Nicola Valletta era un affermato avvocato e un apprezzato docente universitario di materie giuridiche. Teneva affollate lezioni, anche presso il suo studio privato a Forcella, colme di entusiasti studenti. Alla indiscussa preparazione aggiungeva la dote dell’ironia che, di certo, rendeva piacevoli, se non divertenti, gli insegnamenti dell’eclettico maestro. Intelligente e precoce, già a 17 anni partecipò al concorso per la cattedra di Filosofia Morale presso l’Università di Napoli ma fu penalizzato dalla sua giovane età.
Prima ancora di assumere il ruolo di docente ordinario di Istituzioni Civili nel 1777, Valletta aveva già pubblicato, l’anno prima, l’interessante Elementi del Diritto del Regno napoletano.
Raggiunse il massimo della carriera universitaria quando vinse, nel 1785, la cattedra di Diritto nell’università partenopea che conservò per i successivi 25 anni.
A differenza dei grandi giuristi dell’epoca preferiva scrivere i suoi trattati in italiano piuttosto che in latino. Nella nostra lingua diede alle stampe Delle leggi feudali e, in particolare, Delle leggi del regno napoletano con l’intento di “formare un sistema del nostro Diritto pubblico e privato in volgare idioma comprensibile – parole sue – da chicchessia”.
Si potrebbe continuare a lungo elencando i suoi autorevoli scritti e sottolineando le qualità di brillante giurista ma, in questa sede, interessa un altro aspetto del Valletta personaggio che sarebbe, probabilmente, rimasto un grande dimenticato se non fosse stato per la vena artistica e lo sguardo ironico sul mondo.
Aveva doti di poeta e musicista (violino), in verità non leggendarie, ma Nicola, detto anche Niccolò, deve la sua fama, che ancora perdura, alla sua opera più nota: “Cicalata sul fascino volgarmente detto jettatura”, stampata e ristampata più volte a partire dal 1787.
Con questo libello la figura dello jettatore fa il suo primo ingresso in letteratura. Valletta, quindi, fu il precursore, il capostipite degli studi sulle superstizioni che nella sua epoca cominciarono ad andare di moda.
Nell’introduzione lo scrittore dice che “questa tiritera, che ho scritto per ingannare il tempo di una mia villeggiatura, si atterrà in tre punti”. Nel primo da Storico dimostrerà che nella jettatura il mondo ci ha sempre creduto, nel secondo da Filosofo ne cercherà le cause, nel terzo dimostrerà i segni per riconoscerla e i modi per scansarla.
Alla fine, l’autore non si schiera e non dice se ci crede o meno ma lascia nel dubbio il lettore già a partire dall’incipit: “Se l’uomo non giunge a comprendere la jettatura, non è perciò che non sia vera”.
Amava farsi capire e far capire a tutti, così tradusse nella sua amata lingua napoletana l’Ars poeticadell’eccelso Orazio che “revutata a lengua nosta” divenne Arazio a lo Mandracchio.
Nicola Valletta nacque ad Arienzo in provincia di Caserta nel 1748 (secondo altri nel 1750) da Pietro e Rosa Farace, ma le origini della sua famiglia paterna risalgono senz’altro a Cerreto Sannita.
Lo storico Nicola Rotondi nella prima parte delle sue “Memorie storiche di Cerreto Sannita” del 1869 annovera i Valletta tra le tredici famiglie nobili e titolate presenti nella vecchia Cerreto esistente prima del terremoto che la rase al suolo nel 1688. Anche se afferma che essi erano nobili per chiarezza di sangue e non per gesta guerriere, letteratura o scienza, la famiglia si fregiava del titolo baronale sin dal 1606 quando acquistò un fondo feudale prima appartenente ai Carafa.
Tra i baroni Valletta, ancora il Rotondi, nomina Giovanbartolomeo primo barone, Domizio, Giovanni, Cesare e Giuseppe.
Nella Cerreto ricostruita, abitabile già dalla fine del ‘600, il ramo dei Valletta di Niccolò non dovette proprio abitare visto che nel 1700 l’ultimo erede, il magnifico chierico Alfonso (che aveva un fratello prete e una sorella) il quale fece erigere il nuovo palazzo, lo donò al Conte Domenico Marzio Carafa, da allora i padroni Carafa ebbero la loro unica abitazione nel capoluogo della contea. Il palazzo, sito in via Michele Ungaro, pervenne successivamente proprio agli Ungaro e da questi ai Severini- Costantini (Renato Pescitelli – Palazzi Case e Famiglie Cerretesi nel XVIII secolo)
Di preciso quando e perché il ramo dei progenitori di Nicola si trasferì in quel paese di Terra di Lavoro, non è dato saperlo anche se è plausibile che esso lasciò Cerreto subito dopo il terremoto del 1688.
Il magistrato e storico cerretese Vincenzo Mazzacane, nel suo libretto riguardante le famiglie di Andrea Mazzarella e Pietro De Blasio, ricordando che un avo del Mazzarella aveva sposato Dorotea Dalio già vedova di Giuseppe Valletta, afferma che i Valletta erano una “cospicua famiglia cerretese emigrata poscia ad Arienzo dove nel 1748 nacque il celebre Nicola Valletta”.
Uno dei più brillanti e affezionati allievi di Nicola Valletta fu proprio il poeta Andrea Mazzarella da Cerreto. Tra i due si era instaurato un fraterno rapporto per cui il Valletta, intuitone il talento poetico, non si limitò a darli lezioni di diritto, ma gli insegnò anche molto intorno alla tecnica poetica. Mazzarella nella Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli edito dal Gervasi tracciò il profilo “dell’esimio giureconsulto, oratore, e poeta, il quale per mia ventura ebbi a maestro, e cui mi strinse dalla prima mia giovinezza legame di costante ed ingenua amicizia”. Il poeta cerretese chiude la biografia con un commosso sonetto dedicato al suo mentore in cui esprime tutto il suo dolore e la sua riconoscenza.
Tra i vari scritti, carte e libri su Mazzarella da me consultati non ho trovato cenno alla comune origine delle loro famiglie nel paese delle ceramiche ma i due, con ogni probabilità, ne erano consapevoli e la cosa avrà di certo rinsaldato il loro già stretto legame.
A Nicola Valletta sono intitolati il plesso scolastico del suo paese natio, una strada a Napoli e un’altra a S. Maria a Vico. Anche le vie Nicola Valletta presenti sia a Lecce che a Gallipoli e Andria, rendono omaggio a tale originale e sapiente personaggio.