“Nel territorio di questo paese (Torrecuso) è il così detto Ponte Fenucchio sul Calore, e lo si vede sulla sinistra sponda, andando in ferrovia verso Napoli, oltrepassata la stazione di Vitulano. Poggia, il ponte, su d’una collina rocciosa, messa a cavaliere del fiume, coverta interamente di ruderi di vetuste fabbriche, che, cominciando dall’alto, estendonsi verso il dietrostante piano a destra. Era ivi situato il paese, chiamato Fenucchio, sede di una baronia normanna di una certa importanza, e che da esso prendeva nome; sull’alto torreggiava il castello dei dominatori longobardi e poscia dei normanni. 1A. Meomartini, I Comuni della Provincia di Benevento. Stabilimento Lito Tipografico De Martini, Benevento 1970, p. 222

Così, nella seconda metà del 1800, descriveva il luogo lo storico Alfonso Meomartini nella sua opera dal titolo “I Comuni della Provincia di Benevento”. Il primo documento, finora conosciuto, che cita questa località è una “Chartula oblationis et confirmationis” del maggio 1112. Ugo, figlio del fu Ugo Infante, ricorda che suo padre aveva offerto a Montecassino le chiese di S. Pietro da Russano e di S. Giovanni, site nel territorio del castello di Toro Helicuso (Torrecuso), di S. Giorgio, sita nel territorio del castello di Feniculus (Finocchio), di S. Martino, sita nel territorio del castello di Turre Palatii (Torre Palazzo), di S. Angelo, sita nel territorio del castello di Caprarica (Caprara), e di S. Gennaro, sita nel territorio di Benevento. Con questo documento Ugo conferma all’abate Girardus la donazione di queste chiese, per la salvezza della sua anima e di quella dei propri genitori.2V. De DonatoLe carte del secolo XII della Biblioteca Capitolare di Benevento, Università di Roma, Istituto di Paleografia, tesi, 1952, n. 4, pp. 25-27. L. R. CieloIuvat castris montem qui dicitur Matese et magnum vestire Taburnum: Guardia, Torrecuso, Via Francigena. Napoli 2020, pp. 107-109.
Dal documento si può quindi ipotizzare che questi quattro castelli erano già in possesso di Ugo Infante e, alla sua morte, passati al figlio. È oramai sicuro che a questa baronia appartenessero anche i feudi di Castelpoto 3Nel documento n. 531 anno 1094 del Regestum Petri Diaconi compare Ugo di Castelpoto verosimilmente padre di Ugo Infante che, nel 1112, porta a compimento la donazione fatta dal genitore e Apollosa.4G.A. LoudMonarchy und monastery in the Mezzogiorno: the abbey of St Sophia, Benevento and the Staufen, in “Papers of the British School at Rome” LIX, 1991, p. 287.

Resti di Castel Feniculus

Anche se, il primo documento che cita la località è del 1112, quindi in età Normanna, è probabile che il castello di Feniculus sia nato già in età longobarda. Anche perché l’altura su cui sorge, occupando una posizione strategicamente favorevole (praticamente inaccessibile da tre lati e dominante il sottostante ramo della via Latina e il relativo ponte), si prestava in modo naturale ad un possibile incastellamento.5A. Corbo Airbon LiDAR Applications at the Medieval Site of Castel Fenuculus in the Lowewr Valley of the Calore River (Benevento, Southern Italy), Roma, 2024.
D’altra parte, è risaputo che i Longobardi, fin dal loro arrivo in Italia in generale e nel Sud in particolare, crearono i loro insediamenti in luoghi di maggiore interesse strategico.
A diretto contatto con la baronia di Ugo Infante vi era la Baronia di Baldovino il Normanno che dominava sul castello di Ponte e aree circostanti. Anche Baldovino, già qualche anno prima, aveva donato a Montecassino sei chiese e altri beni, presenti nel territorio da lui controllato.6L.R. CieloPer hanc cartulam offero. Una donazione di Baldovino di Ponte a Montecassino nel 1089, in “Campania Sacra”, 2004.
Il documento con la donazione di Baldovino è datato al 1089 è, quindi, presumibile che anche la donazione di Ugo Infante sia avvenuta nello stesso periodo e con la stessa motivazione, e viene poi confermata, circa venti anni dopo, dal figlio Ugo. Questa donazione a Montecassino era stata decisa a seguito di un monito del papa dell’epoca Urbano II che, una volta eletto al soglio di San Pietro, aveva lanciato un secco ammonimento, affermando che “non è giusto né canonico che alcuna chiesa possa soggiacere ad un laico”.7H. HoffmannChronik und Urkunde in Montecassino, Quellen und Forschungen aus italienschen Archiven und Bibliotheken, 51, pp. 201-205 E allora sia Ugo Infante che Baldovino, che all’interno dei loro possedimenti avevano varie chiese, decisero di rinunciare al loro possesso donandole, al monastero di Montecassino.
Nel 1127 muore, senza eredi, Guglielmo duca di Puglia. Ruggero II, gran conte di Sicilia suo parente (era cugino del padre) reclamò tutti i possedimenti degli Altavilla nel sud Italia. Sbarcato sulla penisola, venne incoronato a Salerno, unendo di fatto il Meridione d’Italia e la Sicilia. Tuttavia, questa unione fu osteggiata dal papa dell’epoca Onorio II, che a Capua nel dicembre del 1127 promosse una crociata contro Ruggero con a capo il principe Roberto II di Capua e il conte Rainulfo d’Alife, cognato di Ruggero per averne sposato la sorella Matilde. La lotta fra le due fazioni fu lunga e cruenta e, tra alterne vicende, durò fino al 1140, quando Rainulfo morì a Troia in Puglia. Durante la guerra i feudatari delle nostre zone si schierano chi con una e chi con l’altra parte. Ugo Infante parteggiò da subito per Ruggero, infatti già nel 1127, come racconta il cronista Falcone Beneventano, su ordine di Ruggero, insieme a Raone di Ceppaloni attaccano la città di Benevento. 

“… Raone prese prigionieri circa 200 cittadini Beneventani e li tenne a corpo nudo nelle più profonde sue celle. Poi alcuni di questi li consegnò a Ugone Infante, uomo di pessima fame e tiranno abominevole, perché fossero castigati con tormenti e supplizi; e Ugone li ha venduti, incassando il prezzo del loro riscatto, dopo aver loro sradicato i denti e lacerato le loro membra.8Falcone Beneventano “Chronicon”, traduzione di R. Matarazzo, Napoli 2000, pag.79.

Nell’anno successivo, 1128, Ugo Infante, come raccontato sempre da Falcone, subisce un attacco a uno dei suoi castelli da parte delle armate di Roberto di Capua e Rainulfo d’Alife affiancate da numerosi Beneventani

“Nell’anno mille centoventotto dell’incarnazione del Signore, quarto del Pontificato di Papa Onorio, mese di marzo, anno quarto dell’Indizione. In questo anno Papa Onorio venne a Benevento con duecento cavalieri romani e trovò il Principe capuano Roberto e il Conte Rainolfo che con un grande esercito e una gran quantità di cittadini beneventani stavano energicamente assalendo e assediando il castello di Torre Palazzo, che era di Ugone Infante. Lo stesso Ugone si opponeva al Principe e al Conte, ma siccome quel castello era tanto energicamente assalito e assediato, il Signore che ne curava la difesa, poiché non ce la faceva a resistere, lo consegnò in loro potere”.9Falcone Beneventano “Chronicon”, traduzione di R. Matarazzo, Napoli 2000, pag.85

Il castello di Torre Palazzo rimase in potere di Roberto e Rainulfo solo per pochi mesi, infatti nell’agosto dello stesso anno, fallita miseramente la coalizione, il papa Onorio è costretto a nominare, nella città di Benevento, Ruggero II duca di Puglia e conte di Sicilia.

Resti di Castel Feniculus

Dopo pochi anni, nel 1132, sia Raone di Fragneto che Ugo Infante cambiano alleanza. Come racconta sempre Falcone Beneventano:

E così il Principe (Roberto) e il Conte (Rainulfo),insieme ai soldati da loro raccolti, vennero al Ponte Maggiore (di Benevento) e in presenza dell’Arcivescovo di Benevento, Landolfo, e una gran folla di Beneventani giurarono … (…che noi Principe e Conte, Raone di Fragneto e Ugone Infante,  per giuramenti sottoscritti, rimettiamo in perpetuo ai Beneventani tutti i canoni e i tributi che finora eravate tenuti a pagarci, purché tuttavia non diate aiuto né al Re Ruggero né a  noi…) con loro giurarono anche Raone di Fragneto e Ugo Infante. Giurarono altresì fedeltà a S. Pietro…”.10Falcone Beneventano “Chronicon”, traduzione di R. Matarazzo, Napoli 2000, pag.111


Questa nuova alleanza ha vita breve, infatti, come racconta sempre Falcone, già l’anno dopo Rainulfo con l’aiuto dei Beneventani attacca e conquista il castello di Apollosa di Ugo Infante, che nel frattempo era passato di nuovo dalla parte di Ruggero II.11Falcone Beneventano “Chronicon”, traduzione di R. Matarazzo, Napoli 2000, pag.133
Baldovino, signore del Castello di Ponte, al contrario, si schierò con Roberto e Rainulfo per cui, nel 1134, dopo la presa del castello di Paduli, l’armata del re Ruggero, attraverso la via Traiana, una variante dell’Appia antica, giunge in vista del Castello di Ponte.
Come raccontato dall’abate Alessandro da Telese, i Pontesi, vedendo da lontano la potenza dell’esercito di Ruggero, decidono di arrendersi: 

“Presa, dunque, Nocera ed assegnatavi una guarnigione per la sua custodia, il re si dedicò di nuovo all’occupazione delle terre del conte Rainulfo. Quindi, radunato l’esercito, mosse per Paduli, successivamente si affrettò per conquistare il castello di nome Ponte, che un feudatario, di nome Baldovino il Grande, possedeva in nome del conte Rainulfo. I Pontesi, vedendo da lontano l’immenso numero di gente d’armi, ne restarono atterriti e, come questi si avvicinarono, senza nessuna resistenza gli consentirono di entrare. Occupato Ponte, subito lo stesso giorno si affretta ad assalire la fortezza o il castello, di nome Limata, il quale, immediatamente occupato, viene saccheggiato e alla fine è interamente distrutto da un incendio. Anche questo era infatti di un altro feudatario del predetto conte, il cui nome era Rodolfo di Bernia”.12Alessandro di Telese, Storia di Ruggero II”, traduzione di R. Matarazzo, Napoli 2001, pag.71.

Il castello di Ponte, tolto a Baldovino, che era stato fatto prigioniero dal re Ruggero, fu annesso alla baronia di Fenucchio, tenuta da Tommaso di Fenucchio succeduto al padre Ugo Infante. Ponte divenne un suffeudo tenuto da Guglielmo di Rampano. Nel Catalogo dei Baroni Normanni, sotto il titolo “Baronia Feniculi” è riportato al n. 983 “Willelmus de Rampano, sicut dixit, tenet de eodem Thomasio Pontem quod est feudum trium militum, et de Casalatore Feudum unius militis et cum augmento obtulit milites VIII et servientes X”. Sempre il Catalogus Baronum al n. 982 definisce anche la consistenza dei possedimenti di Tommaso di Fenucchio che, oltre al possesso dei feudi di Ponte e Casalduni, dominava anche su Feniculo (Fenucchio), feudo di due militi, su Turre Clusa (Torrecuso) feudo di due militi, su Castello Potonis(Castelpoto) feudo di un  milite, su Pellosa (Apollosa) feudo di due militi, su Valle Gaudii (Valle Caudina) feudo di un milite, su Tribus Palatii (Torre Palazzo) feudo di due militi.
Tommaso acquisisce all’interno del Regno una notevole importanza, tanto da essere nominato Giustiziere Regio; muore nel dicembre 1196 e gli succede il figlio di nome Ugo. Nel 1189 muore, senza eredi, il re normanno Guglielmo II. Aspiranti alla successione sono Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero II, che nel 1186 aveva sposato Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, e Tancredi, conte di Lecce, figlio naturale di Ruggero III e quindi nipote illegittimo di Ruggero II. Dopo un’aspra lotta, nel 1194, Tancredi muore ed Enrico diventa di fatto re del Regno di Sicilia. Durante la contesa fra Tancredi ed Enrico VI, l’abbazia beneventana di S. Sofia parteggia per quest’ultimo, subendo danni dalle forze di Tancredi. Tommaso di Fenucchio, invece, sembra si sia schierato con Tancredi per cui, dopo la morte di questi, perdette la Baronia che Enrico diede in premio a S. Sofia.13L. MaioLa battaglia di re Manfredi e la fine del dominio svevo sul territorio beneventano, in” Rivista Storica del Sannio”, II, 1995,2, p. 19
Enrico muore nel 1197 e la moglie Costanza l’anno dopo, il loro unico figlio, Federico, che aveva solo quattro anni, viene affidato alla tutela del papa Innocenzo III. Nel 1208 Federico, diventato maggiorenne, si libera della tutela del papa assumendo in prima persona la conduzione del Regno.

Resti di Castel Fenuculus

Nel 1223, la Baronia di Fenucchio, che nel 1196, con un privilegio di Enrico VI e Costanza, era stata concessa all’abbazia di Santa Sofia, viene assegnata a Riccardo di Agnone (o d’Anglona) fedele sostenitore di Federico. L’anno dopo, con un mandatum imperatoris del marzo 1224, Federico II permette agli eredi di Riccardo di succedere nella baronia di Fenucchio, obbliga l’abbazia a rinunciare all’amministrazione diretta della stessa in favore degli eredi di Riccardo, che diventano responsabili nei confronti dell’abbazia, giurando fedeltà all’abate.14L.R. CieloIuvat castris montem qui dicitur Matese et magnum vestire Taburnum: Guardia, Torrecuso, Via Francigena. Brignoli Edizioni, Napoli 2020. p.75.

Resti del Ponte Feniculus

Nel 1250 muore Federico II, suo erede, designato a succedergli, è il figlio Corrado IV. Trovandosi questi in Germania, reggente in Italia e Sicilia è nominato il fratellastro Manfredi, figlio naturale di Federico II, avuto dalla nobile piemontese Bianca Lancia. Corrado IV il 6 gennaio 1252 sbarca a Siponto, prendendo formalmente possesso del Regno di Sicilia ma due anni dopo, il 21 maggio 1254, a seguito di una febbre malarica, muore presso Lavello. Come stabilito nel suo testamento suo successore viene nominato il figlio Corradino di Svevia, di appena due anni, nato in Germania il 25 marzo 1252, dopo la sua partenza per l’Italia.  Data la giovane età del nipote, Manfredi si autoproclama suo reggente per il Regno di Sicilia. Successivamente, sparsasi la falsa notizia della morte di Corradino, il 10 agosto 1258, nel duomo di Palermo si fa proclamare Re. Fra i primi provvedimenti adottati vi è il ritorno nel Regno dei suoi zii materni che erano stati cacciati da Corrado IV, allo zio, Manfredi Lancia, viene concessa la signoria sulla baronia di Fenucchio.
La sorte di Manfredi fu segnata quando, alla morte di Urbano IV, ascese al soglio pontificio Clemente IV. Già precedentemente Urbano IV aveva stretto un accordo con Carlo D’Angiò conte di Provenza e fratello del re di Francia Luigi IX, che prevedeva l’investitura del francese al regno di Sicilia. Clemente IV confermò tale accordo, invitando Carlo D’Angiò a venire in Italia e cacciare Manfredi. Il 26 febbraio 1266 l’esercito francese, proveniente dalla valle Telesina, dopo aver attraversato il territorio di Ponte S. Anastasia e oltrepassato il ponte sul torrente Reventa, arriva su di un colle prossimo alla città di Benevento, da cui distava circa quattro miglia e che dominava una vasta pianura, dove era schierato l’esercito Svevo. Il colle è da ritenersi, molto presumibilmente, il colle della Caprara, nei cui pressi vi era il feudo con il relativo fortilizio di Torre San Giovanni.15Il fortilizio di Torre San Giovanni apparteneva alla commenda dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme al cui ordine pare appartenesse anche Carlo d’Angiò. La pianura dove era schierato l’esercito di Manfredi è la zona compresa tra Masseria del Ponte, Ponte Finocchio, Mascambruno, fino alla piana di Roseto. Manfredi è sconfitto e muore in battaglia, Carlo D’Angiò diventa padrone assoluto del Regno di Sicilia. Il corpo di Manfredi, ritrovato dopo due giorni dalla battaglia, secondo lo storico Laureato Maio, potrebbe essere stato sepolto presso il ponte Finocchio il più vicino alla località dove era avvenuta la battaglia. Sempre secondo L. Maio, la “grave mora”, di cui parla Dante nella Divina Commedia, potrebbe essere l’enorme roccia che sovrasta la spalla sinistra del ponte, sotto la quale sarebbe stato inumato il corpo di Manfredi e coperto poi da un cumulo di pietre lanciate dai soldati.16L. MaioLa battaglia di re Manfredi e la fine del dominio svevo sul territorio beneventano, in” Rivista Storica del Sannio”, II, 1995,2, p. 26 Dopo la morte di Manfredi, unico erede della casa Sveva degli Hohenstaufen, restava solo il giovane figlio di Corrado IV, Corradino, allora appena quindicenne.
I ghibellini italiani ne invocarono la venuta nella penisola e Corradino, arrivato in Italia, per rivendicare il suo Regno, il 23 agosto 1268, nei pressi di Tagliacozzo, affrontò l’esercito di Carlo D’Angiò. 
Sconfitto, con pochi fedeli, riuscì a fuggire ed arrivare nei pressi del castello di Astura, sulle coste laziali. Catturato dal signore del posto, Giovanni Frangipane, nonostante le suppliche del giovanissimo re, fu da questi consegnato a Carlo D’Angiò che il 29 ottobre lo fece decapitare nella piazza del Mercato di Napoli. Giovanni Frangipane come premio per il suo vile e spregevole comportamento ricevette dal re Carlo d’Angiò la baronia di Fenucchio con i castelli di Apollosa, Torrecuso, Ponte e Fragneto.

Resti del Ponte Feniculus

Da questo momento inizia la decadenza di Feniculum, infatti nel 1269 Torrepalazzo paga una tassa per 11 fuochi, Torrecuso per 7, Castelpoto per 8, Fenucchio non risulta nell’elenco. Nel 1276 Torrecuso è tassato per 8 once, Torrepalazzo per 2, Caprara per 1, Fenucchio zero. Infine, la Generalis Subventio del 1320 riporta che Torrecuso è tassato sempre per 8 once, Torrepalazzo 2, Caprara 1 e Fenucchio per 2 tarì. Nel 1299 il figlio di Giovanni Frangipane, di nome Manuel, vende la “baroniam Feniculi” a Tommaso d’Aquino.17. Filangieri, Registri della cancelleria angioina XXX, p. 114, in L.R. Cielo op. cit.
Da questo momento la decadenza, già iniziata qualche anno prima, si accentua.
Nel 1349 l’Appennino centro-meridionale fu colpito da un violentissimo terremoto.
Il Sannio e la Valle Telesina subirono ingenti danni e distruzioni ed è probabile che il castello di Fenucchio, ed il piccolo centro che intorno ad esso si era formato, siano stati abbandonati proprio a seguito dell’evento sismico. 

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Note:

[1] A. Meomartini, I Comuni della Provincia di Benevento. Stabilimento Lito Tipografico De Martini, Benevento 1970, p. 222
[2] V. De DonatoLe carte del secolo XII della Biblioteca Capitolare di Benevento, Università di Roma, Istituto di Paleografia, tesi, 1952, n. 4, pp. 25-27. L. R. CieloIuvat castris montem qui dicitur Matese et magnum vestire Taburnum: Guardia, Torrecuso, Via Francigena. Napoli 2020, pp. 107-109.
[3] Nel documento n. 531 anno 1094 del Regestum Petri Diaconi compare Ugo di Castelpoto verosimilmente padre di Ugo Infante che, nel 1112, porta a compimento la donazione fatta dal genitore.
[4] G.A. LoudMonarchy und monastery in the Mezzogiorno: the abbey of St Sophia, Benevento and the Staufen, in “Papers of the British School at Rome” LIX, 1991, p. 287.
[5] A. Corbo Airbon LiDAR Applications at the Medieval Site of Castel Fenuculus in the Lowewr Valley of the Calore River (Benevento, Southern Italy), Roma, 2024.
[6] L. R. Cielo, Per hanc cartulam offerto. Una donazione di Baldovino di Ponte a Montecassino nel 1089 in “Campania Sacra”, 2004.
[7] H. HoffmannChronik und Urkunde in Montecassino, Quellen und Forschungen aus italienschen Archiven und Bibliotheken, 51, pp. 201-205.
[8] Falcone Beneventano “Chronicon”, traduzione di R. Matarazzo, Napoli, 2000, pag.79. 

[9] Falcone Beneventano “Chronicon”, traduzione di R. Matarazzo, Napoli 2000, pag.85 
[10] Falcone Beneventano “Chronicon”, traduzione di R. Matarazzo, Napoli 2000, pag.111
[11] Falcone Beneventano “Chronicon”, traduzione di R. Matarazzo, Napoli 2000, pag.133
[12] Alessandro di Telese, Storia di Ruggero II”, traduzione di R. Matarazzo, Napoli 2001, pag.71. Alessandro di Telese fu abate del monastero benedettino di S. Salvatore presso Telese e visse nella prima metà del XII secolo. Su esortazione della contessa Matilde, sorella di Ruggero II e moglie del conte Rainulfo, scrisse “De rebus gestis Rogerii Siciliae regis”che è la cronaca delle imprese del re dal 1127 al 1135.
[13] L. MaioLa battaglia di re Manfredi e la fine del dominio svevo sul territorio beneventano, in” Rivista Storica del Sannio”, II, 1995,2, p. 19
[14] L.R. CieloIuvat castris montem qui dicitur Matese et magnum vestire Taburnum: Guardia, Torrecuso, Via Francigena, Brignoli Edizioni, Napoli 2020. p.75.
[15] Il fortilizio di Torre San Giovanni apparteneva alla commenda dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme al cui ordine pare appartenesse anche Carlo d’Angiò.
[16] L. MaioLa battaglia di re Manfredi e la fine del dominio svevo sul territorio beneventano, in” Rivista Storica del Sannio”, II, 1995,2, p. 26
[17] R. Filangieri, Registri della cancelleria angioina XXX, p. 114, in L.R. Cielo op. cit.



Giuseppe Corbo

Nato a Ponte, dove risiede. Dipendente del gruppo Ferrovie dello Stato. Cultore di storia locale con particolare attenzione al periodo medievale. Ha pubblicato "Ponte tra Cronaca e Storia", "Domenico Ocone, quarant'anni di storia pontese...", "Le Vie di Ponte tra Storia e Leggenda". Collabora con varie associazioni culturali.