281-282. V. Canelli, cit., p. 47. V. Mazzacane, cit., 1990, foto 47.
Tanto ho trovato per la “Nuova Cerreto” dei due secoli dal 1696 al 1896; perciò, data l’importanza dell’argomento, mi auguro che altri voglia rivedere l’articolo, intervenire su eventuali inesattezze e proseguire nell’indagine, anche per la Spagnola del 1918, per l’Asiatica del 1967, per il Colera del 1973 e, perché no? Per il Coronavirus dei giorni nostri.
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1- Cfr. R. Di Lello, Epidemie dagli dei al coronavirus, in “Quattro passi nella Storia”, Casertasera.it, (11-3-2020). Id., Epidemie […] nell’Evo Antico, ibid, (20-3-2020). Id., Epidemie […] nel Medioevo, ibid, , (04-4-2020). Id., Epidemie […] nell’Evo Moderno, ibid., (04-4-2020). Id, “Salve”…Coronavirus, in “Storia della Medicina”, Istituto Storico Sannio Telesino. –ISST– (12.6.2921), Id., Coronavirus, epidemie e singolari analogie, in “Storia della medicina”, ISST (05.5.2020. ).
2- Cfr., in Memorie storiche di Cerreto Sannita per Nicola arcidiacono Rotondi, a cura di –a c.d.– Antonello Santagata, ISST, I, 2019, II, 2019, III, 2023. Introduzione, in I, p, 5; cap. XLI e XLII, in III, pp. 66-78.
3-. Vincenzo Mazzacane, Profili di Cerretesi, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1990, ma in Id., Memorie storiche di Cerreto Sannita, ivi, 1911, Nuova edizione a c.d. Aldo Mazzacane, Napoli, Liguori, 1990, pp. 273 274, in 251-297.
4- Per le immagini cfr. pure Nicola Vigliotti-Renato Pescitelli, La ceramica di Cerreto Sannita e San Lorenzello, San Lorenzello, ECSCSLM, 2007, passim. AA.VV., Cerreto Sannita città di fondazione A.D. 1688, Cuenca-Cerreto Sannita, Cerreto Sannita-S. Lorenzello, ICSA.M., 2014, pass.
5- R. Di Lello, L’assistenza ospedaliera nella storia del Medio Volturno, “Annuario 1989”, Piedimonte Matese, Associazione Storica del Madio Volturno, p.164, in 143-194. Cfr. pure Renato Pescitelli, Palazzi Case e Famiglie Cerretesi nel XVIII secolo, Cerreto Sannita, Teta print, II, 2009, pp. 165 e 278.
6- Insieme a quello degli uomini di legge e dei sacerdoti. V. Mazzacane, cit., 1990, pass. R. Pescitelli, cit., 2009, pass.
7- Luciano Sterpellone, I santi e la medicina, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, p. 242 e pass.
8- Cfr. Massimo Centini, I grandi veri miracoli. Le guarigioni miracolose-Le apparizioni, Milano, De Vecchi, 1999, pp. 125-140 e pass.
9- Elena Cofrancesco, La parlata cerretese, Cerreto Sannita, A S-C C, 2002, pp. 108, 218, 256 e tel. 0824861359, 15.9.2023, ore 13.19.
10 Cfr. AA.VV., cit., 2014, pass. R. Di Lello, Artistici simboli apotropaici in Cerreto Sannita, in “Storia-Cerreto Sannita”, ISST, (9.12.2021). Nicola Vigliotti-Renato Pescitelli, cit., 2007, pass. AA.VV., cit., 2014, pass.
11- N. arcidiacono Rotondi, cit., III, pp. 66-69; V. Mazzacane, cit., 1990, pp. 194 e 198-199. R. Pescitelli, cit. 2009, pp. 400-401. Per il numero e caratteristiche di sepolture in luoghi di culto diversi, cfr. N. Rotondi, cit., II, p. 35. AA.VV. cit., 2014, s. p., ma Chiesa di San Rocco […] protettore degli appestati. AA. VV. Simbolismi esoterici e religiosi nella Cerreto Sannita di Michele Ungaro, Telese, ISST, 2021,p. 139 e 144.
12- Cfr. N. Rotondi, cit., III, pp. 66 e 70-71. V. Mazzacane, cit., 1990, p. 199.
13- Albert S. Lyons e R. Joseph Petrucelli, La storia della medicina, Salerno, Momento Medico, 1992, IV, pp. 497.
14- Cfr. N. Rotondi, cit., III, pp.71-73.
15- Giovanni Rossi, Catalogo de’ vescovi di Telese, Napoli, 1827, ristampa a c.d. Nicola Vigliotti, Puglianello, Media Press, 2008, pp. 175-177. Angelo Michele Iannacchino, Storia di Telesia. Sua Diocesi e Pastori, Benevento, D’Alessandro, 1900, pp. 281-282.
16- Cfr. N. Rotondi, cit., III, p. 71 e V. Mazzacane, cit., 1990, pp. 199 e 223-227. Albert S. Lyons e R. Joseph Petrucelli, cit.
17- Cfr. N. Rotondi, cit., III, p. 73. V. Mazzacane, cit., 1990, p. 280.
18- G. Rossi, cit., 2008, pp. 184-186. A. M. Iannacchino, cit., p. 285.
19- Cfr. N. Rotondi, cit., I, p, 125 II, p. 54 e III, pp. 74-78. Emilio Bove, Il lungo viaggio del beato Leucio, Piedimonte Matese, Tipografica del Matese, 2000, pp. 123-124. R. Pescitelli, cit., 2009, pp. 263-264. Vincenzo Canelli, Il convento e la chiesa di S, Maria della Grazia in Cerreto Sannita, Marigliano, Istituto Anselmi, 1980, 1993, pp. 38-39. AA. VV. cit., 2021,p. 34.
20- Cfr. N. Rotondi, cit., II, p. 54. G. Rossi, cit., 2008, pp. 188-195. A. M. Iannacchino, cit., p. 287. 21- Cfr. rispettivamente V. Mazzacane, cit., 1990, pp. 122-124. R. Pescitelli, Chiesa Telesina, Benevento, Auxiliatrix, 1977, pp. 72-76. V. Canelli, cit., pp. 9, 11, 13, 38-39.
22- Cfr. N. Rotondi, cit., III, p. 78; E Bove, Politica e affari nell’Italia del Risorgimento, Telese, ISST, 2021, p. 43.
23- B. Gagliardi da E. Bove, cit., 2000, p. 125. A. Ungaro, Commemorazione, in AA. VV. cit., 2021, pp. 54-55.
24- Rispettivamente: Salvatore De Renzi, Napoli nell’anno 1656, Napoli, 1867, Napoli, Celi, 1968, pp. XII, 42 e 83-84; V. Mazzacane, cit., 1990, pp. 281-282. V. Canelli, cit., p. 47. V. Mazzacane, cit., 1990, foto 47.