
Il culto micaelico, di cui è imminente una pubblicazione sulle grotte a lui dedicate del Sannio Telesino, ha una sua rappresentazione anche nell’area denominata Valle dell’Isclero. La presenza di statue, edicole votive e chiese è sorprendentemente numerosa.
Ad Airola (Bn) sulla facciata della chiesa-cappella dedicata al santo, in località Porta Nova, troviamo una edicola votiva in maioliche dipinte che raffigurano l’arcangelo Michele che con spada e bilancia combatte il diavolo. La scritta sottostante ci permette di datare la nicchia al 1904. Caratteristica di questo manufatto è l’incoerenza delle piastrelle maiolicate che, probabilmente, avendo subito dei rimaneggiamenti sono state rimontate non correttamente. La chiesa è di proprietà privata.1C. Pellegrino, scheda a cura dell’Associazione Ave Gratia Piena di Limatola, 2009.

Nella stessa cittadina è allocata la chiesa di san Michele a Serpentara affidata alle cure dei padri Passionisti di Monteoliveto. Questo luogo sacro venne consacrato l’8 maggio del 1513 e chiamata san Michele alla Serpentara in seguito ad un episodio successo due anni prima nella Chiesa di Santa Maria Maddalena, ora distrutta, patronato dei Conti Carafa di Airola. Mentre si stava celebrando due serpenti attraversarono l’altare facendo cadere il calice. In seguito a questo nefasto fatto, fu deciso di edificare una nuova chiesa e dedicarla a San Michele Arcangelo, aggiungendo il termine serpentari. La nuova chiesa fu consacrata 1’8 maggio 1513. Dopo 25 anni dal terremoto del 1980 è stata riaperta al pubblico con una cerimonia presieduta dal Vescovo Michele de Rosa. Lo spazio absidale è dominato dall’altare principale, dietro cui si sviluppa una grossa nicchia contenete la statua del principe degli arcangeli.

La manifattura è databile al tardo periodo del barocco campano ed è in legno dipinto con cartapesta e spada di ferro. Il santo è mostrato mentre, con la spada verso l’alto pronto a sferrare il colpo decisivo, pesta il demonio che ha le fattezze di un cinghiale e la forma di una balena. Il santo indossa un’armatura sotto cui fuoriesce una tunica corta celeste e un lungo manto rosso ondeggiante fino ai piedi.
Vicino, ad Arpaia (Bn), è la Chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo, dedicata al santo guerriero, è una modesta fabbrica, a pianta rettangolare, le cui strutture vanno dal XVI al XVII secolo.

Conserva, al suo interno, un fonte battesimale del XVI secolo e di notevole interesse sono anche un capitello, una colonna e una parte di pilastro risalenti al VI secolo, venuti alla luce sotto gli stucchi settecenteschi. La statua del santo è molto simile a quella di Airola, ed è di chiara scuola barocca campana con la struttura in legno dipinto, l’armatura in oro, la spada di ferro in alto a sferrare il colpo e il mantello rosso. Il santo indossa un elmo dorato.
A Cervinara (Av) troviamo invece una grotta detta dell’Angelo da cui prese il nome anche una delle porte del castello verso il sentiero che portava al santuario di Monte Vergine: ‘Porta dell’Angelo’. Nella grotta ci sono ancora resti di mura medievali e pavimentazioni di terracotta a prova di una probabile cappellina dedicata all’Arcangelo. Si legge in una citazione del Barionovi: “nel 1133 era di Santa Sofia anche la chiesa di Sant’Angelo, sita fuori la porta delle mura del castello, detta appunto di Sant’Angelo, come da un documento del 1390 e dalla successiva specificazione di castro, dopo il 1590.” (2)
A Bucciano (Bn) vi è un affresco di san Michele Arcangelo collocato nella grotta di san Simeone posizionato di fronte all’ingresso raffigurante il santo che con la spada e la bilancia mentre abbatte il demonio.
La Grotta di San Simeone è situata in una crepa tra le rocce del monte Taburno (a circa 3 Km dal paese), a cui si accede percorrendo un sentiero.
Estesa per oltre 13 m e alta quasi 15 m, vede la presenza al proprio interno di numerose stalattiti, epigrafi e affreschi rupestri, risalenti al Medioevo, tuttora in buono stato di conservazione. Si presume che sia stata utilizzata come luogo di culto sin dal basso medioevo dai primi abitanti dell’antica Bucciano, come testimoniano i vicini ruderi di un agglomerato urbano risalente a tale periodo.

L’immagine dell’arcangelo è posta accanto ad una più grande che raffigura san Simeone. Anche in questa immagine la spada è posta in alto ma il demonio è raffigurato come un drago. I colori consumati dall’umidità e dal tempo ci rendono una corazza verde e un mantello rosso. La mano sinistra regge la bilancia, strumento per pesare le anime e la capigliatura è bionda. L’iconografia è tardo manieristica campana di influsso fiammingo e toscano.2L. Donadio, scheda a cura dell’Associazione Ave Grazia Plenadi Limatola, 2009.
Nella vicina Limatola (Bn)troviamo una chiesetta, oramai rudere, nella frazione Biancano denominata chiesa di San Michele Arcangelo. La prima citazione è nella bolla di Senne del 1113. Questa Bolla è primo documento della diocesi di Caserta con cui l’arcivescovo di Capua Senne (o Sennete) si rivolgeva al “Clero et Capitulo Casertano” confermando a Rainulfo e ai suoi successori la diocesi casertana.
L’espressione “…In castro Limatule et territorio eius…” lascia intendere una zona con diversi insediamenti, dei quali solo quattro sopravvivono oggi: Limatola, Ave Gratia Plena, Biancano, Giardoni. Il documento, infatti, cita ben 15 chiese, distribuite e distanziate tra i colli tifatini e il fiume Volturno, probabilmente per le necessità del lavoro agricolo. E così, solo alcune erano tipicamente chiese urbane, cioè prossime al rione Terra (l’attuale borgo): S. Pietro, S. Giovanni, S. Nicola e S. Biagio, nel borgo di Limatola; S. Eustachio e S. Maria di Grottole erano appena discoste da esso. Le altre (Ognissanti, S. Tommaso, S. Adiutore, S. Arcangelo ad Pirium ad Ave Gratia Plena; S. Maria a Cirignano, S. Giacomo a Puzzaniso a Giardoni; S. Erasmo a Ciummiento; S. Angelo e SS. Cosma, Damiano e Pancrazio a Biancano) sorgevano in aperta campagna, in luoghi più o meno elevati, ed erano chiese rurali isolate.

La Bolla riporta poi i confini della diocesi ed enumera tutte le chiese (in numero di 133) e per questo costituisce uno straordinario documento storico. Nel nostro caso cita la chiesa di sant’Angelo a Plancano (Biancano) ma non specifica il luogo. Pare sia stata soppressa nel 1640 e poi riaperta al culto il 29 settembre del 1889 grazie alla carità del vescovo di Caserta Enrico de Rossi. Ha una pianta longitudinale rettangolare con pareti in tufo e laterizi. La chiesetta è ridotta a rudere e non sono visibili eventuali pitture o strutture architettoniche interne.
Sempre in Limatola (Bn) nel casale dell’Ave Gratia Plena è allocata una edicola dedicata all’Arcangelo. Costruita tra il 1942 ed il 1952 su committenza del rev. Elpidio Rossetti presenta una manifattura semplice con l’immagine racchiusa in una costruzione in tufo locale. La figura del Santo, in maiolica locale, è raffigurata con la spada nella mano destra e la bilancia nella sinistra mentre uccide il demonio rappresentato grossolanamente come una cavalletta. Le ali sono aperte e a forma triangolare. L’urna votiva è sita in una proprietà privata.

Trasferendoci nella vicina Sant’Agata dei Goti (Bn) troviamo il culto di San Michele nella chiesa che porta il suo nome in frazione Capitone. La statua, opera dell’altoatesino Giuseppe Stufflesser, data al 1964 quando la chiesa fu ricostruita con la statua posta nel presbiterio. Alta 1,25 m. è in legno dipinto con il Santo vestito ‘alla romana’ con mantello legato al collo e spada abbassata. La mano sinistra è posta sul petto e le ali sono in posizione di riposo.3G. Aragosa, Un antico centro del medio Volturno, Limatola ed il suo casale Biancano, 1994; B. Marrone, Memorie istoriche di Limatola, 1795.

Sempre in Sant’Agata dei Goti troviamo, nella cripta del Duomo, uno splendido affresco del Santo (2,50 per 1,50 m) databile tra il 1350 e il 1359 in cui il Santo è dipinto, purtroppo non completamente per una parte andata distrutta, mentre con una lancia uccide il demonio di cui è rimasto solo una parte di un mostruoso arto.4G. Pellegrino, scheda a cura dell’Associazione Ave Grazia Plena di Limatola, 2009.

Nel Duomo, nella seconda colonna a sinistra del vano absidale maggiore, scolpito su uno dei capitelli della cripta, troviamo un piccolo (0.45 per 0,25 m) rilievo in calcare databile tra il X e XII sec., in cui il Santo è rappresentato frontalmente mentre regge un globo sovrastato da una croce (appena intuibile). Esso caratterizza il potere regale o imperiale come un potere cristiano, che riconosce la supremazia di Cristo (rappresentato dalla croce) sul mondo e sui poteri terreni (la sfera). Si è ipotizzato che facesse parte del chiostro benedettino di Santa Sofia in Benevento.

Ancora in Sant’Agata dei Goti (Bn) troviamo la chiesa della SS. Annunziata nota per avere l’abside asimmetrica rispetto alla navata. Probabilmente non si tratta di un errore di progettazione, ma di una scelta teologica. Le piante delle antiche chiese, infatti, rappresentavano sempre il segno della croce, di cui l’abside era la parte in alto, dove in base al racconto evangelico di Giovanni (19, 30) era poggiato il capo reclinato di Cristo nel momento della morte. L’architetto del tempo, forse, inclinò la pianta dell’abside rispetto alla navata per rappresentare in modo plastico questo evento. In questa chiesa troviamo affreschi di pregevole fattura che risalgono alla seconda metà del Trecento e ai primi anni del Quattrocento.

Nella Cappella dell’Annunziata c’è la tavola dell’Annunciazione, dipinto forse da Angiolillo Arcuccio nel sec. XV. San Michele vi è rappresentato nell’atto di trafiggere Lucifero. Purtroppo di questa immagine vi rimane solo un frammento che non ci consente una dettagliata descrizione.
Invece sulla controfacciata della stessa Chiesa,5I.D. Resta, F. Abate, Sant’Agata dei Goti, le città nella Storia d’Italia, Bari, 1984. si trova il grande affresco raffigurante il Giudizio Universale. Il ciclo, come consuetudine nell’iconografia italiana e in base alla falsa etimologia che collegava la parola occidens al verbo occidere e quindi l’occidente alla morte, è stato dipinto sul lato ovest dell’edificio, dove simbolicamente il sole al tramonto illumina la grande scena dell’ultima notte del mondo.6https://www.santagatadeigoti.net/giudizio-universale/
La figura del Cristo Giudice è ritratta all’interno di una mandorla, che segna una separazione netta tra Gesù e la scena a cui prende parte. Egli domina per le enormi proporzioni al centro della composizione; la grandezza della sua immagine non è dovuta ad un semplice esercizio stilistico o estetico, ma serve a manifestare palesemente agli occhi dei credenti la visione trionfale di Dio. L’affresco è databile tra il 1420 ed il 1440.

L’immagine, laddove si combatte la battaglia celeste, è posta sopra una superficie rocciosa, al di sotto della quale si trova l’inferno, l’arcangelo Michele è impegnato a pesare le anime con una bilancia nella la mano destra (ovvero delle azioni buone e cattive di una stessa anima): una piccola figura antropomorfa prega in ginocchio sull’unico piano della bilancia visibile (manca una parte di affresco); il corpo dell’arcangelo e il suo volto, aureolato, sono in posizione frontale, solenne, allegoria – come nel caso del Cristo Giudice – di un punto di equilibrio che garantisce l’imparzialità7E. Male, Le origini del gotico: l’iconografia medievale e le sue fonti, Jaca Book, Milano 1986, p. 19.. La spada è imbracciata con la destra ed alzata in segno di potenza. Esso è abbigliato con una sontuosa corazza gotica, limitata al corpetto ed al copri maniche. Dalla corazza fuoriesce una tunica, a strette pieghe ed all’orlo a zig zag, e che copre un’attillata calza rossa. Il volto è quasi femmineo, rotondeggiante e possiede una folta capigliatura bionda molto movimentata. La figura di san Michele aveva la funzione di ricordare alle donne e agli uomini del Medioevo che la giustizia divina sarebbe stata applicata ad ogni singolo individuo, inesorabilmente. Giordano da Pisa, predicando nella città di Firenze nei primi anni del XIV secolo, così spiegava il ruolo di san Michele e il rito della pesatura dell’anima: “…Ora conosci la vanità del mondo ch’è neente, e così ne ritorni a Dio, e lascine i peccati. Datti Iddio ancora questo incarico e questa gravezza delle tribulazioni in questa vita, ad librandum. Due sono le bilance; l’una dove sta il peso; l’altra ove sta la cosa che si pesa. Così propriamente sono due le bilance; l’una bilancia è l’anima, e l’altra bilancia è il corpo. Nella bilancia dell’anima sta la vertù e la vontà; nella bilancia del corpo sta il peso della tribulazione: se stanno pari le bilance si è buono. […] Istà Santo Michele e bilanciale: or noi vedete dipinto colae, che bilancia il bene e il male? Allora se’guiderdonato, e ricevi ciò che dei: se ‘1 bene pesa più che ‘1 male, si vai bene; ma se il male pesa più che ‘1 bene, allora cattivo a te, che vai male; onde guai a chi questo pensamento non pensa dinanzi, e di procacciarsi sì che ‘1 suo bene e la sua buona mercia sia assai, e la cattiva poca, o non niente. Queste stadere di Santo Michele non intendere che sieno stadere di rame o di ferro, che già di quel peso poco varrebbono, che non peserebbono mercatanzìa spirituale. Ma queste bilance sono la giustizia di Dio, la qual pesa tutti i meriti, e tutti i beni, e tutti i crimini, e tutti i peccati, e non falla grano in peso, tanto è giusto…”. 8J. Baschet, Lieu sacré, lieu d’images. Les fresques de Bominaco (Abruzzes, 1263). Thèmes, parcours, fonctions, Ecole Francaise de Rome, Rome 1991, p. 74. Il ruolo che l’arcangelo Michele ricopre è il medesimo del dio romano Mercurio, che guidava le anime dei defunti agli inferi. San Michele fu identificato come santo psicopompo (accompagnatore di anime) nei primi secoli del cristianesimo, quando la Chiesa propagandava il suo culto tra i Gallo-romani devoti a Mercurio; il culto dell’arcangelo prese il sopravvento su quello del dio pagano e la figura di Michele assunse gli attributi che erano stati propri di Mercurio: E. Male, Le origini del gotico: l’iconografia medievale e le sue fonti, Jaca Book, Milano 1986, p. 363.
Accanto all’arcangelo Michele le virtù, impersonate da sette donne incoronate e aureolate, spingono, aiutate da lunghi bastoni, le teste di altrettante figure femminili – i vizi – nel fuoco infernale. È l’epilogo di una psicomachia – parte integrante del tema del Giudizio Finale, quando l’uomo è giudicato da Dio in base ai peccati commessi e alle virtù esercitate – immortalato nell’istante del trionfo delle virtù cardinali (humilitas, iusticia, temperancia, fortitudo) e delle virtù teologali (spes, fides, caritas), che, in piedi, austere ed eleganti nel loro gesto, portano a compimento l’ultimo attacco alla schiera dei vizi ormai sottomessi e umiliati. Le figure femminili sono carponi, hanno dei grossi pesi legati al collo e la testa quasi immersa nell’antro infernale; le fiamme sono in procinto di bruciare i loro volti.9Giordano da Pisa, Prediche recitate in Firenze dal 1303 al 1306 ed ora per la prima volta pubblicate, a cura di C. Moreni, Magheri, Firenze 1831, vol. II, Predica LXV, pp. 268-270.

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[1] C. Pellegrino, scheda a cura dell’Associazione Ave Grazia Plena di Limatola, 2009.
[2] L. Barionovi, Per una storia di Cervinara, SAMNIVM, 1975.
[3] L. Donadio, scheda a cura dell’Associazione Ave Grazia Plenadi Limatola, 2009.
[4] G. Aragosa, Un antico centro del medio Volturno, Limatola ed il suo casale Biancano, 1994; B. Marrone, Memorie istoriche di Limatola, 1795.
[5] G. Pellegrino, scheda a cura dell’Associazione Ave Grazia Plena di Limatola, 2009.
[6] I.D. Resta, F. Abate, Sant’Agata dei Goti, le città nella Storia d’Italia, Bari, 1984.
[7] https://www.santagatadeigoti.net/giudizio-universale/
[8] E. Male, Le origini del gotico: l’iconografia medievale e le sue fonti, Jaca Book, Milano 1986, p. 19.
[9] J. Baschet, Lieu sacré, lieu d’images. Les fresques de Bominaco (Abruzzes, 1263). Thèmes, parcours, fonctions, Ecole Francaise de Rome, Rome 1991, p. 74. Il ruolo che l’arcangelo Michele ricopre è il medesimo del dio romano Mercurio, che guidava le anime dei defunti agli inferi. San Michele fu identificato come santo psicopompo (accompagnatore di anime) nei primi secoli del cristianesimo, quando la Chiesa propagandava il suo culto tra i Gallo-romani devoti a Mercurio; il culto dell’arcangelo prese il sopravvento su quello del dio pagano e la figura di Michele assunse gli attributi che erano stati propri di Mercurio: E. Male, Le origini del gotico: l’iconografia medievale e le sue fonti, Jaca Book, Milano 1986, p. 363.
[10] Giordano da Pisa, Prediche recitate in Firenze dal 1303 al 1306 ed ora per la prima volta pubblicate, a cura di C. Moreni, Magheri, Firenze 1831, vol. II, Predica LXV, pp. 268-270.
[11] La rappresentazione delle virtù nell’atto di schiacciare i vizi capitali fu tipica dell’arte romanica francese. Molto simile alla psicomachia del Giudizio Universale della chiesa della SS. Annunziata è la raffigurazione scultorea dello stesso tema presente sull’esterno della cattedrale di Strasburgo (c. 1280).