
Il 2 dicembre 1822 la famiglia Pacelli di San Salvatore acquisì al suo patrimonio una serie di terreni mediante una compravendita con il Duca di Miranda. Tra i beni acquistati figurarono anche i ruderi dell’antica Abbazia benedettina del Santo Salvatore, un’istituzione monastica risalente l’anno Mille e che aveva ospitato sant’Anselmo d’Aosta e Ruggero II il Normanno.
La sua proprietà, come la maggior parte dei beni del circondario, apparteneva allo stesso Duca di Miranda, al secolo Onorato Gaetani d’Aragona. Nono duca di Laurenzana ed ultimo signore di Piedimonte d’Alife, Onorato Gaetani era, infatti, un personaggio tra i più facoltosi ed influenti della vita politica locale: cavallerizzo della Regina e Socio di Accademie scientifiche nazionali ed estere, aveva vissuto vicissitudini turbolente ai tempi della Repubblica Napolitana a cui aveva aderito e per cui venne esiliato nell’isola di Pantelleria. Fu tolto dall’esilio da Gioacchino Murat che lo nominò Prefetto di Napoli. Successivamente, rientrata sul trono la casa Borbone, fu perdonato dal Re e nominato Gentiluomo di Camera con esercizio. Nel 1831 venne nominato da Ferdinando II Ministro Consigliere di Stato e nel 1837 Luogotenente Generale in Sicilia.
La casa Gaetani, secondo l’ipotesi più comune, era originaria della Spagna, emigrata in Italia nell’anno 773. Giovanni, un suo discendente e potente Capitano, fu innalzato alla dignità di Patrizio da Giovanni Picingli, Patrizio greco, per toglierlo dalla lega che aveva fatto coi Saraceni. Pervenne Giovanni ad essere Duca di Gaeta e con l’aiuto del Pontefice Giovanni X, e di altri potenti signori, scacciò i Saraceni nell’anno 915. Da questo Giovanni discesero, poi, i Duchi di Gaeta, i quali, dal nome della loro patria, si dissero Gaetani o Caetani, nome che tramandarono ai loro discendenti.[1]
La famiglia Pacelli di San Salvatore acquistò dal Duca di Miranda una serie di beni. L’atto di compravendita venne stipulato in Napoli il 2 dicembre 1822 da parte del notaio Gennaro Ranieri Senti del fu Donato Maria, certificatore del distretto di Napoli e residente allo studio via strada nuova Monte Oliveto n. 5. Venne poi registrato il 14 dicembre 1822 dal notaio Antonio Biase Maturo del fu Francesco, residente in Amorosi, provincia di Terra di Lavoro, strada di Telese.
Sottoscrittori all’atto della compravendita furono:
- Eccellentissimo sig. don Onorato Gaetani d’Aragona, duca di Miranda, figlio del fu don Giuseppantonio, Cavaliere dell’insigne Real Ordine di San Gennaro e Cacciatore Maggiore di Sua Maestà, domiciliato in Napoli Strada fuori la Demolita Porta di Chiaia n. 142
- Don Michele Pacelli (figlio del fu don Salvatore) e procuratore di suo fratello Gennaro Pacelli domiciliato in San Salvatore.
Gennaro e Michele Pacelli erano entrambi figli del notaio Salvatore (1713-1778) che aveva procreato in tutto dieci figli. Il terzo figlio, Gennaro (1742-1825), dottore in Diritto, non intervenne all’atto perché cagionevole di salute, tanto che, per tale motivo, già da alcuni anni non esercitava la professione.[2] Michele (1757-1838), invece, ultimo dei dieci figli di Salvatore Pacelli, esercitava la professione di notaio.
Il prezzo complessivo pattuito per la compravendita fu di 22 mila ducati, di cui 7 mila da corrispondere al momento della stipula del contratto e 15 mila da versarsi in tre anni in rate di 5 mila ducati l’anno.
La compravendita riguardava la “Masseria di campo”, con più di 170 moggi (circa 53 ettari) in tenimento di San Salvatore, consistente in undici pezzi distinti acquistati nel 1798 dal Marchese Don Nicola Viverenzio, Delegato del Re per la vendita della Badia e Regi benefici appartenenti al soppresso Monte Frumentario. Riguardava, inoltre, 18 moggi acquistati con istrumento del notaio Nunzio Pacitro di Napoli il 3 giugno 1798 con approvazione di sua Maestà, del Marchese fu Don Nicola Viverenzio delegato dalla Maestà Sua per la vendita dell’antica abbazia e Regi benefici appartenenti al soppresso Monte frumentario quali fondi che appartenevano alla Badia vacante di San Salvatore in Diocesi di Telese e Cerreto censiti in tenimento di detto Comune di San Salvatore sul prezzo e coi patti contenuti in detto istrumento, senza diritto di ricompra e scevri da ogni peso e servitù, eccettuato quello della pubblica imposta.
Questi, nello specifico, i beni acquistati dalla famiglia Pacelli, così come riportati nella stesura dell’atto di compravendita:
- – 28 moggi in luogo detto “la montagna della Rocca” ossia la Costa tutto oliveto
- – 8 moggi in località detta “la Creta”
- – 14 moggi in località detta “le Cardarelle”
- – 75 moggi in località detta “Pantano”
- – 12 moggi in località detta “la Starza”
- – 6 moggi in località detta “Pezza del lago”
- – 18 moggi alla “Piana di Telese”
- – 12 moggi in località detta “san Vincenzo”
- – 2 moggi in località detta “Viscariello”
- – 16 moggi presso la località detta “imperiale” presso le mura dell’antica città di Telese
- – 7 moggi in località detta “la pezza”
- – 2 moggi in località detta “purgatorio”
Al momento dell’acquisto, l’antica abbazia benedettina del Santo Salvatore, era lontana dagli antichi fasti vissuti in epoca medievale e si presentava in uno stato di degrado e di abbandono.
Nell’atto di compravendita il sito veniva così descritto: «un casamento del tutto diruto ed inabitabile comprendendo l’antica Chiesa ed Eremitaggio dei Benedettini, con due piccoli giardini murati che insieme comprendevano l’estensione di 1 moggio1Moggio=unità di misura agraria in uso prima dell’adozione del sistema metrico decimale, con valori diversi in varie province italiane. A volte utilizzato come sinonimo di “tomolo”. Corrispondeva generalmente a 3.387 mq. A. Ferrario, Piccolo dizionario di metrologia generale, Ed. Zanichelli. Bologna, 1959 e passi 26, di provenienza dai Regi demani tramite l’Intendente di Terra di Lavoro Signor Don Michele Bassi duca di Alanno e Edoardo Bontet direttore dei demani (vendita fatta nel Palazzo della Intendenza di Terra di Lavoro il 1 agosto 1810, registrato in Capua il 4 agosto 1810). Il casamento e i giardini sono censiti nel catasto provvisorio del Comune di San Salvatore sotto l’articolo 96 in testa del Sig. Duca di Miranda di rendita ducati 745 e grana 74 il di cui certificato estratto dal Sig. Antonio Fusco Cancelliere di detto Comune, vistato dal Sindaco Signor Felice de Toro nel dì 30 novembre 1810 registrato in Guardia Sanframondi il detto dì foglio 89 sotto il n° progressivo 1350».
La famiglia Pacelli utilizzò l’antica struttura monastica per adibirla a mulino.

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[1] Altri storici ritengono che la famiglia Gaetani fosse, invece, originaria di Anagni, sortita dalla famiglia Anicia, romana dalla quale uscirono anche la Frangipane, la Pierleone, l’Aquino e la Casa imperiale d’Austria. R. Marrocco, Memorie storiche di Piedimonte d’Alife, Ed. La Bodoniana, Piedimonte d’Alife, 1926.
[2] «La salute di lui a quarant’anni diventa debole e malsana, ma per l’esattezza del suo vivere menò innanzi la sua vita fino all’anno 1825 essendosene morto con idrotorace al 25 luglio». Cfr.: Notizie Genealogiche della famiglia Pacelli, Manoscritto senza data in Archivio Pacelli.
[3] Moggio=unità di misura agraria in uso prima dell’adozione del sistema metrico decimale, con valori diversi in varie province italiane. A volte utilizzato come sinonimo di “tomolo”. Corrispondeva generalmente a 3.387 mq. A. Ferrario, Piccolo dizionario di metrologia generale, Ed. Zanichelli. Bologna, 1959.