Nell’anno 2009, durante le “Celebrazioni per il nono centenario della morte di sant’Anselmo d’Aosta”, ascoltai, con interesse, docenti universitari, membri di prestigiosi istituti e altri dotti relatori i quali, in Alife e in San Salvatore Telesino, parlarono, come da apposito “programma”, del tempo in cui era vissuto e dei maggiori suoi scrittinella circostanza, qualcuno del pubblico mi sussurrò: “Sarebbe stato giusto ricordarlo anche in Caiazzo”. Alla fine, volli conoscere chi fosse stato il santo e se, perché, in che modo e in qual misura avesse avuto rapporti con le diocesi di Alife, di Telese e di Caiazzo: indagai, da medico, e consultando scritti di studiosi locali e no e –tradotti in italiano– di Eadmero segretario e biografo di sant’Anselmo, appresi e annotai il tutto in un inedito Sant’Anselmo d’Aosta nella storia della medicina in Campania.
Di recente, è stato trattato di sant’Anselmo in tre interessanti articoli: Emilio Bove ne ha detto in merito all’assistenza  sanitaria nel locale monastero del Santo Salvatore e all’ acquisto del Cenobio, nel 1822; Antonio Bove ne ha fatto riferimento a proposito del raro e prezioso scriptorium in quell’abazia. 1E. Bove,  L’assistenza sanitaria nel monastero del Santo Salvatore, in “Almanacco”, Istituto Storico Sannio Telesino –ISST– (31 ottobre 2021). Id., Acquisto dell’abbazia di San Salvatore nel 1822, in “Almanacco”, ISST, (13 maggio 2023). A. Bove , Lo scriptorium nell’abbazia Benedettina del Santo Salvatorein “Almanacco”, ISST (21 aprile 2023).
Oggi, riporto qui di seguito, con qualche altra nota di testo e in sintesi, almeno quel che raccolsi sulla presenza del personaggio dal San Salvatore Telesino a Liberi. Al riguardo, mi pare non superfluo premettere che Anselmo nacque ad Aosta nel 1033, si ritirò nel monastero di Bec  rinomato per la scuola medica, vestì l’abito talare e nel ’63 fu nominato priore. Consacrato arcivescovo nel 1093, decise, per controversie amministrative e politiche, di recarsi a Roma da papa Urbano II a chiedergli consigli e aiuto. Nel novembre del ‘97 partì insieme a Eadmero.2Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, Torino, UTET, 1959, 3 voll., I, pp. 318-319. Claudio Rendina, I Papi. Storia e segreti, Roma, Newton, 1983, p. 326.
Giunto a Roma, nell’estate del 1098, l’illustre religioso fu condotto alla presenza del pontefice in consiglio con la nobiltà romana. Si prostrò, Urbano lo sollevò con sollecitudine, lo baciò fraternamente, si disse lieto della visita, indugiò a tesserne le lodi e soggiunse, tra l’altro, che lo stimava “maestro quanto mai qualificato in tutte le arti liberali” –compresa, è ovvio, l’arte medica– e volle che attendesse presso di lui l’evolversi della vicenda che lo aveva ivi condotto. Ma poiché in quelle zone il caldo della stagione ardeva ogni cosa e vivere in città era di certo poco salubre, specialmente per gli stranieri –e in modo particolare per Anselmo, di salute cagionevole– uno dei presenti, di nome Giovanni, già monaco del Bec, Allora, invece, Abbate del Cenobio di San Salvatore Telesino, consenziente il Papa lo prese, come proprio genitore, e benevolmente lo condusse nella sua villa denominata Schiavi”.3Eadmer, Vita, II, cit., XXIX. Cfr. Eadmer, S. Anselmi vita, in Acta Sanctorum, Aprilis II, Anversa, 1675. Eadmer, Vita Anselmi, in Acta SS., Aprilis II, Parigi, in Migne, PL., 158, 45-118.  Per i testi latini sui fatti, cfr. anche Id., Historia Novarum in AngliaR.W. Southern, The life of St. Anselm, p. 106; Giovanni di Salisburgo, Liber de vita Sancti Anselmi, in Luigi Cielo, L’abbazia normanna di San Salvatore de Telesia. Stazione di ospitalità sulla via Latina, in “Annuario”, Associazione Storica Valle Telesina, I, 2016, pp.36 e 45-46, in 27-51.

  Resti del cenobio del  Santo Salvatore (Foto L.Cielo)

Per quel che nello specifico concerne il tema, va rilevato, tuttavia, che Anselmo raggiunse prima –ed era ovvio – l’abbazia del SS. Salvatore e la tradizione vuole che durante il soggiorno, indicando con precisione un sito nel cenobio fece scavare un fosso: da esso sgorgò terapeutica acqua portentosa e venne definito “pozzo di S. Anselmo”.4Angelo Michele Iannacchino, Storia di Telesia. Sua diocesi e Pastori, Benevento, D’Alessandro, 1900, pp.62 e  94-95. Anche per questo, ritengo, autore anonimo del XII secolo dipinse, nella chiesa del monastero, un affresco che raffigura un presule santo, con aureola, bacolo pastorale nella mano destra e libro nella sinistra; reputo, altresì, che l’immagine sia proprio quella di sant’Anselmo in quanto anche somigliante ad altre due del medesimo arcivescovo, ma senza aureola e di autori diversi.5Una, in tondo, lo è nell’aspetto, vid. Giuseppe Bailone, Anselmo d’Aosta, in “homolaicus.com”; altra, in ovale, lo è, con bacolo nella mano destra e libro nella sinistra, nel Sigillo di Anselmo arcivescovo per grazia di Dio. 

Non saprei dire quanto durò la sosta nell’abbazia. Si sa, invece, che partiti da San Salvatore, Anselmo, Eadmero e Giovanni raggiunsero la Villa  Schiavi. Il cenobio, infatti, vi possedeva, in diocesi di Caiazzo,  una villa, ossia un centro di campagna, denominata Sclavia; più nel dettaglio si trattava di una grangia costituita da ospizio per monaci podere e fattoria ovvero, abitazione del fattore, costruzione per quanti vi lavorassero e strutture necessarie al tipo di attività.6Cfr. AA.VV., Nuovissimo Dardano,  Dizionario della lingua italiana, Roma, Armando Curcio Editore., 1982, alle voci. 

La località, poiché in cima ad un monte, offriva in estate un clima balsamico e mite. Per giunta, l’abitazione per il presule era stata approntata sopra un’altura, isolata dal  trambusto della gente. Anselmo se ne avvide e, allietato dalla previsione della tranquillità, esclamò, facendo riferimento al Salmo: “Questa è la mia dimora, qui abiterò per sempre”. Non solo: decise di vivere secondo i princìpi ai quali si rammaricava di aver disatteso da quando era stato consacrato arcivescovo; pertanto “si dedicò giorno e notte alle opere di pietà, alla vita ascetica e allo studio dei problemi mistici”. Inoltre, “spinto dall’amore per la fede, portò a termine l’opera Cur Deus homo, Perché Dio (s’ è fatto) uomo, capolavoro, in due libri al quale aveva dato inizio in Inghilterra e che tratta il dogma della Incarnazione e della Redenzione.7Eadmer, Vita, II, XXX. Cfr. pure Benedetto Calati, Anselmo di Aosta, in AAVV., Bibliotheca Sanctorum, Pontificia Università Lateranense, Roma, Città Nuova, 1998, 12 voll., II, colonna 12, in 8-19. 

Intanto, al pari dell’apostolo Paolo, “s’era fatto tutto per tutti per aiutare tutti” e, per quanto gli fosse possibile, “accontentava tutti, ad uno ad uno, con disponibilità e benevolenza, sopra qualsiasi problema gli presentassero”. L’aiuto si realizzò anche attraverso la pratica del magistero in materia di fede, tant’è vero che “ammetteva alla sua conversazione chiunque volesse ascoltarlo”.81 Cor, 5,22, in Eadmer, Vita,  II, XXX.  

É possibile ritenere, per quanto Eadmero non ne abbia fatto riferimento, che l’uomo del Signore si sia impegnato anche  nell’aiuto ai malati, dal momento che, come si dirà, “numerose persone” nel territorio soffrivano di forme morbose differenti; del resto, circa il rapporto di Anselmo con le arti liberali, e perciò non esclusa la disciplina medica, si apprende, oltretutto, che in una lettera al monaco Maurizio, egli afferma di averle insegnate;9Cfr. Alfonso Abbamondi, S. Anselmo d’Aosta nella Storia, nella Pedagogia e nella Filosofia, Napoli, Melfi e Joele, 1911, pp. 83-86.  non solo: già era solito dedicare “affetto e sollecitudine tanto ai sani quanto agli infermi”. Soprattutto questo tipo di intervento, sorretto dalle conoscenze scientifiche, come s’è detto, nell’arte medica spiegherebbe perché “la fama di lui crebbe in breve volger di tempo, si diffuse nel territorio e indusse gli abitanti ad amarlo e a venerarlo; insomma, chiunque ebbe modo di avvicinarlo e di riceverne la benedizione si considerò veramente beato”.10Eadmer, VitaI, XIII e  II, XXX..
La presenza di Anselmo a Sclavia si rivelò di notevole utilità pratica anche in altro modo, prodigioso e singolare.  Un confratello, amministratore di quella tenuta, da buon padrone di casa e per volere dell’abate, prestava servizio all’Arcivescovo; ebbene, quel monaco –uomo, direi, pratico e perspicace– avendone valutato il grado di cultura e il modo di pensare e di agire, ritenendolo pervaso dalla grazia di Dio e prevedendo che per merito di lui e attraverso lui il Signore avrebbe, prima o poi, operato prodigi, concepì il disegno di trarne un utile immediato e consistente. Al riguardo, “la penuria d’acqua costringeva la gente del luogo a non pochi sacrifici”, infatti sul versante più impervio della montagna c’era, sì, un pozzo e perfino molto profondo, però si esauriva nel corso della giornata, sicché, “dall’ora nona al giorno seguente non era più possibile attingervi neppure una goccia del prezioso liquido”.11Id., ibid. II, XXXI. Potrebbe essersi trattato di una sorgente che si esauriva, via, via, nei mesi estivi oppure era del tipo così detto intermittente, peraltro conosciuto e descritto già nell’Evo Antico,  cfr. Lucio Anneo Seneca, Questioni naturali, a cura di Dionigi Vottero, Sancasciano, TEA, 1990, 16, 1, pp. 410-411.

S. Anselmo. Affresco anonimo, XII secolo. Abbazia San Salvatore. (Foto L Cielo).

Insomma, deciso ad ovviare all’inconveniente, il fattore della villa, lagnandosene con Anselmo, gli confidò l’intendimento di scavare una buca per raccogliere acqua da falde sotterranee, “giusto nel luogo dove abitava” e sperando che il Signore, nella sua infinita bontà, volesse risolvergli il problema.12Eadmer, II, XXXI. É verosimile che, come si avrà modo di dire, la località proposta per lo scavo si trovasse a non molta distanza dalla polla intermittente cui Eadmero fece cenno. Comunque, le aspettative del benedettino, il quale, è evidente, aveva a cuore le sorti dell’azienda, delle persone che vi lavoravano e delle famiglie che da essa dipendevano, non andarono deluse. 

Anselmo approvò la lodevole intenzione del fattore  e lo esortò a tentare l’impresa. A questo punto –poiché quelle espressioni erano di conforto, ma in pratica non realizzavano alcunché, anzi avrebbero potuto alla fine condurlo all’insuccesso– il monaco venne allo scoperto e, senza più tergiversare e per garantirsi il risultato, chiese all’arcivescovo di effettuare una ricognizione sopra luogo, di recitare una orazione, di impartire la benedizione e di vibrare, lui, il primo colpo nel suolo. Il presule, anche per non urtare la suscettibilità del confratello e non deluderne le attese acconsentì e si recò sul posto, accompagnato da Eadmero. Con non poca meraviglia, questi aggiunse: “Che dire? Si vedeva un masso di notevole dimensione e il voler trovare una sorgente in un luogo simile era pura follia”. Ciò non ostante, “dopo aver rivolto a Dio una preghiera di supplica”, perché in quel punto facesse sgorgare acqua perenne e pura, il presule  non uno, ma “tre colpi inferse nel terreno”, lo aprì e volle che altri proseguissero nell’escavo.13Id., ibid.
tre colpi vibrati alla ricerca dell’acqua, anche se saranno apparsi gesti comuni, furono in quella circostanza, mi pare, meditati e pregni di simbolismo. Anselmo, infatti, era dell’opinione che “a chi indaga una realtà incomprensibile, come la Trinità  basti di giungere col ragionamento che essa ci sia anche se non intende in che modo essa sia”.14Anselmo, Monologion,  1, 64 in N. Abbagnano, cit.,  p. 320.
Pochi giorni erano trascorsi dall’inizio dei lavori, allorquando una polla eruppe zampillando dalla viva roccia e produsse sui presenti grande impressione e indicibile entusiasmo. Ma v’è dell’altro: “Il pozzo portato a compimento, benché non avesse profondità considerevole, apparve provvisto di una copiosa riserva d’acqua quanto mai limpida e salubre”. La notizia si diffuse con rapidità, suscitò molta sorpresa e chi venne a conoscenza del fatto ne attribuì il merito soltanto all’uomo di santa vita; da quel momento, gli abitanti della zona appellarono la scaturigine: “Pozzo dell’Arcivescovo di Canterbury” e allo stesso modo ancora la chiamavano quando, tempo dopo, Eadmero redasse la di lui biografia.15Eadmer, Vita, II, XXXI. Per il testo latino circa le vicende attinenti al pozzo, cfr. anche Southern, in L. Cielo, cit.    

Anselmo dimorò a Sclavia “ivi aspettando il tempo del concilio che il Papa stesso avrebbe celebrato a Bari nelle calende di ottobre” e al quale avrebbe preso parte. Nel Settembre del 1098, si mise in viaggio per la città pugliese accompagnato dal fido Eadmero. “Finito il concilio” partirono per Roma, dove sostarono per un certo tempo. Raggiunsero quindi la Francia e dopo un esilio, il ritorno in Inghilterra, un secondo viaggio a Roma sempre per contrasti politici, ed altro esilio in Francia, Anselmo ritornò, finalmente, a Canterbury, nel 1106. Stava indagando, ansiosamente, sull’origine e sulla natura dell’anima allorché, consunto ormai nel fisico, morì il 21 di aprile del 1109, circondato dalla fama di santità.16Eadmer, Vita, II°, XXXIIII. Cfr. altresì B. Calati, cit., col. 6-7. N. Abbagnano, cit., I, pp. 319-320 e 330.  
Nel frattempo, pure la storia della polla di Villa Sclavia, ormai riconosciuta miracolosa, aveva raggiunto, addirittura ed è quanto dire, i paesi d’oltralpe, tanto è vero che quando Eadmero, molto tempo dopo la permanenza nelle diocesi di Telese e di Caiazzo e quella vicenda, ordinò gli appunti e scrisse la vita del maestro, non dimenticò di annotare: “coloro i quali capitarono da noi e venivano da quella regione, riferirono che, avendo bevuto di quell’acqua, numerose persone colpite da disturbi e da febbri di varia natura, in breve erano state ricondotte al primitivo stato di sanità”.17Eadmer, Vita, II, XXXIIII.  

Liberi. Edicola con antistante pozzo di S. Anselmo. (Foto L. Applauso)

Non so quando –se in seguito alla proposta o nell’anno della canonizzazione sempre nel Medioevo, o in seguito– gli abitanti della Villa Sclavia, poi Schiavi e dal 1862 Liberi, abbiano mutato denominazione alla sorgente; il certo è che nel 1985, la chiamavano in modo più semplice, ma appropriato, “’u puzzillu ‘e sant’Anselmu”, il piccolo pozzo di sant’Anselmo. Agli inizi del terzo millennio, “un’edicola votiva”, costruita accosto al recinto del pozzo, in tempi non ben precisati, e “tenuta con decoro da mano devota”, testimoniava la “trasmissione del culto reso al Taumaturgo fino ai giorni nostri”: nel 2001, infatti, la vetusta cappellina recintata e con pozzo antistante reso sicuro da  grata metallica ostruente, stava ancora in sede.18Dante B. Marrocco, Guida del Medio Volturno, Piedimonte Matese, Associazione Storica Medio Volturno, 1985, p. 80. Vid.  R. Di Lello, Acque sacrali, acque medicinali, in “Clarus”, Piedimonte Matese, Diocesi di Alife-Caiazzo, I, 2-3 (2001) 3, p. 9.  
Sempre in quell’anno e nella contrada, qualcuno ancora menzionava  un altro pozzo a circa cento metri  di distanza da “quello di S. Anselmo”, sullo stesso lato della strada, nella proprietà Colucci: era molto più profondo, dava acqua agli abitanti di Villa, però, di solito ogni anno e poco alla volta  rimaneva asciutto per tutta l’estate, fino alle piogge autunnali; per questa ragione, la gente del luogo si recava ad attingere alla sorgente di Liberi19Referenti, in ordine cronologico, sono stati il sig. Dante Colucci, il dott. Giuseppe d’Agostino, l’insegnante Maria Biasucci, il sig. Filippo Applauso e la sig.ra Giuseppina D’Agostino, di Liberi. nella quale l’acqua vi è stata sempre sufficiente ai bisogni degli abitanti e non è mai venuta meno anche quando s’è prolungata la siccità.20Bernardino Di Dario, Notizie storiche della Città e Diocesi di Caiazzo, Lanciano, G. Carabba, 1941, pp. 277-278. 
E qui, omettendo pure le ipotesi e le deduzioni conclusive alle quali pervenni e formulai, dirò soltanto che, oggi, la struttura risulta differente, ma il 21 di aprile, a Liberi, ricorre ancora, con sentita partecipazione di popolo, la festa del Patrono sant’Anselmo d’Aosta

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[1] E. Bove,  L’assistenza sanitaria nel monastero del Santo Salvatore, in “Almanacco”, Istituto Storico Sannio Telesino –ISST– (31 ottobre 2021). Id., Acquisto dell’abbazia di San Salvatore nel 1822, in “Almanacco”, ISST, (13 maggio 2023). A. Bove , Lo scriptorium nell’abbazia Benedettina del Santo Salvatorein “Almanacco”, ISST (21 aprile 2023). 
[2] Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, Torino, UTET, 1959, 3 voll., I, pp. 318-319. Claudio Rendina, I Papi. Storia e segreti, Roma, Newton, 1983, p. 326.
[3] Eadmer, Vita, II, cit., XXIX. Cfr. Eadmer, S. Anselmi vita, in Acta Sanctorum, Aprilis II, Anversa, 1675. Eadmer, Vita Anselmi, in Acta SS., Aprilis II, Parigi, in Migne, PL., 158, 45-118.  Per i testi latini sui fatti, cfr. anche Id., Historia Novarum in AngliaR.W. Southern, The life of St. Anselm, p. 106; Giovanni di Salisburgo, Liber de vita Sancti Anselmi, in Luigi Cielo, L’abbazia normanna di San Salvatore de Telesia. Stazione di ospitalità sulla via Latina, in “Annuario”, Associazione Storica Valle Telesina, I, 2016, pp.36 e 45-46, in 27-51. 
[4] Angelo Michele Iannacchino, Storia di Telesia. Sua diocesi e Pastori, Benevento, D’Alessandro, 1900, pp.62 e  94-95.
[5] Una, in tondo, lo è nell’aspetto, vid. Giuseppe Bailone, Anselmo d’Aosta, in “homolaicus.com”; altra, in ovale, lo è, con bacolo nella mano destra e libro nella sinistra, nel Sigillo di Anselmo arcivescovo per grazia di Dio.
[6] Cfr. AA.VV., Nuovissimo Dardano,  Dizionario della lingua italiana, Roma, Armando Curcio Editore., 1982, alle voci. 
[7] Eadmer, Vita, II, XXX. Cfr. pure Benedetto Calati, Anselmo di Aosta, in AAVV., Bibliotheca Sanctorum, Pontificia Università Lateranense, Roma, Città Nuova, 1998, 12 voll., II, colonna 12, in 8-19. 
[8]  1 Cor, 5,22, in Eadmer, Vita,  II, XXX.
[9] Cfr. Alfonso Abbamondi, S. Anselmo d’Aosta nella Storia, nella Pedagogia e nella Filosofia, Napoli, Melfi e Joele, 1911, pp. 83-86. 
[10] Eadmer, VitaI, XIII e  II, XXX.
[11] Id., ibid. II, XXXI. Potrebbe essersi trattato di una sorgente che si esauriva, via, via, nei mesi estivi oppure era del tipo così detto intermittente, peraltro conosciuto e descritto già nell’Evo Antico,  cfr. Lucio Anneo Seneca, Questioni naturali, a cura di Dionigi Vottero, Sancasciano, TEA, 1990, 16, 1, pp. 410-411. 
[12] Eadmer, II, XXXI.
[13] Id., ibid.
[14] Anselmo, Monologion,  1, 64 in N. Abbagnano, cit.,  p. 320.
[15] Eadmer, Vita, II, XXXI. Per il testo latino circa le vicende attinenti al pozzo, cfr. anche Southern, in L. Cielo, cit.
[16] Eadmer, Vita, II°, XXXIIII. Cfr. altresì B. Calati, cit., col. 6-7. N. Abbagnano, cit., I, pp. 319-320 e 330.
[17] Eadmer, Vita, II, XXXIIII.
[18] Dante B. Marrocco, Guida del Medio Volturno, Piedimonte Matese, Associazione Storica Medio Volturno, 1985, p. 80. Vid.  R. Di Lello, Acque sacrali, acque medicinali, in “Clarus”, Piedimonte Matese, Diocesi di Alife-Caiazzo, I, 2-3 (2001) 3, p. 9.
[19]  Referenti, in ordine cronologico, sono stati il sig. Dante Colucci, il dott. Giuseppe d’Agostino, l’insegnante Maria Biasucci, il sig. Filippo Applauso e la sig.ra Giuseppina D’Agostino, di Liberi.
[20] Bernardino Di Dario, Notizie storiche della Città e Diocesi di Caiazzo, Lanciano, G. Carabba, 1941, pp. 277-278.



Rosario Di Lello

Rosario Di Lello è nato a Napoli il 9 dicembre 1936 ed è residente in Piedimonte Matese. Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Napoli e successiva specializzazione in Chirurgia generale all’Università di Modena è stato aiuto chirurgo presso l’ospedale civile di Piedimonte Matese e, dal maggio 1990, primario del reparto di Pronto Soccorso. Attualmente è pensionato. Dal 1° giugno 1978 è socio corrispondente dell’Associazione Culturale Italo Ispanica “C. Colombo – Madrid”. Negli anni 1972-73, in collaborazione con altri, ha pubblicato alcuni articoli specialistici su riviste mediche. Cultore di storia e tradizioni locali ha pubblicato studi su vari Annuari e collane dell’Associazione Storica del Medio Volturno (sodalizio del quale oltre che socio è stato in passato anche componente del consiglio direttivo) ed in altre riviste e quotidiani regionali.