
A lato di un diverticolo della via Latina, nel tratto Telese-Benevento, nel territorio dell’attuale comune di San Lorenzo Maggiore, alla sommità di una piccola altura (m. 210), denominata Toppo di Limata, si elevano ancora i cospicui resti di un castello detto appunto di Limata1Sui resti del Castello, nei primi anni del 1800, fu realizzata una casa colonica.
Il pianoro, alla sommità della collina, su cui sorgeva era circondato da grosse mura di cinta, con uno spessore di 60-70 cm. e uno sviluppo di circa 900 metri. Lungo il perimetro sono ancora visibili i ruderi di quattro torri circolari con feritoie che fiancheggiavano le mura costituenti le cortine difensive.2A. De Blasio, Guardia Sanframondi, notizie storiche. Appunti su Limata. Napoli 1961 p.144
Il castello costruito nel periodo longobardo e ampliato in epoca successiva, veniva considerato, per la sua posizione strategica, nel sistema viario che congiungeva Benevento a Roma e Napoli, uno dei punti chiave per la difesa della città di Benevento. Il luogo fu abitato fin dalla preistoria, a Limata nel 1915 fu scoperta la Mandorla di Chelles, attualmente conservata nel Museo della Società Antropologica di Parigi. Con questo termine si identifica un utensile, considerato il primo e più antico lavorato dall’uomo.3L’oggetto consiste in una pietra, nel caso specifico di quarzite, lavorata grossolanamente sulle due facce, che ha la forma di una grossa mandorla, rigonfia al centro, con punta e orli affilati. Lunga in genere dai 10 ai 15 centimetri (quella ritrovata a Limata misura 10,3 centimetri di lunghezza, 7 di larghezza e 2,7 di spessore). Era usata, probabilmente, per scuoiare gli animali. Vi sono testimonianze anche del periodo romano quali una pietra tombale di calcare bianco con bassorilievo, rappresentante un uomo e una donna togati a mezzo busto, e una lapide con un’iscrizione latina. Sia la lapide che il bassorilievo, trovati sicuramente nel territorio, erano stati murati sul lato sinistro del portone d’ingresso. Sul lato destro dello stesso era murata invece una scultura di epoca longobarda che raffigurava una figura femminile con pettinatura a taglio corto, indossante corsetto cintura e gonna pieghettata4A. De Blasio, Guardia Sanframondi, notizie storiche. Appunti su Limata. Napoli 1961 p.143
Di queste tre sculture è stata recuperata solo la lapide, con l’iscrizione rotta in più pezzi dei quali ne rimangono solo tre conservati in un deposito del comune di S. Salvatore Telesino5Le altre due furono asportate da ignoti alcune decine di anni addietro.
I resti della lapide, una volta ricomposti, hanno reso possibile la lettura, anche se parziale, del testo.L’iscrizione fu fatta realizzare da una donna di nome Tettaea e dedicata ad un Tettaeus suo patrono e coniuge. Nell’iscrizione compaiono anche i nomi di un Alexandro ed una Faustilla, molto probabilmente figli dei due:
(TETT)AEAO……./ (CONIUG)I ET PATRO(NO)……./ (A)LEXAN(D)RO/ FAUSTILLAE F/ ARCENI.
Nell’anno 2017 sempre nella stessa zona è venuto alla luce un’ara funeraria dello stesso gentilizio che era dedicata, appunto, ad un Quinto Tettaeo Modesto dalla moglie Fabia Prisca, e dal figlio Quinto Tettaeus Iustus:
Q TETTAEO MO / DESTO FABIA PRIS / CA CONIUGI OPTIMO / CUM QUO VIXIT AN / NIS XXXI MENS III / ET Q TETTAEUS IUSTUS / FILIUS PATRI BENE / MERENTI FECERUNT

In questa località, secondo molti storici, vi fu nel 663 la battaglia tra le truppe dell’imperatore Costante II e il contingente Longobardo del conte di Capua Mitola.
L’esercito bizantino partito da Benevento, dopo averla assediata invano, seguendo il tracciato dell’antica via Latina, attraverso la Valle Telesina si stava dirigendo verso Napoli. Dopo aver attraversato, prima il ponte sul torrente Reventa e poi quello sul torrente Alenta, arrivato nella piana di Limata nei pressi del luogo dove fu poi costruita la chiesa e il convento di Santa Maria la Strada, si scontrò con l’esercito longobardo di Mitola, conte di Capua, che stava accorrendo in aiuto dei Beneventani. L’esercito Bizantino fu sconfitto e lo stesso imperatore Costante si salvò a stento fuggendo verso Napoli.
Paolo Diacono riporta la notizia nella sua opera “Historia Longobardorum” scrivendo che la battaglia sarebbe avvenuta “…iuxta fluenta Caloris fluminis, in loco qui usque hodie pugna dicitur, vehementer attrivit”.
La convinzione che la battaglia sia avvenuta proprio in questo luogo è avvalorata da un atto di donazione del 1089 con il quale Baldovino signore del Castello di Ponte fa una cospicua donazione al monastero benedettino di Montecassino. Tra i beni donati vi sono anche sei chiese tra le quali “…Ecclesiam Sancti Iuliani quae constructa est in pertinentia de castello Limatae quae dicitur ad pugnam…“.6L. R. Cielo, Per hanc cartulam offero. Una donazione di, Baldovino di Ponte a Montecassino nel 1089, in “Campania Sacra”, a. 2004, pp. 127-128. Sempre Cielo ipotizza che Baldovino in questo periodo possa essere anche signore di Limata oltre che di Ponte (Un incastellamento in due tempi: Limata e S. Lorenzo nella Valle Telesina (sec. IX-XIV), in Annuario Associazione Storica Valle Telesina, a. 2017, p. 14).
Il luogo, come testimoniato da questo documento, a distanza di vari secoli, conservava ancora il toponimo ad pugnam. La chiesa di San Giuliano, oggetto della donazione, si ritiene, quasi unanimemente, che fosse la cappella dove fu poi ritrovato il quadro della Madonna detta della Strada.
Molto probabilmente la stessa era rimasta sepolta a seguito di qualche straripamento del vicino fiume Calore. Ad avvalorare ulteriormente questa ipotesi vi è un atto del notaio F. Ferraro del febbraio 1674, dove viene riportato che la chiesa di S. Maria della Strada è ubicata nei pressi del fiume Calore, vicino al torrente Ianare in “ loco ubi dicitur S. Giuliano”.7L. R. Cielo, Un incastellamento in due tempi: Limata e S. Lorenzo nella Valle Telesina (sec. IX-XIV), in Annuario Associazione Storica Valle Telesina, a. 2017, pp. 7-11.
Attualmente l’antica cappella di San Giuliano costituisce la cripta della chiesa di Santa Maria la Strada, costruita a seguito del rinvenimento della sacra immagine della Madonna.
Il castello di Limata, nell’anno 844, fu devastato e saccheggiato dai Saraceni. Era accaduto che nel luglio 839 veniva ucciso il principe longobardo di Benevento Sicardo. A succedergli sul trono fu il suo tesoriere Radelchi. A questi si oppose Siconolfo fratello del principe ucciso. La lotta divenne particolarmente cruenta quando Radelchi chiamò in suo aiuto i Saraceni d’Africa e Siconolfo quelli della Spagna. Nell’844 i Saraceni alleati di Radelchi, comandati dal feroce Massar, seguendo il percorso dell’antica via Latina, mossero da Benevento per la Valle Telesina. Il castello di Limata fu espugnato e saccheggiato. Dopo Limata i Saraceni si mossero verso Telese che cinsero d’assedio. La città, che all’epoca, era protetta da una poderosa cinta muraria, fu presa per sete dopo che i Saraceni avevano tagliato la condotta d’acqua che l’alimentava.

Durante la dominazione Normanna, Limata come gli altri castelli dei dintorni, appartenne alla contea di Telese. Nel 1134 il castello di Limata fu assediato dall’esercito del re Ruggero II che, nel corso della guerra contro il cognato Rainulfo, dopo averlo espugnato lo mise a ferro e fuoco. Queste vicende furono dettagliatamente raccontata dall’abate Alessandro da Telese nel cap. LXI della sua opera “De Rebus Rogerii Siciliae regis”: presa dunque Nocera ed assegnatavi una guarnigione per la sua custodia, il re si dedicò di nuovo all’occupazione delle terre del conte Rainulfo. Quindi radunato l’esercito mosse per Paduli, successivamente si affrettò per conquistare il castello di nome Ponte, che un feudatario di nome Baldovino il Grande possedeva in nome del conte Rainulfo. I Pontesi vedendo da lontano l’immenso numero di gente d’armi ne restarono atterriti e come questi si avvicinarono, senza nessuna resistenza gli consentirono di entrare. Occupato Ponte, subito lo stesso giorno si affretta ad assalire la fortezza o il castello di nome Limata, il quale immediatamente occupato viene saccheggiato e alla fine è interamente distrutto da un incendio. Anche questo era infatti di un altro feudatario del predetto conte, il cui nome era Rodolfo di Bernia.8Alexandri Telesini Abbatis, Historia Rogerii Regis Sicilie Calabrie Atque Apulie, a.c L. De Nava-D. Clementi, Roma 1991, II,61, pp. 132-133.
Dopo la morte del conte Rainulfo II, avvenuta a Troia nel 1139, e la pace con il papa Innocenzo II, il re Ruggero, pacificato definitivamente il Principato di Capua, procede ad una ridistribuzione del territorio favore dei suoi sostenitori nella guerra contro Rainulfo.
Il castello di Limata insieme a Ponte, S. Lorenzo, Guardia, Cerreto, Pietraroia, Faicchio e Massa Superiore ed Inferiore venne assegnato a Guglielmo I Sanframondo, figlio del capostipite Raone.
I Sanframondo insediatosi nel castello di Limata ne fecero la loro dimora abituale, prima di trasferirsi a Guardia e Cerreto, e tra alterne vicende, furono signori di Limata e degli altri castelli fino al 1461 quando a seguito della congiura dei baroni furono, da re Ferrante d’Aragona, privati di tutti i loro possedimenti.
Tolta ai Sanframondo, Limata passò in possesso dei Carafa che la tennero, tranne che per un breve periodo, nel XVI secolo, fino all’abolizione del regime feudale.
All’interno delle mura del castello si sviluppò un’importante comunità Benedettina grazie alla quale il luogo fu un centro religioso e socio-culturale, molto florido tra i secoli XII e XIV.
Alcuni studiosi9A. M. Iannacchino, Storia di Telesia. Sua diocesi e pastori. Benevento, 1900, p. 166. N. Vigliotti, Limata e S. Lorenzo Maggiore, Marigliano 1977, p. 50, rifacendosi a un diploma del 774 con il quale Arechi II donava all’abbazia di S. Sofia di Benevento: “… Seu et ecclesiam Sancti Stephani, que posita est in Strata quam Rimecausus Abbas a fundamentis edificavit, et per suam cartulam ipsam ecclesiam cum omnibus sibi pertinentibus Monasterio Sancte Sophie tradedit …“. affermano che già da questa data, nel territorio di Limata, vi fosse un insediamento benedettino con annessa chiesa detta di “Santo Stefano a Strada”.Lo stesso documento cita anche la chiesa di S. Adiutore in S. Agata di Limata “… sed et ecclesiam Sanctii Adiutorii in Sancta Agathe in finibus Limate ubi Sambucitu dicitur …”10Chronicon Sanctae Sophiae, ed. J.M. Martin, Roma 2000, p. 299. S. Borgia, Memorie Historiche della Pontificia Città di Benevento. Ed. Forni (ristampa), Bologna, 1968, p. 280.
Lo storico L.R. Cielo in un suo recente studio11L. R. Cielo, Un incastellamento in due tempi: Limata e S. Lorenzo nella Valle Telesina (sec. IX-XIV), in Annuario Associazione Storica Valle Telesina, a. 2017, p.12 ha confutato questa tesi, ritenendo che le chiese, citate nel predetto documento, sono da collocare da tutt’altra parte.
Oltre alle citate chiese c’erano ancora quelle di S. Giuliano, S. Leone, S. Leonardo e S. Marzano.
Un discorso a parte merita la chiesa di Santa Maria, presente all’interno delle mura del castello. Di questa chiesa si hanno notizie già dal 1187. Risale a tale anno la datazione di una pergamena redatta da “… Gaufrido Limatano iudex …” dalla quale risulta che ” Balco Lupo Domni Johannis ” abitante in Limata, donò al monastero di S. Maria della Grotta o di Monte Drago un terreno confinante con beni di “Sancte Marie de Limata”.12J. Mazzoleni, Le Pergamene della Società Napoletana di Storia Patria – Il fondo pergamenaceo del monastero di S. Maria della Grotta. Napoli 1966, pp. 64-65
Ad essa è stata sempre rivolta un’attenzione particolare perché secondo una consolidata tradizione popolare in un terreno nei suoi pressi fu ritrovata l’antica statua dell’Assunta venerata in Guardia Sanframondi.
Ci sono varie versioni leggendarie di come avvenne il ritrovamento, la più diffusa racconta di un contadino che stava conducendo due buoi aggiogati all’aratro, le bestie, giunte nel luogo dove un tempo sorgeva la chiesa di Santa Maria di Limata si inginocchiarono rifiutandosi di proseguire. L’uomo cercò in tutti i modi di farle alzare senza però riuscirvi, nel contempo sentì provenire dal sottosuolo un suono di campanelli, preso dalla paura si affrettò ad avvertire altre persone del luogo e insieme, scavando fra le macerie della chiesa, da cui aveva sentito provenire il suono, scoprirono prima le campanelle e poi la statua della Madonna.
Questa per diritto doveva spettare ai Laurentini perché erano stati loro a trovarla ed il rinvenimento era avvenuto nel loro territorio. Quando, però, cercarono di spostarla, per portarla nella chiesa di San Lorenzo, la statua si rese inamovibile.
Del ritrovamento vennero a conoscenza gli abitanti di Guardia Sandramondi i quali recatosi sul luogo incominciarono, con ardore, a battersi a sangue il petto. Quando poi, dopo la penitenza, si accinsero a sollevare la statua si accorsero che era diventata leggerissima. Considerando questo un chiaro segno di benevolenza e di preferenza nei loro confronti la portarono senza altri ostacoli a Guardia.
Il castello di Limata, e il piccolo centro che intorno ad esso si era formato, rimasero disabitati del tutto o con una popolazione molto ridotta tra il 1588 e il 1593.
Dai documenti conservati nell’Archivio della Curia di Cerreto e riportati da monsignor Iannacchino nella sua “Storia di Telesia…”, si evince che in un atto del 1588 viene citata una convenzione tra il parroco di Santa Maria di Limata ed il Vescovo di Cerreto, quindi in tale data la chiesa era ancora funzionante ed aveva il suo parroco. Ancora monsignor Iannacchino rifacendosi sempre a documenti dell’Archivio della Curia di Cerreto riferisce che prima monsignor Bellocchi, nel 1593, e poi monsignor Leone, nel 1609, convertirono le rendite parrocchiali di S. Maria di Limata a beneficio del Seminario di Cerreto essendo rimasta soppressa tale Chiesa Arcipretale per difetto di abitanti.13A. M. Iannacchino, Storia di Telesia. Sua diocesi e pastori. Benevento, 1900, p. 161.
La chiesa in seguito all’abbandono andò in rovina divenendo “rifugio di greggi che facevano molto stabulo dentro di essa e per sopra gli altari“14Arch. Curia Vescovile – Cerreto S., Atti Criminali, aprile 1600
Dopo il 1806 il principe D. Marzio Carafa vendette la collina di Limata ai canonici D. Lorenzo e D. Giovanni Rossi di S. Lorenzo Maggiore. Costoro, sui ruderi del Castello, costruirono una casa rurale, e nel 1825, con l’assenso del Vescovo, restaurarono ed abbellirono a loro spese la chiesa di S. Maria di Limata.

Ai nostri giorni cosi come scriveva il famoso antropologo Abele De Blasio:
La, ove c’era la città scomparsa, c’è oggi la terra bonificata e vi allignano gli oliveti, i frutteti; ivi la vite può stendere i suoi verdi tralci perché ormai non vi aleggia più lo spettro della dea Mefite. Invano oggi il visitatore cercherà le vestigia delle case della vecchia Limata; solo i resti delle mura dell’antico maniero turrito e merlato, al presente ridotto a modesta casa colonica ci ricorda quel medioevo pieno di sangue, di intrighi e di amore. Ivi vissero quei Longobardi, dapprima pagani e poi altamente pii, tanto che donavano ogni loro avere ai monasteri per la redenzione dell’anima; quivi sostarono quei Normanni, or prodi or ribaldi. Ecco i ruderi di fortilizi, sparsi per le alture. Da queste torri le vedette avvistarono i feroci Maomettani d’Africa, quegli Arabi Saraceni i quali, come orribile ciclone di devastazione e di morte, distrussero, saccheggiarono, incendiarono. Da quelle torri i Limatesi opposero resistenza alle truppe di Re Ruggiero il Normanno, che come spettri di lutto e desolazione si riversarono in questa plaga ridente, anch’essi saccheggiando e bruciando, Ma i resti della cappella di Santa Maria, fra cespi d’eriche e di mirti, ci desta il ricordo sebbene torbido, sbiadito e annebbiato di tutti gli altri templi di fede e di pace che esistevano in Limata. Questi templi furono squassati dai terremoti, profanati dai barbari, depredati dai ladri e abbandonati infine dai credenti, i quali, stringendosi al petto le sacre icone e trasportando a spalla le statue dei santi, stabilirono altrove la sede dei loro culti, con sulla schiena sospesa la rossa croce dei Franchi, pronti a servire, a predare, a dominare.15A. De Blasio, Guardia Sanframondi. Notizie storiche. Appunti su Limata, Napoli 1961
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[1] Sui resti del Castello, nei primi anni del 1800, fu realizzata una casa colonica.
[2] A. De Blasio, Guardia Sanframondi, notizie storiche. Appunti su Limata. Napoli 1961 p.144.
[3] L’oggetto consiste in una pietra, nel caso specifico di quarzite, lavorata grossolanamente sulle due facce, che ha la forma di una grossa mandorla, rigonfia al centro, con punta e orli affilati. Lunga in genere dai 10 ai 15 centimetri (quella ritrovata a Limata misura 10,3 centimetri di lunghezza, 7 di larghezza e 2,7 di spessore). Era usata, probabilmente, per scuoiare gli animali.
[4] A. De Blasio, Guardia Sanframondi, notizie storiche. Appunti su Limata. Napoli 1961 p.143
[5] Le altre due furono asportate da ignoti alcune decine di anni addietro.
[6] L. R. Cielo, Per hanc cartulam offero. Una donazione di, Baldovino di Ponte a Montecassino nel 1089, in “Campania Sacra”, a. 2004, pp. 127-128. Sempre Cielo ipotizza che Baldovino in questo periodo possa essere anche signore di Limata oltre che di Ponte (Un incastellamento in due tempi: Limata e S. Lorenzo nella Valle Telesina (sec. IX-XIV), in Annuario Associazione Storica Valle Telesina, a. 2017, p. 14).
[7] L. R. Cielo, Un incastellamento in due tempi: Limata e S. Lorenzo nella Valle Telesina (sec. IX-XIV), in Annuario Associazione Storica Valle Telesina, a. 2017, pp. 7-11.. Appunti su Limata, Napoli 1961.
[8] Alexandri Telesini Abbatis, Historia Rogerii Regis Sicilie Calabrie Atque Apulie, a.c L. De Nava-D. Clementi, Roma 1991, II,61, pp. 132-133.
[9] A. M. Iannacchino, Storia di Telesia. Sua diocesi e pastori. Benevento, 1900, p. 166; N. Vigliotti, Limata e S. Lorenzo Maggiore, Marigliano 1977, p. 50.
[10] Chronicon Sanctae Sophiae, ed. J.M. Martin, Roma 2000, p. 299. S. Borgia, Memorie Historiche della Pontificia Città di Benevento. Ed. Forni (ristampa), Bologna, 1968, p. 280.
[11] L. R. Cielo, Un incastellamento in due tempi: Limata e S. Lorenzo nella Valle Telesina (sec. IX-XIV), in Annuario Associazione Storica Valle Telesina, a. 2017, p.12.
[12] J. Mazzoleni, Le Pergamene della Società Napoletana di Storia Patria – Il fondo pergamenaceo del monastero di S. Maria della Grotta. Napoli 1966, pp. 64-65.
[13] A. M. Iannacchino, Storia di Telesia. Sua diocesi e pastori. Benevento, 1900, p. 161.
[14] Arch. Curia Vescovile – Cerreto S., Atti Criminali, aprile 1600
[15] A. De Blasio, Guardia Sanframondi. Notizie storiche. Appunti su Limata, Napoli 1961