Venti anni fa, con la legge n.211 del 20 luglio 2000, l’Italia istituiva la celebrazione della Giornata della Memoria per il 27 gennaio, giorno in cui, nel 1945, venne liberato il campo di concentramento di Auschwitz grazie ai contingenti sovietici. Da quel momento in poi, la sensibilità sull’argomento andò sempre di più ad intensificarsi così come, d’altra parte, presero vita anche assurdi movimenti revisionisti o addirittura negazionisti. La cosa migliore per arginare tali fenomeni, fu quella di creare un dialogo tra i sopravvissuti della Shoah e i giovani, soprattutto all’interno delle scuole. Persone che con grande coraggio ripercorsero la loro sofferenza cercando di creare una profonda empatia con i posteri.
Questo piccolo scritto però cercherà di commemorare uno di questi sopravvissuti che nel corso della sua vita non ha mai raccontato il dramma della sua prigionia in un campo di sterminio. Nel Novembre 2019, il Presidente della Pro Loco di Sant’Agata dei Goti, il prof. Claudio Lubrano venne contattato dallo storico e direttore del museo della Shoah, Marcello Pezzetti. Le richieste dello storico furono quelle di ottenere delle informazioni biografiche su un certo Carmine Iannotta, nato il 1916 e morto il 1992.
Con la scoperta di incredibili documenti, si ricostruì il tremendo esodo che il cittadino santagatese dovette affrontare dal 1941 fino al 1945. Il documento chiave, e più impressionante, fu un elenco di ricoverati dell’ospedale di Auschwitz, allestito dai russi dopo la liberazione. In tale scritto, ritrovato dallo stesso prof. Pezzetti, era contenuto il nome di Carmine Iannotta con le sue generalità in questo modo: Janota Karmine 1916 residente a via Palmentata, Sant’Agata dei Goti.

Carmine Iannotta nacque il 28 agosto 1916 a Sant’Agata de’Goti in località Palmentata. Dopo una giovinezza difficile a causa della povertà del contesto sociopolitico del tempo, si arruolò volontario come allievo sottoufficiale insieme a 3 dei suoi fratelli. Resosi conto di non essere portato per la vita militare, ottenne un congedo nel dicembre del 1937 per dedicarsi all’attività agricola. Dopo essersi sottratto a più convocazioni belliche obbligatorie, venne denunciato e condannato nel dicembre 1941. Dopo un iniziale periodo di carcere a Salerno venne prelevato dai tedeschi il 20 settembre del 1943 per essere spostato nel carcere militare di Peschiera del Garda. Due giorni dopo fu trasferito e schedato (come prigioniero politico-militare) nel campo di sterminio di Dachau in Baviera, numero di matricola 53882. Il 6 gennaio 1944 fu deportato in Polonia e rinchiuso nel campo di Majanek-Lubino per poi arrivare ad Auschwitz qualche mese dopo. Nei processi di schedatura, i suoi dati vennero completati dalla matricola 183105, numero che gli venne tatuato sul braccio sinistro. Poco dopo la liberazione, subì l’amputazione della gamba sinistra a causa di una infezione e tornò a casa solo nel luglio del 1945. Documenti del distretto militare di Benevento del 30 luglio 1945 ne attestano la certezza. L’anno seguente sposò Margherita Grasso con cui ebbe 11 figli. Passò la sua esistenza dedicandosi alla vita agreste e alla sua famiglia senza far mai cenno, salvo rari momenti di ira, alla sua tremenda esperienza, cercando di lasciarsela alle spalle per sempre. Probabilmente anche per dei postumi dovuti alle tragiche esperienze dei campi, la già cagionevole salute di Carmine ebbe altre complicazioni e si spense, assistito dalla sua numerosa famiglia, il 4 dicembre del 1992. 

Non sapremo mai se la volontà di tacere il suo dramma, fosse dovuto al trauma dell’esperienza o magari da una reale mancanza di consapevolezza di ciò che realmente stesse accadendo. Un’ipotesi non esclude l’altra, è importante però rendersi conto della sofferenza di un essere umano, che come tantissimi altri uomini e donne, soffrì in solitudine per l’infinita crudeltà di altri individui della sua stessa specie.
Questa incredibile scoperta ha suscitato una profonda commozione: la Pro Loco di Sant’Agata, già molto sensibile su questi argomenti, con l’aiuto di altre istituzioni come il museo della Shoah e l’Università telematica Giustino Fortunato, si è impegnata a celebrare la memoria di Carmine con una manifestazione culminata con l’inaugurazione di in piccolo spazio comprendente di un ulivo e targa commemorativa in onore del santagatese. La speranza è quella di riuscire a commemorare tutte le voci come questa, taciute dalla sofferenza e che assolutamente meritano di essere rievocate, perché solo con la memoria del dolore, la solidarietà umana può realmente prendere atto di se stessa.



Nicola Ciervo

Dottore in Archeologia e Scienze Storiche, ha svolto diverse campagne di scavo alla necropoli del Cigno a Macchia Valfortore (CB), con l’Università degli studi di Napoli Federico II e alla necropoli di Crocifisso del tufo a Orvieto (TR), con il Parco Archeologico Ambientale dell’Orvietano e l’ Università dell'Arizona. È attuale vicepresidente della Pro Loco di Sant’Agata dei Goti (BN) dove svolge anche la funzione di OLP per il Servizio Civile Universale. È giornalista tirocinante presso la testata QuasiMezzogiorno. Sì è occupato di alcuni ambiti di archeologia della produzione del Sannio caudino. Attualmente si interessa alle istituzioni sociali e militari del Medioevo. È vice Presidente dell'Istituto Storico Sannio Telesino.