Dopo l’otto settembre del ’43 anche i paesi della provincia di Benevento conobbero la ferocia nazista. I tedeschi occuparono 75 dei 78 paesi del beneventano, nella Valle del Titerno solo Pietraroja venne trascurata.1Tratto da libro di Antonello Santagata: “Storia di Cerreto, dalla preistoria alla seconda guerra mondiale” – TetaPrint, 2023.
A Cerreto arrivarono il 20 settembre e si accamparono nella zona della Crocella, a Cesine e in via Cappuccini, preceduti da voci inquietanti su quanto fossero spietati e furiosi per il tradimento italiano. In quei giorni la cittadina fu solo sfiorata dai ripetuti bombardamenti delle forze angloamericane, che sbarcate a Salerno e in risalita dalla Sicilia, incalzavano i nazisti. I cieli si oscuravano per il passaggio degli aerei americani ma non si ebbero vittime né danni, eccetto qualche grossa buca nelle campagne e dello spavento per un’unica bomba caduta nel centro abitato esplosa per fortuna in un giardino.

Dai racconti degli anziani, che all’epoca erano ragazzi, sappiamo che nel paese si era diffuso un clima di grande paura. Alle ragazze era tassativamente proibito uscire e la notte invece di dormire in casa si radunavano in gruppetti nelle cantine o nelle botteghe ritenute più sicure. Nonostante la paura non risultano casi di stupro o violenze sulle donne cerretesi da parte dei militari tedeschi.

Moltissimi maschi adulti, invece, si nascosero nelle campagne per il timore di essere deportati nei campi di lavoro in Germania. Angelo Parente, del 1930, racconta che un centinaio di cerretesi e guardiesi, tra cui anche alcune donne e lui stesso, si rifugiarono nella grotta della Leonessa. Vi restarono in condizioni di promiscuità e con scarsità di cibo per tre settimane. Quando un guardiese portò un maiale, questo fu distribuito in maniera equa fra i vari gruppetti. I fuochi accesi per cucinarlo e il fumo, però, allarmarono i tedeschi, che dalla vicina Gioia Sannitica fecero Morgia Sant’Angelo oggetto di un intenso cannoneggiamento che non causò vittime solo perché l’ingresso della grotta era posto a sfavore dei cannoni.

Alla fine a Cerreto, che ospitava numerosi sfollati napoletani, non ci furono casi di deportazione. I nazisti si limitarono a reclutare, in un paio di occasioni, squadre di lavoro di circa trenta di uomini per condurli a Villa Literno e a Mondragone a scavare trincee. 

Un episodio narratomi da Michele Giordano, che all’epoca aveva sedici anni, dimostra che non tutti i tedeschi si comportavano da nazisti. La sera della loro ritirata un motociclista in fuga s’imbatté in un gruppo di una dozzina di ragazzi radunati alla Cartiniera. Il tedesco, che aveva in spalla un gigantesco mitra, ordinò loro di mettersi in fila spalle al muro. Il comprensibile terrore si sciolse quando questi fece capire, in qualche modo, che voleva solo che cantassero la famosa Lili Marlene. I ragazzi, sollevati, eseguirono e il soldato, prima di andar via, li ringraziò prendendo dalla moto un pacco di caramelle per donargliele. 

Nonostante il rude atteggiamento della gran parte dei tedeschi verso gli italiani “traditori”, i cerretesi ricambiarono con umanità. Luigi Di Crosta, nato nel 1932, ricorda che poco prima che arrivassero gli americani a Cerreto un piagnucolante ragazzo in divisa tedesca chiese aiuto ad una famiglia che lo nascose nella loro casa in campagna fino a quando non ebbe la possibilità di scappare.

Dai racconti di queste persone sappiamo che i tedeschi rubavano di tutto e requisivano maiali e asini. La gente fu costretta a nascondere le poche provviste e gli oggetti di valore sotto terra o nei covoni di paglia poiché non esitavano a saccheggiare le case. Il 10 ottobre una persona anziana, Michele Giordano che abitava in località Pastorello, venne assassinata da un soldato tedesco perché nella sua casa non aveva trovato le uova. Il vecchietto osò solo dire che non poteva averle perché il giorno prima i suoi commilitoni gli avevano preso tutte le galline. Bastò questo per essere barbaramente ucciso a sangue freddo. Oltre al Giordano altri due cerretesi persero la vita a causa delle mine poste dai nazisti.

Prima di ritirarsi i tedeschi ebbero la direttiva di distruggere tutto ciò che potesse essere utile ai nemici, per cui fecero saltare i tre ponti che collegano Cerreto a Guardia, a Cusano e alla Valle Telesina oltre alle centraline elettriche e telefoniche.  Inoltre, minarono la via di montagna che conduce a Morcone. L’esplosivo usato per far saltare il ponte sulla strada di Guardia fu talmente eccessivo, a causa di un primo sabotaggio da parte di un cerretese (rimasto anonimo), che i calcinacci arrivarono fino alla parte alta del paese. Nello scoppio morì un soldato tedesco colpito alla testa da una pietra.

La distruzione del ponte di Cusano venne considerato un errore strategico da parte dei tedeschi che, però, mise al riparo Cerreto da ulteriori gravi conseguenze. Se l’avessero prima attraversato e poi distrutto avrebbero potuto asserragliarsi su Monte Cigno facendo della gola del Titerno un’altra Montecassino.

La mattina del 12 ottobre Cerreto fu liberata dalle truppe americane della Quinta Armata del generale Clark. I militari entrarono dallo “Spinito” e dalla strada di Guardia accolti festosamente dalla popolazione, con a capo ex emigranti parlanti inglese che fungevano da interpreti, ma anche dalle ultime mitragliate aeree dei nazisti che rischiarono di provocare vittime civili.

La gente dovette incitare gli Alleati a entrare in paese informandoli della ritirata dei tedeschi

I militari ricambiarono con caramelle, cioccolata e graditissime sigarette. Nei giorni successivi piazzarono anche un camion “sopra alle Monache” che distribuiva gratis quel ben di Dio. 

Con l’arrivo degli americani la guerra per Cerreto era praticamente finita. La vita gradualmente riprese una certa normalità e in tanti ricominciarono a mangiare con regolarità grazie alla farina di riso, di piselli e alle scatolette (mai viste prima) di carne o di pesce portate dagli americani. Di contro i soldati alleati adoravano le marmellate fatte in casa, le uova – che barattavano tre per una scatoletta – e soprattutto il vino. “Vino Cerreto come Vermut” era una loro espressione, con cui spesso prendevano colossali sbronze che si concretizzavo in furiose risse tra loro, interrotte solo dalla Polizia Militare.

I soldati di Clark, nei quali erano compresi neozelandesi, canadesi e australiani, si stabilirono in un quartiere di Cerreto che da allora è ancora chiamato “Quint’armata”, mentre il comando e la mensa ufficiali li posero alla “Cartiniera” nel Palazzo Albano.
In quel periodo di magra l’arte di arrangiarsi e la necessità di sopravvivere fecero sì che qualche cerretese si dedicasse al furto costante di capi di abbigliamento e divise americane stese ad asciugare lungo la strada della loro base. Prima che fossero tutti venduti, gli americani riuscirono a recuperarne gran parte riempiendo un intero camion di refurtiva.

I soldati statunitensi, però, non lasciarono un buon ricordo in paese soprattutto per la loro costante ricerca di sesso (“fik-fik”). Così qualche cerretese si organizzò andando a ingaggiare prostitute a Napoli che, in aggiunta a quelle locali, misero a disposizione a pagamento di quei ragazzi evitando, forse oltre il loro scopo, che riversassero i bollori sulle compaesane.
Ma anche a tutela stessa dei militari alleati. Infatti, un soldato canadese che aveva molestato insistentemente una donna cerretese, fu trovato morto in “mezzo alla Cartiniera” colpito alla testa con una scure. Il fatto non ebbe nessuna conseguenza.

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Note:
[1] Tratto da libro di Antonello Santagata: “Storia di Cerreto, dalla preistoria alla seconda guerra mondiale” – TetaPrint, 2023.



Antonello Santagata

Medico del Lavoro. Regista teatrale. Giornalista pubblicista. Fondatore di "Byblos", la biblioteca del Sannio. Scrittore e divulgatore della storia e dei personaggi del Sannio, ha pubblicato "A tavola nel Sannio", una guida ai ristoranti della provincia di Benevento; "Dietro la Leggenda" (2016), una raccolta di racconti ispirati a fiabe e a leggende del Sannio. Nel 2017 ha pubblicato "Samnes", un romanzo storico sull'epopea sannita. Ha curato la trascrizione del manoscritto e la stampa dei tre volumi delle "Memorie storiche di Cerreto Sannita per Arcidiacono Nicola Rotondi". Nel 2019 ha pubblicato "Guida alla Valle Telesina e al Sannio" e nel 2021 "Il delitto del pozzo dei pazzi", un medical-thriller ambientato nel primo '900 nell'ospedale degli Incurabili di Napoli in cui una una giovane studentessa, con l’aiuto di grandi medici sanniti di quel periodo, affronta un caso di omicidio. Il lavoro è stato premiato in nove concorsi letterari. È inoltre autore della "Storia di Cerreto dalla preistoria alla seconda guerra mondiale (2022) e di "Fiabe e Favole in cerretese", edito da Fioridizucca. (2023).