Nel VI secolo, nel Sannio, visse un Santo Eremita di nome Menna.1Va distinto da un omonimo (da cui molto probabilmente prese il nome) vissuto nel III secolo in Egitto, dove fu martirizzato, conosciuto per le guarigioni operate nelle malattie della pelle. Secondo la tradizione, era nato a Vitulano da una nobile famiglia del posto. In uno scritto del canonico Tommaso Mostillo, che si conserva nellāArchivio Vescovile di S. Agata, si legge che:
S. Menna fu gentiluomo di Vitulano. Da giovinetto seguendo neā primi bollori dellāetĆ i piaceri del secolo che lāinvitava ad allentare la briglia al senso, nellāincontrarsi di recente in un teschio umano, venuto in sĆ© si ritrasse da ogni commercio di mondo, racchiudendosi in un eremo del monte che oggi si dice di S. Menna.2F. Pedicini “La Valle Vitulanese e S. Menna Solitario”, Bari, 1883, pag. 40.
Il primo a raccontare di lui, pochi anni dopo la sua morte, fu papa Gregorio Magno,3Nato nel 540 circa e morto il 12 marzo del 604. Ć stato il 64Ā° papa della chiesa cattolica dallāanno 589 al 604. egli scrive:
In tempi recenti, nella provincia del Sannio un venerabile uomo per nome Menna, conosciuto da molti di noi, conduceva vita solitaria, ed ĆØ morto un dƬ circa dieci anni addietro. Nel narrare le cose da lui fatte non cito la testimonianza di uno solo, giacchĆ© vi sono tanti testimoni della sua vita quanti sono coloro che conoscono la provincia del Sannio.
Menna per il proprio sostentamento non possedeva che pochi alveari. Un giorno un longobardo che tentava di rubargli le api, fu prima da lui aspramente rimproverato e poi alla sua presenza tormentato da uno spirito maligno. Dopo questo fatto il nome di Menna divenne famoso non soltanto presso tutti gli abitanti dei dintorni ma anche presso i barbari e nessuno osĆ² piĆ¹ entrare nella sua cella se non con animo umile.
Spesso dal vicino bosco uscivano degli orsi che tentavano di mangiare il miele delle sue api ma egli come li scorgeva li percuoteva con un bastone che era solito tenere in mano. Sotto i suoi colpi quelle ferocissime bestie ruggivano e si davano alla fuga. E quelle belve che non temevano la punta delle spade tremavano ai colpi del bastone vibrati dalla mano di quellāuomo venerando.
Il suo costante impegno fu di non possedere nulla in questo mondo, di non chiedere nulla e di accendere di desiderio della vita eterna tutti coloro che si recavano da lui perchĆ© mossi da caritĆ . Se talvolta veniva a conoscenza di colpe di alcuni non risparmiava mai il rimprovero, ma con toccanti parole, dettate dal fuoco dellāamore che lo animava, cercava di ritrarli dalla via della colpa. Coloro che abitavano nelle vicinanze del luogo dove Menna viveva, manche quelli che abitavano a distanza presero la consuetudine di mandargli dei doni ognuno in un determinato giorno della settimana in modo che avesse sempre qualcosa da offrire a chi andava da lui.
Una volta un ricco uomo di nome Carterio, preso da insana passione rapƬ una monaca e contrasse con lei illecito matrimonio. Non appena lāuomo di Dio lo venne a sapere, servendosi di persone di cui potĆ© disporre gli fece pervenire quei severi ammonimenti e rimproveri che meritava. Allora Carterio, consapevole della nefandezza della sua azione fu preso da timore e non trovĆ² il coraggio di recarsi da quellāuomo di Dio per paura che lo rimproverasse con durezza come era solito fare con i peccatori. Volle perĆ² fargli giungere le sue offerte mandandogliele insieme e quelle degli altri in modo che anche i suoi doni fossero accettati a sua insaputa.
Menna dopo che gli furono presentate tutte le offerte si sedette e in silenzio le osservĆ² ad una ad una con molta attenzione, e, messe da parte tutte le altre, riconobbe quelle di Carterio, grazie alla sua intuizione spirituale, le disprezzĆ² rigettandole dicendo: āAndate e riferite a chi le ha mandate: Tu hai sottratto a Dio la sua offerta e ora mandi a me i tuoi doni? Io non accetterĆ² la tua offerta, perchĆ© hai sottratto a Dio la suaā. Udendo ciĆ², i presenti furono presi da grande timore vedendo che quellāuomo di Dio sapeva giudicava con tanta sicurezza persone assenti.4San Gregorio Magno, libro terzo, cap. XXVI dei Dialoghi
Queste notizie, pure essendo alquanto scarne ĆØ limitate, sono comunque preziose sia perchĆ© riportate da un coevo del santo eremita, sia per lāautorevolezza di chi scrive.
Come testimoniato da Papa Gregorio Magno, la grande fama di santitĆ raggiunta da Menna, giĆ quando era in vita, era tale che, non solo gli abitanti dei dintorni, ma anche quelli che vivevano in luoghi piĆ¹ lontani, avevano preso la consuetudine di inviare o di portare personalmente, alla sua cella, dei doni, che poi il santo distribuiva ai piĆ¹ bisognosi, che si recavano da lui da ogni parte del Sannio. Secondo la tradizione, Dio, per intercessione del Santo, nel luogo dove egli aveva deciso di stabilire la sua dimora, fece sorgere una fonte dāacqua miracolosa. Le puerpere che avevano difficoltĆ ad allattare, bevendo questāacqua prodigiosa risolvevano i loro problemi. A tal proposito Giannelli scriveva: āOh! quai Dio che stupendo ĆØ nĆ© suoi Santi – In Menna oprĆ² miracoli e portenti – Di Vitulan sua patria ai prieghi, ai pianti! – Un fonte scaturir fĆØ dāacque algenti – Che le femminee poppe anche infeconde – Sanno render di latte ognor feconde“.5Basilio Giannelli (Foglianise o Vitulano, 1Ā° febbraio 1662 – Napoli 23 giugno 1716). CompƬ i suoi studi presso lāuniversitĆ di Napoli, dove ebbe fra gli altri come maestro il famoso giureconsulto Biagio Cusano, suo conterraneo. Seguendo il suo esempio, unƬ alla professione legale la passione per le lettere.
Sempre secondo la tradizione, la stessa grazia si otteneva mangiando unāerba miracolosa che ancora cresce e si raccoglie sul monte di San Menna.
La data della morte del Santo si colloca, verosimilmente, tra lāanno 580 e lāanno 585. Si ipotizza questo arco temporale perchĆ© S. Gregorio Magno, nellāopera precedentemente citata, scritta tra il 590 e il 595, a proposito di S. Menna, scrive: Ā«ā¦ ĆØ morto un dƬ circa dieci anni addietroĀ».
Per lāanno di nascita invece non cāĆØ nessuna certezza, si puĆ² solo evidenziare che dallāiconografia del santo, che ci ĆØ stata tramandata, si vede una persona giĆ avanti con gli anni.6Ć probabile che lāimmagine del santo, che ci ĆØ stata tramandata, come riportato dallāanonimo monaco di Santa Maria della Grotta, che scrisse della vita e dei miracoli operati da S. Menna, nasca dalla visione avuta da un povero uomo āsordo e semplice di menteā che, entrato a pregare nella chiesa dellāeremo, vide āun vecchio venerabile e dalla veneranda canizie vestito di una bianca tonaca di linoā, in F. Procaccini āGli atti di S. Menna eremitaā, II parte, appena: al capo I āLeggenda di S. Menna scritta da un monaco di S. Maria delle Grotteā, pag. 149.
Dopo la morte, la figura del Santo continuĆ² ad essere venerata tra il popolo per i miracoli che ancora operava, e nel luogo dove aveva vissuto continuava ad accorrere gente da ogni parte. Un monaco del monastero di S. Maria della Grotta, che nel XIII secolo scrisse la leggenda di S. Menna, riporta questi prodigi, alcuni riferitegli da un suo confratello di nome Teofilo, prevosto della chiesa di S. Menna, di cui era stato egli stesso testimone.7Il testo completo ĆØ riportato da F. Procaccini āGli atti di S. Menna eremitaā, IIĀ° Parte – Append: al capo I, āLeggenda di S. Menna scritta da un monaco di S. Maria delle Grotteā.
Si racconta che una madre, venuta con il marito dal castello di Buonalbergo, salƬ scalza fino allāeremo pregando per molte ore, e il mattino dopo, bevuta lāacqua della fonte miracolosa si incamminĆ² sulla via del ritorno piena di speranza. Arrivata alla distanza di un ātiro di pietraā dalla chiesa sentƬ nel petto una tale abbondanza di latte che le scorreva fuori bagnandole le vesti.
Tra i vari prodigi operati dal Santo, gli fu riferito anche un altro episodio: due anni prima, quattro ladri venuti dal castello di Ponte, nottetempo erano penetrati nellāorto attiguo al romitorio. Dopo aver devastato lāintero orto e legato tutti gli ortaggi che potevano portare, li caricarono in spalla per fuggire. Arrivati davanti alla chiesa rimasero pietrificati non potendosi piĆ¹ muovere nĆ© lasciare gli ortaggi rubati per poter fuggire. Il mattino, al sorgere del sole, furono trovati in quella posizione dal prevosto stesso a cui confessarono la loro colpa. Questi, dopo aver pregato per loro, li benedisse, dandogli la possibilitĆ di partire, concedendogli anche di portare con loro quanto avevano rubato. La notizia dellāaccaduto si sparse velocemente e se ne parlĆ² a lungo accrescendo la devozione verso il santo eremita.
F. Procaccini, oltre a riportare quanto scritto dallāanonimo monaco, riferisce che a lui stesso fu raccontato, da persone degne di fede, che non molti anni addietro a una donna, venuta ad implorare grazia, invece delle erbe salutari le furono date, da un uomo malvagio, delle erbe velenose. S. Menna, con duplice miracolo, la liberĆ² dal veleno e trasformĆ² lāacqua, bevuta in precedenza, in latte.8F. Procaccini, āGli atti di S. Menna eremitaā, Napoli 1883, pagg. 48-49.
Nel luogo dove era vissuto e morto S. Menna, nel X secolo, fu costruito una chiesa. F. Ughelli riporta un documento, conservato nellāarchivio di S. Sofia, che oggi risulta disperso. Egli trascrive una bolla del 975, con cui Landolfo Arcivescovo di Benevento e Siponto concede ad Assueto e Teodorice, figli di Aroaldo di Tocco, il patronato sulla chiesa di San Menna, da loro giĆ edificata in un fondo di loro proprietĆ ai confini di quel castello, presso il casale di Vitulano, in un luogo detto S. Menna; e lāesenzione da ogni diritto dellāArciprete.9F. Ughelli, Italia Sacra, vol. VIII, pag. 65, ed. N. Coleti, Venezia 1721.
Sempre lāanonimo monaco di S. Maria della Grotta, parlando del luogo dove era lāeremo del Santo dice che: Ā«ā¦ a sette miglia da Benevento, ad occidente, sorge un monte altissimo e su quel monte era lāeremo di S. Menna, per cui gli abitanti dei luoghi ai piedi del monte lo chiamano monte di S. MennaĀ».10F. Pedicini “La Valle vitulanese e S. Menna Solitario”, Bari, 1883, pag. 49.
Inoltre, il luogo non doveva essere molto lontano dal monastero di S. Maria della Grotta. Egli racconta che spesso andava a visitare la chiesa del Santo Eremita dove si intratteneva con il suo confratello Teofilo, per poi, allāimbrunire, fare ritorno al suo monastero. Da ciĆ² si deduce anche che, molto verosimilmente, la chiesa di S. Menna dipendeva dal vicino monastero di S. Maria della Grotta e che solo successivamente fu donata a S. Sofia di Benevento.11Una chiesa di S. Menna āin loco Folianenseā nelle vicinanze di Tocco viene donata al monastero di S. Sofia di Benevento il 26 maggio del 1038 da Corrado II (Die Urkunden der Deutschen Konige u. Kaiser, IV, ed. Bresslau, Hannover, 1909, pag. 369) in G. Tescione, āRoberto Conte di Alife, Caiazzo e S. Agata dei Gotiā, Archivio Storico di Terra di Lavoro IV, 1975, pag. 21, nota 44.
Molto si ĆØ disquisito sul luogo dove fosse stato conservato il corpo di San Menna dopo la sua morte. Ci sono due versioni sostenute dai vari storici che nei secoli successivi hanno scritto a riguardo. Il primo documento conosciuto, che tratta del trasferimento del corpo del Santo, risale al XII secolo ed ĆØ opera del cronista cassinese Leone Marsicano.12Leone Berardi noto come Leone Marsicano, poi Leone Ostiense. Nato nella Marsica intorno allāanno 1046 ĆØ stato un cronista storico, prima monaco a Montecassino e successivamente cardinale e vescovo di Ostia dove mori nellāanno 1119. Secondo questo scritto, il trasferimento avvenne in due tempi, prima da Vitulano a Caiazzo e successivamente da Caiazzo a SantāAgata, ad opera del conte Roberto, della famiglia normanna dei Drengot-Quarell, signore di Alife, Caiazzo SantāAgata e Telese.
Dopo il trasporto a Caiazzo, il conte Roberto chiese a Oderisio, abate di Montecassino, che la cronaca dellāavvenuta traslazione fosse riportata in uno scritto per conservarne la memoria. Lāabate Oderisio incaricĆ² della cosa il monaco Leone Marsicano cronista dellāAbbazia. Leone divise lāopera in quattro parti. Nella prima scrisse della vita di San Menna, rifacendosi in larga parte allāunica fonte agiografica disponibile che erano i āDialoghiā di S. Gregorio Magno. Nella seconda e terza parte descrisse il primo trasferimento, effettuato nellāanno 1094, dal piccolo eremo sul Taburno a Caiazzo e il secondo trasferimento da Caiazzo a S. Agata, avvenuto qualche anno dopo, tra il 1102 e il 1107. Infine, nella quarta parte sono riportati i miracoli operati dal Santo. Leone racconta che il conte Roberto, che stava costruendo la cattedrale di Caiazzo, era alla ricerca di reliquie di santi per renderla piĆ¹ prestigiosa.
Essendo venuti presso di lui, Madelmo, abate del monastero di S. Sofia di Benevento, e Guiso, abate del monastero di S. Lupolo e Zosimo, sempre di Benevento, saputo di questo suo desiderio, in cambio della sua benevolenza e protezione, si offrirono di rivelargli dove avrebbe potuto procurarsi il corpo di un santo. Roberto si impegnĆ² ad acconsentire alla loro richiesta e allora Madelmo gli riferƬ le notizie su S. Menna riportate da S. Gregorio Magno. Gli rivelĆ², inoltre, che il corpo del santo era sepolto in una chiesetta su un monte, presso Vitulano, che da lui prendeva il nome. Il conte, accompagnato dai due abati e da pochi armati, passando per Alife e Telese, arrivĆ² al piccolo eremo dove, secondo le indicazioni, era vissuto S. Menna. Un monaco, che li viveva, e alcuni vecchi del posto, gli dissero che era certo che il corpo del santo fosse sepolto nella chiesa, ma non sapevano in quale punto preciso. Il conte entrato nella chiesa, dopo averla perlustrata accuratamente, diede ordine di scavare sotto lāaltare. Si iniziĆ² lo scavo e dopo un primo strato di calce e arena e un successivo strato di terra si arrivĆ² ad un pavimento di tegole. Sotto questo strato di tegole fu rinvenuta una pietra, rimossa la quale apparve il corpo di S. Menna, ancora intatto. Dopo una notte di veglia, il corpo venne portato, con tutti gli onori, nella chiesa di San Vincenzo di Tocco, dove fu celebrata una messa alla presenza di tutto il popolo. Da qui, un corteo festante accompagnĆ² poi le spoglie del santo verso Caiazzo. Arrivati alla porta di Caiazzo il corpo fu consegnato al vescovo, il quale solennemente lo portĆ² nella chiesa Cattedrale e lo depose sullāaltare per essere esposto alla venerazione dei fedeli. Successivamente, fu poi fatto trasferire dal conte nella cappella del suo palazzo.
Dopo qualche anno, a seguito delle continue pressioni dellāarcivescovo di Benevento Roffredo, e del vescovo di S. Agata, Adalardo, il conte decise di trasferire il corpo di S. Menna a S. Agata dei Goti.
Le sacre reliquie furono accolte dal vescovo della cittĆ e da un gran numero di fedeli e portate nella cappella del castello. Successivamente, il conte Roberto fece costruire, non lontano dal castello, una chiesa in onore del Salvatore, di Maria Vergine, della S. Croce, degli apostoli Pietro e Paolo e di S. Menna e vi fece trasportare il corpo del santo. La chiesa fu poi consacrata il 4 settembre 1110, alla presenza di vescovi e cardinali, da papa Pasquale II.13
G. Tescione, āRoberto Conte di Alife, Caiazzo e S. Agata dei Gotiā, Archivio Storico di Terra di Lavoro IV, 1975. Infine nel 1677 il vescovo Giacomo Circi fece trasferire, i resti di san Menna nella cattedrale.
Molti storici, che hanno scritto su questo argomento, non concordano con quanto raccontato da Leone Marsicano, ma ritengono che il corpo di San Menna sia stato portato in S. Agata subito dopo la sua morte. Francesco Pedicini, nel suo testo āLa Valle Vitulanese e San Menna Solitarioā cita anche altri autori che nel tempo hanno condiviso questa tesi.14Francesco Pedicini (Foglianise 1813- Bari 1886) ĆØ stato vescovo di Monopoli e arcivescovo di Bari e Canosa. Oderico Vitale, scrisse che la traslazione avvenne non piĆ¹ tardi del VII secolo, senza perĆ² aggiungere le prove di questa sua affermazione.15Oderico Vitale ĆØ stato un monaco cristiano, storico e cronista inglese, vissuto tra lāXI e il XII secolo. Francesco Viparelli, scrittore santagatese, in una sua storia della cittĆ , riporta che fra le reliquie piĆ¹ insigne che si conservano in S. Agata vi ĆØ il corpo del glorioso anacoreta S. Menna. Afferma che sarebbe stato portato in S. Agata, subito dopo la morte, perchĆ© ritenuta piĆ¹ sicura da eventuali profanazioni e distruzioni da parte dei longobardi, da poco arrivati nelle nostre zone e non ancora convertiti.16F. Viparelli āMemorie istoriche sulla cittĆ di S. Agata deā Gotiā, Napoli, 1841
Un altro autore, citato anche da Viparelli, Pietro deā Natali, nel XIV sec. scrive che la morte di S. Menna avvenne lā11 novembre del 583 e il corpo di questo illustre Santo fu trasportato e venerato in S. Agata fin dalla sua morte o poco dopo.17Pietro deā Natali āCatalogus Sanctorum et gestorum eorumā, Venezia 1369-1372
Un manoscritto dellāarchivio storico della curia vescovile di SantāAgata, compilato nel sec. XIX, riferisce che:
ānel 871 essendo stata assediata SantāAgata, da Ludovico II imperatore, era vicina ad arrendersi; ma siccome il gastaldo di SantāAgata, Isembrando, era cugino di Bassaccio, abate di Montecassino, questo intercedette presso lāimperatore e la cittĆ e il gastaldo ottennero il perdono. Il gastaldo memore di questo operato e grato al suo benefattore, ordinĆ² che la chiesa di suo patronato, sotto la denominazione di S. Croce, SS. Pietro e Paolo e Menna solitario, fosse data ai monaci cassinesi, ai quali assegnĆ² un competente appannaggio per il loro sostentamentoā.18F. Iannotti, La chiesa di San Menna in SantāAgata dei Goti, icona di fede, di storia e di arte.
F. Pedicini aggiunge che in Vitulano si conserva solo la reliquia di un osso della gamba, che ĆØ lāornamento piĆ¹ prezioso della statua di S. Menna. Lo storico Giovan Battista Pacichelli, vissuto nel XVII secolo, scrive: Ā«Una volta la preziosa Reliquia tenevasi chiusa con tre chiavi, delle quali una si custodiva dal Sindaco di Vitulano, unāaltra dalla principessa di Montesarchio, e la terza dalla famiglia CensaleĀ».19G.B. Pacichelli āMemorie deā viaggi per lāEuropaā, 1685, tomo II, parte IV, pag. 110, 128. Lāillustre famiglia Censale di Vitulano, dopo la tragica fine di due insigni giureconsulti ad essa appartenenti, condannati a morte per aver preso parte alla congiura di Masaniello, emigrĆ² da Vitulano e si stabilƬ in Benevento, dove si estinse.
Nei secoli successivi continuarono a manifestarsi numerosi miracoli di cui beneficiarono persone di diverse condizioni sociali. Tra i tanti casi vi fu quello di una madre che recatosi a Bari alla tomba di S. Nicola per implorare la grazia per il figlio demente. Dopo aver pregato a lungo gli apparve in sogno un uomo vestito di bianco che le consigliĆ² di andare a pregare sulla tomba di S. Menna. Lei vi si recĆ² con il figlio e, ancora prima di entrare in chiesa, si accorse che questi era guarito. Oltre alla gente comune tra i beneficiari delle grazie di S. Menna vi sono stati anche alti prelati. Monsignor Filippo Albini, diventato vescovo di S. Agata nel 1699, lāanno seguente, per lāintervento del santo, fu guarito da una grave infezione malarica. Il cardinale Orsini, arcivescovo di Benevento e in seguito papa Benedetto XIII, grazie allāintercessione del santo, ottenne la grazia guarendo da una febbre infettiva.20Il racconto di questo avvenimento ĆØ riportato in un pubblico atto del notaio Marco Pastore di Vitulano, āā¦lāEminentissimo Arcivescovo Orsini, la sera di mercoledƬ 9 ottobre 1715, ĆØ giunto in questa terra (di Vitulano) con una forte febbre durata anche giovedƬ e venerdƬ. Sabato 12, alla presenza di tutto il clero e di un grandissimo numero di popolo, si ĆØ esposta la reliquia del Glorioso S. Menna, pregando per la salute dellāinfermo. Domenica 13 si ĆØ fatta una solenne processione, che uscita dalla chiesa parrocchiale di S. Maria Maggiore si ĆØ portata alla chiesa di S. Maria delle Grazie dove, detta reliquia si ĆØ tenuta esposta otto giorni e si ĆØ celebrata messa ogni mattina con grande concorso di popolo. Grazie allāintercessione della beata Vergine Maria e del Glorioso S. Menna, allāeminentissimo Arcivescovo ĆØ cessata la febbre ed ha fatto la visita di questa terra.ā, in F. Pedicini āLa Valle Vitulanese e S. Menna Solitarioā Bari 1883, pagg. 62-64. Ottemperando a un decreto del papa Urbano VIII, che comandava che ogni cittĆ , borgo o villa eleggesse un suo patrono, il giorno 10 aprile dellāanno 1705, nella piazza, detta dei Franchi, di Vitulano, alla presenza di tutto il popolo, si riunirono i sindaci e gli eletti delle due universitĆ , di S. Maria Maggiore e di S. Croce. Con atto, rogato dal notaio Marco Pastore, si decise di eleggere, a protettore della terra di Vitulano, il glorioso S. Menna. Lāelezione fu poi confermata, dalla Sacra Congregazione dei Riti con decreto del 22 agosto 1706.21F. Pedicini āLa Valle Vitulanese e S. Menna Solitarioā Bari 1883, pagg. 105-108.
Successivamente anche S. Agata dei Goti, a seguito dellāistanza avanzata dal vescovo diocesano Filippo Albini, in data 27 febbraio del 1712, ottenne lāautorizzazione, della Sacra Congregazione dei Riti, alla nomina di San Menna a compatrono della cittĆ in quanto giĆ precedentemente erano stati eletti patroni S. Agata e S. Stefano.
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[1] Va distinto da un omonimo (da cui molto probabilmente prese il nome) vissuto nel III secolo in Egitto, dove fu martirizzato, conosciuto per le guarigioni operate nelle malattie della pelle.Ā
[2] F. Pedicini, “La Valle vitulanese e S. Menna Solitario, Bari, 1883, pag. 40.
[3]Ā Nato nel 540 circa e morto il 12 marzo del 604. Ć stato il 64Ā° papa della chiesa cattolica dallāanno 589 al 604.
[4]Ā San Gregorio Magno, libro terzo, cap. XXVI dei Dialoghi.
[5] Basilio Giannelli (Foglianise o Vitulano, 1Ā° febbraio 1662 – Napoli 23 giugno 1716). CompƬ i suoi studi presso lāuniversitĆ di Napoli, dove ebbe fra gli altri come maestro il famoso giureconsulto Biagio Cusano, suo conterraneo. Seguendo il suo esempio, unƬ alla professione legale la passione per le lettere.
[6]Ā Ć probabile che lāimmagine del santo, che ci ĆØ stata tramandata, come riportato dallāanonimo monaco di Santa Maria della Grotta, che scrisse della vita e dei miracoli operati da S. Menna, nasca dalla visione avuta da un povero uomo āsordo e semplice di menteā che, entrato a pregare nella chiesa dellāeremo, vide āun vecchio venerabile e dalla veneranda canizie vestito di una bianca tonaca di linoā, in F. Procaccini āGli atti di S. Menna eremitaā,Ā II Parte – Append: al capo I,Ā āLeggenda di S. Menna scritta da un monaco di S. Maria delle Grotteā, pag. 149.
[7] Il testo completo ĆØ riportato da F. Procaccini, “Gli atti di S. Menna eremita”, II parte – Appena: al capo I, “Leggenda di S. Menna scritta da un monaco i S. Maria delle Grotte”.
[8]Ā F. Procaccini, āGli atti di S. Menna eremitaā, Napoli 1883, pagg.Ā 48-49.
[9]Ā F. Ughelli, Italia Sacra, vol. VIII, pag. 65, ed. N. Coleti, Venezia 1721.
[10] F. Pedicini āLa Valle Vitulanese e S. Menna Solitarioā Bari 1883, pag. 49.
[11]Ā Una chiesa di S. MennaĀ āin loco FolianenseāĀ nelle vicinanze di Tocco viene donata al monastero di S. Sofia di Benevento il 26 maggio del 1038 da Corrado II (Die Urkunden der Deutschen Konige u. Kaiser, IV, ed. Bresslau, Hannover, 1909, pag. 369) in G. Tescione, āRoberto Conte di Alife, Caiazzo e S. Agata dei Gotiā, Archivio Storico di Terra di Lavoro IV, 1975, pag. 21, nota 44.
[12]Ā Leone Berardi noto come Leone Marsicano, poi Leone Ostiense. Nato nella Marsica intorno allāanno 1046 ĆØ stato un cronista storico, prima monaco a Montecassino e successivamente cardinale e vescovo di Ostia dove mori nellāanno 1119.
[13]Ā G. Tescione, āRoberto Conte di Alife, Caiazzo e S. Agata dei Gotiā, Archivio Storico di Terra di Lavoro, IV, 1975.
[14]Ā Francesco Pedicini (Foglianise 1813- Bari 1886) ĆØ stato vescovo di Monopoli e arcivescovo di Bari e Canosa.
[15]Ā Oderico Vitale ĆØ statoĀ un monaco cristiano, storico e cronista inglese, vissuto tra lāXI e il XII secolo.
[16]Ā F. ViparelliĀ āMemorie istoriche sulla cittĆ di S. Agata deā Gotiā, Napoli, 1841.
[17] Pietro deā Natali āCatalogus Sanctorum et gestorum eorumā, Venezia 1369-1372.
[18] F. Iannotti, La chiesa di San Menna in SantāAgata dei Goti, icona di fede, di storia e di arte.
[19] G.B. Pacichelli āMemorie deā viaggi per lāEuropaā, 1685, tomo II, parte IV, pag. 110, 128. Lāillustre famiglia Censale di Vitulano, dopo la tragica fine di due insigni giureconsulti ad essaĀ Ā Ā appartenenti, condannati a morte per aver preso parte alla congiura di Masaniello, emigrĆ² da Vitulano e si stabilƬ in Benevento, dove si estinse.
[20] Il racconto di questo avvenimento ĆØ riportato in un pubblico atto del notaio Marco Pastore di Vitulano, Ā«ā¦lāEminentissimo Arcivescovo Orsini, la sera di mercoledƬ 9 ottobre 1715, ĆØ giunto in questa terra (di Vitulano) con una forte febbre durata anche giovedƬ e venerdƬ. Sabato 12, alla presenza di tutto il clero e di un grandissimo numero di popolo, si ĆØ esposta la reliquia del Glorioso S. Menna, pregando per la salute dellāinfermo. Domenica 13 si ĆØ fatta una solenne processione, che uscita dalla chiesa parrocchiale di S. Maria Maggiore si ĆØ portata alla chiesa di S. Maria delle Grazie dove, detta reliquia si ĆØ tenuta esposta otto giorni e si ĆØ celebrata messa ogni mattina con grande concorso di popolo. Grazie allāintercessione della beata Vergine Maria e del Glorioso S. Menna, allāeminentissimoĀ Arcivescovo ĆØ cessata la febbre ed ha fatto la visita di questa terra.Ā», inĀ F. Pedicini āLa Valle Vitulanese e S. Menna Solitarioā Bari 1883,Ā pagg. 62-64.
[21] F. Pedicini āLa Valle Vitulanese e S. Menna Solitarioā Bari 1883, pagg. 105-108.