
La fine del sec. XVII e l’inizio del XVIII, fu caratterizzato da una grave crisi morale e religiosa. A questo turbamento non si sottrasse la Diocesi di Caiazzo, ed in particolare la chiesa di Villa Liberi. Il tarlo di questa comunitĆ come tante altre era l’ozio dello spirito, un’assoluta indifferenza sotto quelle forme etico-religiose. La constatazione di questo vuoto interiore spinse il Pastore della Diocesi Mons. Costantino Vigilante ad invitare S. Alfonso De’ Liguori a tenere una missione a Caiazzo nel maggio del 1732. Questa attivitĆ missionaria stabilƬ tra il santo e lo zelante pastore una sincera ed intima amicizia; fu allora che il santo espose al vescovo l’intenzione di fondare un Istituto Religioso in un villaggio chiamato : Ā«Villa degli SchiaviĀ» che nel 1860 fu chiamato Villa Liberi, oggi, Villa, frazione di Liberi.
Quando l’Istituto fu fondato, il santo mantenne la promessa, si recò a Caiazzo e con il vescovo al villaggio di Villa, che contava 500 anime, mons. Vigilante propose di cedere ai missionari un “romitorio”. Questo luogo era, secondo alcuni storici, l’eremo ove Sant’Anselmo di Le Bec, noto anche come Anselmo di Canterbury scrisse la maggior parte del suo interessante libro di teologia dal titolo: Cur Deus Homo. La consegna della chiesa e della casa attigua al santo fu sostenuta dagli amministratori della confraternita che aveva lo ius patronatus, cioĆØ a possedere il beneficio, dopo una intermediazione del sacerdote Francesco Saverio Rossi. Al restauro del romitorio e alla costruzione nuova parteciparono gli abitanti di Villa: contadini, artigiani e nobili; tutti erano animati da tanto fervore e profonda gioia.

La vita spirituale e missionaria del santo a Villa fu molto intensa e coinvolgeva tutte le fibre del suo essere. Don Camardelli, commensale di Sant’Alfonso, ci ha lasciato scritto come il venerabile trascorreva le sue giornate nel piccolo villaggio. Faceva la disciplina ogni giorno nella sua cella, riposava poco e aveva per letto un pagliericcio durissimo e per guanciale un sasso, mangiava una semplice minestra in ginocchio e con una pietra appesa al collo. Tuttavia aveva fatto il voto di digiunare a pane e acqua in onore della SS. Vergine, pratica a cui rimase fedele fino a che, per motivi di salute, il suo confessore, la commutò in un’altra.

Allora per invitare tutti ad amare Maria SSma, compose un libro intitolato “Le Glorie di Maria”, che scrisse a Villa nel 1734, edito nel 1750. Molti sacerdoti e laici non sopportarono l’attivitĆ zelante svolta dal santo, ed ingaggiarono una lotta furibonda, inventando calunnie fino a quando non videro distrutta la casa religiosa di Villa. I malvagi fecero ricorso al Barone, al Conte Carafa, per cui quando il santo chiese protezione a queste autoritĆ non solo non fu accolto con garbo, ma fu cacciato fuori con dure parole: “Oh, che puzza di romiti “.
Davanti ad una risposta negativa, i discepoli devono scuotere la polvere dai calzari, Matt. 10.14. L’azione in sĆ© molto semplice, intende mostrare la responsabilitĆ del rifiuto e forse anche un ultimo tentativo per smuovere la persona ostinata dalla sua posizione negativa. Ć immaginabile il putiferio che si scatenò !