
L’interesse ancor vivo per l’argomento, segnatamente tra giovani, come da ricerca di Anna Luisa Bello su notizie attinenti,1Tel.07 aprile 2021, ore 11 ca. e riscontro, in merito, con email in pari data e tel. successive. mi ha indotto a riconsiderare gli appunti di una indagine che, dal 1970, ho condotto alla luce di tradizioni e di testi in maggior parte manoscritti e inediti e in essi, più in particolare, quanto ho annotato circa l’edificio sacro sito in località Sant’Anna. Allo stato dell’analisi, risulta che la detta storia affonda le radici nel Medioevo e che il tempio, in origine dell’Annunciazione, distava dall’abitato in località Terra Vecchia, distrutto poi dal terremoto del 1688, “per iactum lapidis” e per esso venne fusa una campana con la data 1365 e le effigi della Beata Vergine e dell’arcangelo Gabriele annunziatore,2Pietraroia, Archivio della Parrocchia (APP), AA.VV., Memorie, volume manoscritto, pp. 109-111, 116, 119 e 126. forse la prima.

Dopo alquanto tempo, la venerazione per l’Annunziata era sempre tanto viva che Pietro Paolo De Rustici, vescovo telesino, nel corso della santa visita del 1640, assentì ad opere di restauro e di ampliamento.3R. Pescitelli, Chiesa Telesina, Benevento, Auxiliatrix, 1977, pp. VIII e 175.
Nel 1685, quella casa di Dio si presentava “lunga palmi sessanta, larga palmi vent’uno”; l’entrata, rivolta “all’oriente brumale”, era di “cantoni di pietra lavorati” ed aveva porta di legno doppia con “mascatura et mazza”. Sulla porta v’era “l’arcotrave” in blocchi di pietra. Più in alto, vicino al tetto, s’apriva “un tunno che lo chiamano l’occhio” e, più sopra, stava un piccolo campanile lavorato a blocchi squadrati e in esso la campana.4La descrizione rimanda alla forma della omonima chiesa di Ischia. Cfr. GOOGLE, La chiesa di S. Anna ad Ischia, immagini diverse. Entrando, vi si scorgevano, “a mano destra”, la fornace “ad uso di colarsi le campane” e quindi il “mortaletto dell’acqua benedetta”. Più oltre, v’erano un gradone di “cantoni lavorati” e, tra esso e l’altare, “l’astrico fatto di mattoni” e lo sgabello e la predella in legno.5AA.VV., cit., p. 80.
Sopra l’altare, una cornice e due colonne lavorate a intaglio racchiudevano l’icona che, ad olio su tela, raffigurava l’arcangelo Gabriele con giglio nella mano sinistra e la Beata Vergine, con libro nella mano, rivolta all’angelo; altri elementi della camera erano “uno canistretto dentro lo quale v’è un paro di forbici, un globetto di refe bianca, un centrino con pizzilli”, un letto con “cortina” intorno, il balcone con una “testa” di fiori e, sulla sommità, in quel vano, la figura dello Spirito Santo. In un quadro più in alto, si scopriva riprodotto il “Padre Eterno col mondo in mano”. Da un lato e dall’altro del quadro, in due mezzi archi si vedevano effigiati, a destra, un angelo “che suona il mandoletto” e, a sinistra, un angelo con un libro aperto nella mano. Intorno alle scene descritte stavano sette quadretti “pittati” a stelle e sei a figure: a destra, dal basso, S. Caterina, S. Barbara, e S. Agata, a sinistra , dal basso, S. Cristina, S. Apollonia e S. Lucia. Sopra icona ed altare “vi è(ra) il Paldacchino”; a destra, un quadro raffigurava il Crocefisso “con testa di morto a’ piedi e il Monte Calvario”. Davanti l’altare stavano la lampada di ottone, “con il suo lampero e cascetta”, da accendere nei giorni di festa e la campanella, suonata per annunciare il principio della messa.6Id., ibid., pp. 81-82 Non è improbabile che la parte sacra abbia conservato forma e dimensione per altri tre secoli.

L’arredo sacro, riposto dopo l’uso, dentro una “cascia” di noce e in un “suppedagno” di faggio, era composto da due tonicelle, una pianeta ed un piviale ricamati con le figure dell’ arcangelo Gabriele e della Beata Vergine; da un “altaretto portatile” e quattro tovaglie delle quali una più fine per i giorni festivi e le altre per uso quotidiano; dalle Carte della Gloria e del Principio con il Crocefisso; da due candelieri scolpiti a teste d’angelo e da sei “inorati”, dei quali, due ordinari e quattro a figure di angeli; da “due para” di fasci “di fiori” dei quali uno indorato e l’altro di tela colorata; da un messale nuovo, da un camice, da un “cottino” di tela con “france e panno” di seta, lavorato agli orli.7Id., ibid.
Il luogo di culto possedeva numerosi appezzamenti: “aratorio e laborandino”, a “paludo”, a “chiusa arbostata” a “vigna” e ad “horto”, siti in località Colle della Corte, Cotte, Area dell’occhio, Cappelle, Defensa, Morroncello, Cerqua Parola, Monticello, Metole, Colle Iasazzo, Cannavine, Codacchio, Vigne, Colle di Fazio, Terra Vecchia, Fucina. La superfice dichiarata di 15 fondi su 20 risultava di tomoli 45 e coppe tre; possedeva altresì immobili e armenti che provenivano pur essi da lasciti e donazioni. Le entrate consistevano in denaro e prodotti agricoli nonché nel ricavato da denaro dato in prestito “ad otto per cento” di interesse; a debitori inadempienti e morosi il Vescovo intimava il pagamento entro un dato tempo, di solito tre mesi, pena il divieto di entrare nell’edificio sacro.8Id., ibid., p. 110.
Gli esiti a carico nei “singulis annis”, erano: per la celebrazione di una messa ogni settimana e, nella festa dell’Annunciazione, “di prima et seconda vespere con messa cantata et assistenti”, ducati cinque o cinque e mezzo; per l’acquisto di cera della festività e per i sacerdoti, libbre tre; per la recita del Rosario nei giorni di festa, libbre una. L’Università di Pietraroia contribuiva con carlini 26 ½, ogni anno.9Id., ibid., pp. 110 e 85.
Nella chiesa aveva sede, già nel 1596, la “Confraternita delle donne” sotto il titolo della SS. Annunziata; vi erano “ascritte 80 sorelle” e tra esse ogni anno venivano elette le “procuratrici” che conservavano e compilavano “il libro dell’introito e dell’esito”. Interessante istituto annesso all’edificio sacro era quello dell’assistenza: aveva “domus contiguae hospitalis” nelle quali abitava “diu noctuque hospitalarius” e “domus separatae pro recipiendis peregrinis”; per esso l’Università pagava carlini sette e mezzo l’anno.10Id., ibid., pp. 85; 109-111. Cfr. pure, APP., S.A., Libro delle “consegne” degli eletti, per l’anno 1712, ms.
Il 5 giugno del 1688, un forte terremoto rase al suolo il paese, condusse a morte 172 abitanti in maggior parte donne e bambini e non risparmiò, seppure in misura diversa, le case del Signore. Dopo i primi giorni di smarrimento, i superstiti diedero inizio, più a valle, alla costruzione del nuovo abitato e alla ristrutturazione del tempio di San Paolo per farne la parrocchiale. A distanza di alcuni anni si resero evidenti i segni della ripresa,11Cfr. Rosario Di Lello, E la montagna di Pietraroia tremò. Aspetti di una catastrofe annunciata, in “Rivista Storica del Sannio”, 1, 2009, Napoli, Arte Tipografica, pp. 60-84. tuttavia “rimasta lesa dalla rovina del terremuoto, per ordine di Monsignor Biagio Gambaro” vescovo della diocesi – 1693-1721 – il tempio dell’Annunziata fu “soppresso”. L’Ospedale sopravvisse, ma non per molto.12AA.VV., cit., pp. 85, 110-111,116, 119. Cfr. altresì pp. 90-91, in R. Di Lello, Ebrei in diocesi di Telese (Nota preliminare), “Annuario di storia, cultura e varia umanità”, Associazione Storica Valle Telesina, 2016, pp. 87-94.
Nel 1734, il reverendo Giuseppe Varrone, economo delle “Venerabili Cappelle di S. Paolo, S, Vito e S. Caterina” annesse alla chiesa arcipretale di Pietraroia, si fece promotore di una iniziativa finalizzata a ricostruire quella “diruta della SS.ma Annunciazione” e di intitolarla ai tre santi; sostennero l’idea 32 cittadini che rappresentavano il popolo e 20 preti. La richiesta aveva per motivi “il maggior culto del Sommo Iddio, e di essi santi e il maggior comodo del popolo”, in quanto, in Pietraroia, non ve n’era altra se non l’arcipretale; si domandò pure che rendite e pesi delle cappelle suddette venissero aggregati al costruendo edificio di culto. Il vicario generale emanò decreto favorevole in tutti i sensi e tra essi, come chiesto, di “reaptare, instaurare, et meliorem formam reducere derelictam, et a vetustate consumptam Ecclesiam sub titulo SS.ma Annunciationis extra moenia parum distantem ab Oppido predicto”.13AA.VV., cit., pp. 117-119. Il tempio fu restaurato nella forma che, è verosimile, conserverà fino al XX secolo.

Tempo dopo, la casa del Signore risultava intitolata a S. Anna; ma da quando e perché non è stato possibile, fino ad ora, appurare nel dettaglio. Al riguardo, tuttavia, sembra opportuno porre in rilievo che nei documenti consultati, le descrizioni, anche se minuziose, attinenti anche a luoghi di culto in Pietraroia, non hanno riportato mai riferimento alcuno a chiesa, statua o icona intitolata a S. Anna; non solo: il nome Anna non compare mai tra quelli, comuni o meno, delle 79 donne battezzate dal 1622 al 1643,14Cfr. Id., ibid., pass. e pp. 122-124. delle 130 uccise dal sisma del 1688 e di altre citate nel medesimo elenco, in quanto genitrici di vittime.15APP., Mortuorum 1688 Liber secundus, ms., pp. 1,r.-2,r ; 3,v.-5,r. Insomma, il culto della Santa pare non fosse presente o vivace in loco.
Del 1754, però, è la notizia di una cappella di S. Anna che non possedeva beni e di un legato di ducati 15 fattole da privati cittadini e l’altra, della “solennità” della Santa “con processione”.16Onciario, pp. 369-376. Dal 1789 al 1796 si trovano annotati, in un registro di bilanci, gli esiti delle cappelle riunite di S. Caterina, S. Paolo, S. Vito e S. Anna. Il 3 settembre 1802 venne riportato l’Esito delle “retroscritte Cappelle unite nella Chiesa di S. Anna”. Al riguardo, sembra opportuno rammentare gli esiti per messe cantate, processioni, fuochi d’artificio, musici: zampognari, tamborrieri e ciaramelle, per le feste dei detti santi, rispettivamente nel 25 novembre, 15 giugno, 25 gennaio e 26 luglio; in quei giorni, altresì, due o tre incaricati questuavano, per conto dell’edificio sacro, l’obolo dei fedeli. Nel 1792, ai pellegrini e, tra essi, agli Ebrei fatti cristiani e ai Calvinisti si garantiva, se non il riceveo, almeno un’elemosina.17Pietraroia, Archivio del Comune, Registro rendite ed esiti delle chiese di S. Caterina, S. Vito, S. Paolo e S. Anna extramoenia, 1789-1807, ms., s.p. ma pp. 1 e seg. Cfr. altresì, R. Di Lello, 2016, cit., pp.92-94.

Nel frattempo, l’ossequio per la Santa, presente anche in altri paesi18Cfr. Luciano Sterpellone, I santi e la medicina, Alba, San Paolo, 1994, p. 237-238, 253-254. era cresciuto, specialmente tra le donne non più giovani. A parte le menzionate celebrazioni ufficiali, ne è testimonianza una singolare manifestazione popolare: in breve, “Fare le Focarelle” vuol dire, nella tradizione locale, approntare, in uno spazio aperto di ciascun “vicinato”, cumuli di legna e, a sera, raccogliervisi intorno, darvi fuoco e recitare “la novena” preparatoria alle ricorrenze di San Nicola e di S. Anna. Oltre che con preghiere la Santa veniva invocata con tre canti che ne rammentavano la protezione delle donne sterili, incinte e partorienti, come anche del paese; e si, perché aveva dato alla luce Maria, in età in cui ogni donna non è più in grado di procreare e perché, nel 1805, il 26 di luglio, giorno della festa di S. Anna, un forte movimento tellurico aveva provocato danni ingenti negli abitati del Matese e altrove, ma non in Pietraroia.19R. Di Lello, Le Focarelle. Residui di una religione subalterna in Pietraroja, “Rivista Storica del Sannio”, Benevento, De Toma, III, 1-2, 1985, pp. 65-73, pass.
A metà dell’Ottocento, il tempio già di San Paolo, San Vito e Santa Caterina, risultava, ormai, intitolato a Sant’Anna.20AA.VV., cit., p. 147. R. Di Lello, 1985, cit.
Agli albori del secolo scorso l’alloggio contiguo alla casa di Dio costituiva dimora per un frate laico, l’eremita che, ogni giorno, un’ora prima d’’matutìnu, segnava la sveglia in paese coi rintocchi della campana21R Di Lello, 2016, cit. p. 91. Id. Aspetti della cultura agricola e pastorale sul Matese, in “Annuario 1979” Piedimonte Matese, ASMV, 1980, pp. 64-85. e il ricordo del quale rimane tuttora vivo. Intorno al 1925, la chiesa, ad unica navata, con volta a botte affrescata e, sulla parete di fondo, con altare e, a capo, nicchia e statua di S. Anna, venne chiusa al culto; la vecchia campana del 157822Negli anni Settanta, vi notai, all’esterno, le effigi, in bronzo, dell’angelo e della Vergine con al di sotto, in due righi, l’iscrizione a caratteri di mm 28: ANGELUS . D . NUNCIAVIT . M . ET . CONCEPIT . D . SPUS . SANTO . ECCE . A . DOMINI . + . // F . MIHI . S . VERBUM . TUUM . OPS . SANTILLI . D S D . NEAP . ANNO . D . MDLXXVIII. e le statue lignee della Santa e di S. Vito furono sistemate nella parrocchiale di Santa Maria Assunta; i vani accanto, disabitati, diventarono, è verosimile, rifugio per qualche animale d’allevamento.23Vedi foto. In seguito, a causa dell’ abbandono, tutto andò in rovina e nel 1948-’49 si procedette all’abbattimento, fino alla riduzione dei muri perimetrali in ruderi alti meno o poco più di un metro.24Vedi planimetria. Le Focarelle ebbero luogo ancora nella seconda metà degli anni Ottanta, ma l’ultima volta, con esiguo numero dei partecipanti, rammento, soltanto sopra piazza San Nicola.
Quanto d’altro è accaduto lo ricordano persone non più giovani. Per volontà popolare, specialmente degli anziani devoti a S. Anna, fu deciso di riedificarne l’edificio di culto, sicché un gruppo di giovani, nel 1980, costituì, in seno alla Pro Loco, il “Comitato Costruenda Cappella a S. Anna” e inviò le prime richieste di offerta ai cittadini, residenti ed emigrati. Dall’anno dopo, con i contributi in denaro e in quanto d’altro necessario e con l’opera a titolo gratuito di imprese edili, si procedette, a lotti, nella ricostruzione; i lavori ebbero termine con la sistemazione della vetusta campana, però rifusa nel 1984, a spese del popolo, nella fonderia Capezzuto di Napoli. Per giunta, poiché la festa del Patrono S. Nicola si svolgeva in concomitanza con quella di S. Anna, Nicola Bello, al fine di separarle – come da tradizione –, organizzò pure il “Comitato per la festa di S. Anna” e, con altri giovani, chiese offerte al riguardo. Insomma, il 26 luglio del 1985 e con il popolo esultante, il vescovo mons. Felice Leonardo consacrò la chiesa intitolata a Sant’Anna. La manifestazione sacra proseguì, lungo le vie del paese, con processione accompagnata da preghiere, canti, suoni di banda musicale e fuochi d’artificio; poi, si fece ritorno in S. Maria Assunta.25Nicola Bello, La ricostruzione della chiesa di S, Anna, Pietraroia, email, 03-5-2021. Cfr. pure Domenico Falcigno, Cronistoria delle campane e delle cappelle di Pietraroia, Comitato Civico Pro Campana – Pro Loco, 2010, pp. 9-11.
Ed oggi? Per il “Giardino della vita”, quattro degni cittadini hanno cavato, in data 9 aprile u.s. e a titolo gratuito, buche in fila e a lato dello spazio antistante la chiesa di S. Anna; due giorni dopo, alle ore 15, dieci giovani, meritevoli volontari del servizio parrocchiale diretto da don Donatello Camilli, vi hanno messo a dimora “piante di diversa specie, ognuna dedicata ad uno dei defunti che ci ha lasciato dal 2019”; s’è tenuto da conto che “il ricordo è un modo di incontrarsi”26Ref. e foto, A. L. Bello, cit., Whats App, 11.4.2021, ore 17-18, email e tel. e, aggiungo, “di rivivere insieme il passato, anche di un luogo benedetto”.
Combinazione singolare, e concludo, è che, se la chiesa di S. Anna era stata, in origine, quella che ricordava l’Annunciazione, da parte di un angelo alla Vergine Maria, della nascita di Gesù, 27Ref. e foto, A. L. Bello, cit., Whats App, 11.4.2021, ore 17-18, email e tel. in seguito diventò quella della Santa alla quale, da un angelo, ancora prima, era stata annunciata la nascita di Maria.28Cfr. Protovangelo di Giacomo e Pseudo Vangelo di Matteo.
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[1] Tel. 07 aprile 2021, ore 11 ca. e riscontro, in merito, con email in pari data e tel. successive.
[2] Pietraroia, Archivio della Parrocchia (APP), AA.VV., Memorie, volume manoscritto, pp. 109-111, 116, 119 e 126.
[3] R. Pescitelli, Chiesa Telesina, Benevento, Auxiliatrix, 1977, pp. VIII e 175.
[4] La descrizione rimanda alla forma della omonima chiesa di Ischia. Cfr. GOOGLE, La chiesa di S. Anna ad Ischia, immagini diverse.
[5] AA.VV., cit., p. 80.
[6] Id., ibid., pp. 81-82.
[7] Id., ibid.
[8] Id., ibid., p. 110.
[9] Id., ibid., pp. 110 e 85.
[10] Id., ibid., pp. 85; 109-111. Cfr. pure, APP., S.A., Libro delle “consegne” degli eletti, per l’anno 1712, ms.
[11] Cfr. Rosario Di Lello, E la montagna di Pietraroia tremò. Aspetti di una catastrofe annunciata, in “Rivista Storica del Sannio”, 1, 2009, Napoli, Arte Tipografica, pp. 60-84.
[12] AA.VV., cit., pp. 85, 110-111,116, 119. Cfr. altresì pp. 90-91, in R. Di Lello, Ebrei in diocesi di Telese (Nota preliminare), “Annuario di storia, cultura e varia umanità”, Associazione Storica Valle Telesina, 2016, pp. 87-94.
[13] AA.VV., cit., pp. 117-119.
[14] Cfr. Id., ibid., pass. e pp. 122-124.
[15] APP., Mortuorum 1688 Liber secundus, ms., pp. 1,r.-2,r ; 3,v.-5,r.
[16] Onciario, pp. 369-376.
[17] Pietraroia, Archivio del Comune, Registro rendite ed esiti delle chiese di S. Caterina, S. Vito, S. Paolo e S. Anna extramoenia, 1789-1807, ms., s.p. ma pp. 1 e seg. Cfr. altresì, R. Di Lello, 2016, cit., pp.92-94.
[18] Cfr. Luciano Sterpellone, I santi e la medicina, Alba, San Paolo, 1994, p. 237-238, 253-254.
[19] R. Di Lello, Le Focarelle. Residui di una religione subalterna in Pietraroja, “Rivista Storica del Sannio”, Benevento, De Toma, III, 1-2, 1985, pp. 65-73, pass.
[20] AA.VV., cit., p. 147. R. Di Lello, 1985, cit.
[21]R Di Lello, 2016, cit. p. 91. Id. Aspetti della cultura agricola e pastorale sul Matese, in “Annuario 1979” Piedimonte Matese, ASMV, 1980, pp. 64-85.
[22] Negli anni Settanta, vi notai, all’esterno, le effigi, in bronzo, dell’angelo e della Vergine con al di sotto, in due righi, l’iscrizione a caratteri di mm 28: ANGELUS . D . NUNCIAVIT . M . ET . CONCEPIT . D . SPUS . SANTO . ECCE . A . DOMINI . + . // F . MIHI . S . VERBUM . TUUM . OPS . SANTILLI . D S D . NEAP . ANNO . D . MDLXXVIII.
[23] Vedi. foto.
[24] Vedi planimetria.
[25] Nicola Bello, La ricostruzione della chiesa di S, Anna, Pietraroia, email, 03-5-2021. Cfr. pure Domenico Falcigno, Cronistoria delle campane e delle cappelle di Pietraroia, Comitato Civico Pro Campana – Pro Loco, 2010, pp. 9-11.
[26] Ref. e foto, A. L. Bello, cit., Whats App, 11.4.2021, ore 17-18, email e tel.
[27] Cfr. Vangelo di Luca, I, 26-38.
[28] Cfr. Protovangelo di Giacomo e Pseudo Vangelo di Matteo.