
Nella Città pensata dai Carafa nel 1688, solo poche famiglie ebbero il privilegio di costruire le loro “case palaziate” nella piazza centrale, a far da cornice alla potentissima (ricchissima) collegiata di S. Martino che fu scenograficamente progettata sul lato superiore dell’omonima piazza.
«Lungo le due strade che la costeggiano, si elevano, imponenti e stilisticamente pregevoli, una serie di «case palaziate – scrive R. Pescitelli – con i caratteristici portali …». I palazzi, manco a dirlo, appartenevano ai “nobili” cerretesi arricchitisi con la filiera della lana. Tra quei palazzi era compreso pure quello ove è l’attuale Farmacia Pescitelli, e che avrebbe dovuto essere il Pal. Ducale. Ma il Palazzo fu ceduto, già nel 1690, dal dottor Girolamo Pelosi, agente generale del duca Marzio Carafa, al dottor Giovan Domenico d’Adona per un prezzo di millequarantuno ducati, di cui solo ottocento furono pagati dal d’Adona, i restanti duecentoquarantuno furono donati dal feudatario «ex mera munificentia, benignitate, ac liberalitate».1La vendita ed il frazionamento dello storico palazzo ha portato ad un risultato estetico assolutamente offensivo per la sua/nostra storia! Da “casa palaziata” che occupava un intero isolato, a somma di più case e più colori quante sono le unità abitativa. Ma sicuramente prevarrà il buon gusto e la passione dei proprietari.
È mai possibile che i Carafa, padroni e gestori inflessibili del rispetto delle regole durante la ricostruzione, rinunciassero alla tribuna d’onore della piazza al pari di una qualsiasi famiglia di operai? «Solo nel 1747, scrive sempre Pescitelli, iniziarono i lavori del loro nuovo, imponente palazzo, in Piazza Luigi Sodo, di fronte alla Cattedrale»2Col tipico schema a corte, il superbo palazzo Ducale fu probabilmente progettato da Costantino Manni che aveva seguito il padre a Cerreto e aveva ricevuto numerosi incarichi dalla Chiesa, non ultimo la costruzione della Chiesa monumentale di S. Francesco a Folloni a Montella, ove addirittura fece realizzare, proprio in quegli anni, una fabbrica di ceramica, diretta dal ceramista cerretese Giacomo Marchitto, per realizzarne i pavimenti.
Per i Carafa ci sarebbe stato più di mezzo secolo di vuoto, di rinuncia ai simboli del potere, a Cerreto? Improbabile!
I Carafa non penso potessero rinunciare ad ostentare il loro Potere Civile di fronte alla Chiesa che, con la sua maestosa presenza, incombeva sul palcoscenico di piazza San Martino. Parrocchia così potente da relegare in periferia il Vescovo.3Un caso più unico che raro: la Cattedrale che cede il posto centrale ad una Parrocchia! Potenza della “pecunia”, mai, come in questo caso, derivante da “pecus”, le pecore. Infatti, mentre la chiesa-collegiata di San Martino era ricca possidente di tanti terreni…e tante pecore!, e veniva finanziata dalla ricca confraternita del SS. Corpo di Cristo, la Cattedrale non aveva rendite, per cui il Vescovo veniva visto come uno che poteva solo lucrare una sorta di “reddito di cittadinanza”. Come risolsero il problema, fondamentale per il controllo del potere, visto che la chiesa di San Martino esponeva orgogliosa sulla sua facciata il calice con l’ostia, simbolo della congrega?
Ecco l’interpretazione che mi suggerisce lo stemma.
Come è noto, nella Vecchia Cerreto come nella nuova, il Feudatario doveva essere proprietario di una DUCAL TAVERNA dove accogliere i viandanti, dar loro da mangiare, da dormire, dare ricovero a carrozze e cavalli. Per costruire questo palazzo i Carafa scelsero proprio il terreno che occupava “per intero”, il lato Sud di Piazza San Martino, proprio di fronte alla Parrocchia che, con la sua scenografica scala, incuteva ammirazione e timore ai cittadini. Ma fu solo una Taverna che realizzarono i Carafa? Lo stemma imponente apposto sulla chiave dell’arco del portone di ingresso posto lungo la Piazza4Col nome di “piazza” si indicavano sia le strade che gli slarghi, forse perché non esisteva una netta demarcazione, come oggi, tra strade e piazze. di mezzo, sembra essere davvero “troppo” per una semplice taverna, così come la presenza delle carceri che avevano accesso sia dalla via che allora si chiamava “Piazza Colonna”, che dall’interno della struttura. Uno stemma da decifrare ed una presenza inquietante, quella delle carceri, che di norma si realizzavano nei palazzi del potere. Stemmi, carceri, scalinate su due lati della Piazza centrale: due simboli del potere opposti e contrapposti, un unico messaggio: qui ci siamo noi a comandare, col potere che ci viene conferito delle due autorità massime incarnate dal Papa e dall’Imperatore. Una alleanza legata sull’interesse che non poteva quindi non avere punti di scontro anche accesi. A Cerreto, come altrove, il rapporto tra autorità “politica” e “spirituale” non fu tutto rose e fiori, secondo tradizione storica iniziata con la “guerra per le investiture”. Ricordo che quando il conte Diomede III Carafa eresse la chiesa di S. Martino a collegiata nel 1548, la dotò di un capitolo di undici canonici più l’arciprete e raggruppò varie parrocchie, ma si riservò, in cambio di cotanti benefici, il diritto di nominare e di revocare l’arciprete. La vicenda rimanda a quanto ottenuto da Papa Gregorio VII che, fervente sostenitore del primato papale sopra qualsiasi altro potere, entrò duramente in conflitto con l’imperatore Enrico IV di Franconia, dando inizio ad uno scontro con risvolti gravi e inediti: l’imperatore arrivò ad ordinare al pontefice di dimettersi dal proprio ruolo e questi, per tutta risposta, giunse a scomunicare e deporre il primo. Celebre il viaggio che Enrico intraprese nel 1077 per chiedere perdono a Gregorio VII, ospite in quel tempo della contessa Matilde di Canossa, affinché gli togliesse la scomunica e quindi ripristinasse il dovere di obbedienza da parte dei suoi sudditi, già sollevati contro di lui.
E questo imponente palazzo, che è arrivato a noi attraverso tante modifiche5La Taverna, posta a piano terra con accesso dal Corso, era così concepita: Dall’ androne si accedeva ai fondaci: camera dell’”AFFITTATORE” (A), dispensa (B).In fondo al cortile c’era la stalla(C), la pagliera per i cavalli e la scala che portava all’albergo superiore. Il grande ambiente (D) era adibito a dogana per la riscossione dei tributi., per fortuna leggibili dopo un accorto restauro, fu posto proprio a bilanciare il potere ecclesiastico, e la dice lunga sull’importanza di chi ne era proprietario e/o lì abitava. Una struttura a corte che, maestosa, comprendeva sia l’attuale Palazzo del Genio, sia le carceri. Un’unica struttura che spero tale risulti anche dopo i lavori in facciata, che non possono riguardare solo la facciata lungo il corso, ove prospetta il maestoso portale con lo stemma. Uno stemma particolare che non è altro che la somma di due diversi stemmi: quello dei Carafa e quello dei Colonna: due famiglie potenti che uniscono le loro forze… ed i loro cognomi. Una sorta di anticipazione della legge appena votata sul doppio cognome.I palazzi laterali, di proprietà di signorotti ricchi ma privi di un nobile casato, dovettero accontentarsi, in mancanza di uno stemma di famiglia, di apporre un mascherone che, al centro della rosta, sembra ancora oggi irridere i comuni mortali.
Chi erano le due famiglie che decisero di racchiudere il loro casato in un unico stemma?
La prima era quella dei Carafa, una nobile e antica famiglia di origine napoletana, discendente dall’ancor più antica famiglia Caracciolo. Divisa in numerosi rami, i cui principali e più importanti furono i Carafa della Spina e i Carafa della Stadera, decorata dei più alti titoli, raggiunse l’apice della sua potenza con l’elezione al soglio pontificio di Gian Pietro Carafa, papa con il nome di Paolo IV. Come si sa, furono signori di Cerreto dal 1483, grazie a re Ferdinando che, dopo che nel 1480 Alfonso re di Napoli aveva dichiarato città Cerreto, la vendette con i suoi casali (Civitella e San Lorenzello) a Diomede Carafa.
I Colonna, invece, erano una storica casata patrizia romana, una delle più importanti nel Medioevo e nell’Età moderna. La loro storia iniziò nove secoli fa. Il primo esponente documentato fu infatti Pietro, vissuto tra il 1078 e il 1108 nella campagna al sud di Roma, nei pressi del paese di Colonna, che diede il nome alla casata. Nella loro millenaria storia si contano un Papa, ventitré cardinali, mecenati, letterati, filosofi, uomini d’arme dello Stato Pontificio, del Regno di Napoli e dell’Impero spagnolo, diplomatici e uomini politici dell’Italia unita.

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[1] La vendita ed il frazionamento dello storico palazzo ha portato ad un risultato estetico assolutamente offensivo per la sua/nostra storia! Da “casa palaziata” che occupava un intero isolato, a somma di più case e più colori quante sono le unità abitativa. Ma sicuramente prevarrà il buon gusto e la passione dei proprietari.
[2] Col tipico schema a corte, il superbo palazzo Ducale fu probabilmente progettato da Costantino Manni che aveva seguito il padre a Cerreto e aveva ricevuto numerosi incarichi dalla Chiesa, non ultimo la costruzione della Chiesa monumentale di S. Francesco a Folloni a Montella, ove addirittura fece realizzare, proprio in quegli anni, una fabbrica di ceramica, diretta dal ceramista cerretese Giacomo Marchitto, per realizzarne i pavimenti.
[3] Un caso più unico che raro: la Cattedrale che cede il posto centrale ad una Parrocchia! Potenza della “pecunia”, mai, come in questo caso, derivante da “pecus”, le pecore. Infatti, mentre la chiesa-collegiata di San Martino era ricca possidente di tanti terreni…e tante pecore!, e veniva finanziata dalla ricca confraternita del SS. Corpo di Cristo, la Cattedrale non aveva rendite, per cui il Vescovo veniva visto come uno che poteva solo lucrare una sorta di “reddito di cittadinanza”.
[4] Col nome di “piazza” si indicavano sia le strade che gli slarghi, forse perché non esisteva una netta demarcazione, come oggi, tra strade e piazze.
[5] La Taverna, posta a piano terra con accesso dal Corso, era così concepita: Dall’ androne si accedeva ai fondaci: camera dell’”AFFITTATORE” (A), dispensa (B).In fondo al cortile c’era la stalla(C), la pagliera per i cavalli e la scala che portava all’albergo superiore. Il grande ambiente (D) era adibito a dogana per la riscossione dei tributi.

Nel 1810, furono realizzati i palchi padronali e, per rendere più imponente la facciata, fu aggiunto un avancorpo in pietra e furono aperti tre finestre ad arco, incorniciati in un disegno unitario, al posto della precedente, ritmica scansione di finestre rettangolari di gusto rinascimentale. Di questa trasformazione sono testimoni proprio le finestre che, anche se chiuse, ancora si notano nella facciata. Nel 1860 fu chiamato Teatro del Genio poi, nel 900, Teatro Comunale. Durante il periodo fascista, furono aperti enormi finestroni e si iniziò ad ingrandire il teatro per inglobare anche le carceri, tanto da occupare secondo i canoni estetici del tempo, ma senza alcun rispetto per quanto tramandatoci, l’intero lato sud della piazza.
Il Conte Domenico Marzio, leggo nel “Forum Italiano della Commissione Internazionale permanente per lo Studio degli Ordini Cavallereschi, dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano e di Famiglie Storiche d’Italia“, fu anche 2° principe del Sacro Romano Impero, conte palatino, 3° principe della Guardia, 8° marchese di Arienzo, 11°conte di Cerreto et cetera. Fu anche letterato e fece parte dell’ Arcadia.
Questo mi racconta lo stemma, questo raccontano i cinque palazzi che fanno da cornice a Piazza San Martino, il cuore pulsante e scenografico della Cerreto del settecento. Una storia semplice, nobile ed umile nello stesso tempo. Comunque la nostra storia fatta di “case e palazzi”. Una storia che non andrebbe “falsificata” con interventi all’apparenza innocenti, come sono le pitturazioni delle facciate, ma in realtà possibili fonti di “inquinamento storico”. L’uomo colto non dovrebbe dividere nemmeno coi colori “perché questo è mio e quello è tuo”, ciò che i nostri grandi avi hanno realizzato con un progetto unitario. Lo hanno spiegato, ognuno con le sue notevoli capacità, tanti nostri illustri concittadini. Ed io umilmente mi accodo, con una speranza: almeno il colore della facciata, l’elemento più visibile, non divida uno stesso palazzo, trasformandolo nella somma di due-tre case. Sembra strano che da una operazione così semplice e naturale: “questa parte di casa è mia e la voglio di questo colore…”, possa nascere una lettura storica tanto diversa e dal significato opposto: non più Piazza della casta al potere, quella che deteneva i cordoni della borsa, potere delle pecore-pecus, dei panni lana, ma piazza di tutti. Sicuramente un segno di democrazia… peccato che non sia coerente con la nostra storia.
Antonella Selvaggio
Archeologa classica. Lavora presso l’Università del Salento.
Medico e scrittore. Ha all’attivo numerose collaborazioni con riviste di carattere storico. Ha pubblicato una Vita di San Leucio, il libro: “Da Casale a Comune” e la Storia della Parrocchiale Santa Maria Assunta di San Salvatore Telesino. Ha partecipato all’Antologia “Dieci Medici Raccontano”, che ha ottenuto il “Premio Rufolo 2019”. Premio Olmo 2009 per il romanzo storico «L’ultima notte di Bedò», è anche autore di alcuni saggi sulla Storia della Medicina tra cui uno studio sulla Depressione dal titolo «Il potere misterioso della bile nera, breve storia della depressione da Ippocrate a Charlie Brown». Nel 2024 ha pubblicato “Fu la peste” e “Islam a Telesia” per ABE Editore Napoli. Fondatore e Direttore Editoriale della Casa Editrice Fioridizucca.


Laurea magistrale in Lettere. Docente a Prato. Ha approfondito gli eventi storici che portarono alla “Marcia della fame” del 1957 nei comuni del Valfortore sannita. Ha scritto il “Catasto Onciario della Terra di San Salvatore”.

Scrittore, poeta e divulgatore culturale. Medico di continuità assistenziale. Autore di diversi saggi storici e racconti. Ha partecipato all’antologia “Dieci Medici Raccontano”. Fondatore del Premio Nazionale Olmo che tutti gli anni si svolge in Raviscanina (Ce).
Dottore in Lettere. all’Università di Salerno, indirizzo “storico medievale”. Si è poi laureata in Scienze della Formazione primaria all’Ateneo di Campobasso. Studiosa della storia della sua città. Lettrice instancabile di autori italiani e stranieri, si occupa della formazione di piccoli lettori e poeti. È insegnante nella Scuola Primaria da quindici anni. Ha sperimentato innovative metodologie di approccio alla lettura utilizzando le nuove tecnologie che hanno portato alla pubblicazione di una ricerca dal titolo: TIC e DSA. Riflessioni ed esperienze sulle nuove frontiere della pedagogia speciale, Ed. EriksonLive. La storia locale e la ricerca accurata le ha permesso di pubblicare anche un Saggio in storia medievale sull’assetto urbano e riorganizzazione del territorio della Benevento nei sec. XI e XII. Animatore culturale, scrive poesie per fermare in foto-scritte, attimi di vita.
Lorenzo Piombo, medico psichiatra, dirigente del Dipartimento Salute Mentale della ASL di Benevento. Ricercatore e studioso di storia. Vive e opera a Morcone.
Avvocato. Patrocinante in Cassazione. Scrittore di Storia Locale. Opera a Guardia Sanframondi.
Architetto e docente. Appassionato cultore di Storia Locale in Cerreto Sannita, città in cui vive. Ha come campi di interesse gli insediamenti abitativi sanniti. Collabora con il Blog dell’Istituto Storico del Sannio di cui è socio fondatore. È autore del saggio “Cominium Ocritum e le forche caudine: una storia
Studioso del ‘700 napoletano e dell’epopea di Federico II ha approfondito in modo particolare le influenza arabe sull’architettura napoletana. Studioso di suffisso e di religioni orientali.
Medico del Lavoro. Regista teatrale. Giornalista pubblicista. Fondatore di “Byblos”, la biblioteca del Sannio. Scrittore e divulgatore della storia e dei personaggi del Sannio, ha pubblicato “A tavola nel Sannio”, una guida ai ristoranti della provincia di Benevento; “Dietro la Leggenda” (2016), una raccolta di racconti ispirati a fiabe e a leggende del Sannio. Nel 2017 ha pubblicato “Samnes”, un romanzo storico sull’epopea sannita. Ha curato la trascrizione del manoscritto e la stampa dei tre volumi delle “Memorie storiche di Cerreto Sannita per Arcidiacono Nicola Rotondi”. Nel 2019 ha pubblicato “Guida alla Valle Telesina e al Sannio”. Ha pubblicato “Il delitto del pozzo dei pazzi”, un medical-thriller ambientato nel primo ‘900 nell’ospedale degli Incurabili di Napoli. È autore della “Storia di Cerreto dalla preistoria alla seconda guerra mondiale (2022) e di “Fiabe e Favole in cerretese”, edito da Fioridizucca. (2023).
È nato e vive a Castelvenere. Già docente di materie letterarie nella scuola statale, ha pubblicato diverse raccolte di liriche, pagine di ricerca letteraria, studi relativi alla cultura popolare. È presente in antologie, dizionari bio-bibliografici e testi scolastici. Appassionato si storia e di tradizioni locali, è membro di associazioni culturali nazionali. I suoi versi hanno ricevuto giudizi positivi da parte della critica e in concorsi letterari si è classificato ai primi posti.
Architetto, libero professionista. Si occupa di progettazione architettonica, interior design e aspetti legati all’architettura del paesaggio. Dal 2021 è Consigliere dell’ordine degli Architetti della Provincia di Benevento. Ha partecipato a Mostre sul restauro architettonico e a numerose iniziative riguardanti la promozione territoriale.
Insegnante, vive a Caiazzo. È Presidente del’Associazione Storica del Caiatino.
Cultore di storia locale e delle tradizioni del suo paese. Autore del saggio “Notizie storiche ed urbanistiche di Cerreto antica” in cui ha ricostruito l’antico borgo distrutto dal terremoto del 1688.
Originario di Castelvenere. Già dipendente del Miur ora in pensione. Appassionato di Storia locale ed animatore di gruppi per la diffusione della lingua e delle tradizioni di Castelvenere.
Nato a Napoli e residente in Piedimonte Matese. Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Napoli e successiva specializzazione in Chirurgia generale all’Università di Modena è stato aiuto chirurgo presso l’ospedale civile di Piedimonte Matese e, dal maggio 1990, primario del reparto di Pronto Soccorso. Attualmente è pensionato. Dal 1° giugno 1978 è socio corrispondente dell’Associazione Culturale Italo Ispanica “C. Colombo – Madrid”. Negli anni 1972-73, in collaborazione con altri, ha pubblicato alcuni articoli specialistici su riviste mediche. Cultore di storia e tradizioni locali ha pubblicato studi su vari Annuari e collane dell’Associazione Storica del Medio Volturno (sodalizio del quale oltre che socio è stato in passato anche componente del consiglio direttivo) ed in altre riviste e quotidiani regionali.
Musicista. Maestro di clarinetto ed orchestrale. Studioso di storia della filosofia e del ‘700 napoletano. Esperto simbolista e autore di testi esoterico/filosofici.
Nato a Telese Terme ma originario di Amorosi è stato allievo del filosofo Massimo Achille Bonfantini. Laureato in Semiotica e Filosofia del Linguaggio presso l’Università l’Orientale di Napoli. Dedica le sue ricerche prevalentemente allo studio della filosofia e della psicologia dell’inconscio, come dei nuovi percorsi conoscitivi applicati alle neuroscienze. Ha pubblicato Cento petali e una rosa. Semiosi di un romanzo storico (Natan, 2016), Filosofia hegeliana e religione. Osservazioni su Sebastiano Maturi (Natan, 2017) e, recentemente, il saggio dal titolo: Nel gioco di un’incerta reciprocità: Gregory Bateson e la teoria del “doppio legame” (Ediz. Del Faro, 2020).
Nato a Ponte, dove risiede. Dipendente del gruppo Ferrovie dello Stato. Cultore di storia locale con particolare attenzione al periodo medievale. Ha pubblicato “Ponte tra Cronaca e Storia”, “Domenico Ocone, quarant’anni di storia pontese…”, “Le Vie di Ponte tra Storia e Leggenda”. Collabora con varie associazioni culturali.
Farmacista. Dopo la laurea ha conseguito un master biennale e un corso di perfezionamento, approfondendo le conoscenze in ambito fitoterapico, micoterapico e nutraceutico, con la pubblicazione del lavoro di tesi sulla rivista di divulgazione scientifica di medicina naturale ‘Scienza Natura’ del Prof. Ivo Bianchi. Attivo nel sociale, è membro del Rotary Club Valle Telesina ed è amante dello sport e della natura. Innamorato del proprio territorio, ha iniziato a coltivare l’interesse per la storia locale.


Presidente dell’Associazione culturale “La Biblioteca del Sannio”, dottore di ricerca presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” con una tesi sulla metadatazione della cartografia storica. Giornalista e direttore di Canale Sassuolo. Già docente a contratto di Lingua e Cultura Spagnola e Global History, presso il dipartimento di Scienze Politiche dell’ateneo vanvitelliano, è attualmente tutor di Storia Contemporanea e Storia dei Partiti e Movimenti politici.



Laurea in giurisprudenza presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. Dirigente amministrativa presso l’Università del Molise.
Dottore di ricerca in Ingegneria Elettronica ed informatica presso l’Università degli Studi di Napoli. Ha Svolto attività didattica presso l’Università Federico II. Vive a Telese.
Vive a Morcone. Presidente Italia Nostra Matese Alto Tammaro.
Maestro elementare, appassionato studioso e cultore di Storia Locale.
Biologo residente a Telese Terme. Cultore di storia locale con particolare riferimento alla storia del periodo sannitico. È autore del saggio “La Leonessa e il fenomeno luminoso nella grotta di Sant’Angelo” edito da Fioridizucca nel 2022.
Già sindaco di Caiazzo, dopo aver conseguito la maturità scientifica, rivolge il suo impegno politico alle battaglie del Partito Radicale, soprattutto nel campo della tutela dell’ambiente e in quello per una giustizia giusta. Nel 1980 viene eletto consigliere comunale a Caiazzo, città in cui vive, in rappresentanza della “nuova sinistra”. Nel 1982 aderisce alla Lega per l’Ambiente, promuovendo diverse iniziative per la tutela del fiume Volturno e per il recupero del patrimonio edilizio del centro storico di Caiazzo. Tra il 1987 e il 1994 è Presidente dell’Associazione Storica del Caiatino. Nel 1994 viene eletto sindaco di Caiazzo con la lista civica “Rinascita Caiatina”. Rieletto nel 1998, si adopera per una crescita socio-economica della città; realizza un programma pluriennale, che viene selezionato anche da “Sviluppo Italia” SpA per la costituzione di un Laboratorio di sperimentazione per lo sviluppo locale. Presidente dell’Associazione “Città Paesaggio” dal 2003, è coordinatore del progetto “Per una Carta dei paesaggi dell’olio e dell’olivo”, realizzato d’intesa con l’Associazione nazionale “Città dell’Olio”. Nel 2007 aderisce a Slow Food, dedicandosi soprattutto alla salvaguardia delle piccole produzioni agricole. Ha pubblicato con le Edizioni 2000diciassette: La Memoria e L’Oblio, un saggio sull’eccidio di Caiazzo durante l’ultimo conflitto mondiale.
Giornalista Pubblicista. Esperto di Enologia, collabora a diversi siti web del settore. Collaboratore del blog lucianopignataro.it è responsabile dell’Ufficio Stampa del Sannio Consorzio Tutela Vini.
Dottore in Storia. Autore di un saggio storico, conseguente a ricerca d’archivio, sul suo Comune dal titolo: Faicchio 1920 – 1946 dall’avvento del Fascismo alla nascita della Repubblica, 2016.
Promotore culturale dell’area di Faicchio. Dopo aver conseguito la maturità classica si è laureato in Economia. È dirigente d’impresa a Milano nel settore delle borse valori e mercati finanziari. Ha scritto diversi articoli sulla stampa finanziaria nazionale, tra cui il Sole 24 Ore ed Investire. È appassionato di cultura locale, ha vinto il premio Prosa IX Premio letterario dell’Associazione Storica del Medio Volturno. Titolare delle strutture ricettive “Magie del Sannio” ha dato vita anche al “Piccolo Museo privato di Faicchio Magie del Sannio”.
Giornalista professionista. Scrittore di romanzi e direttore di diverse testate radio televisive. Fondatore del sito: Neifatti.it
Esperta di Comunicazione Istituzionale; in particolar modo di Social Media Policy e e di politiche agroalimentari legate all’economia di piccola scala per Slow Food, in Campania e Basilicata. Suoi contributi in ambito associativo sono legati a tradizioni e culture della terra e del territorio. Ha effettuato training in storiografia in Francia.
Infaticabile animatore culturale dell’area del Caiatino e del Casertano. Allievo del prof. Galasso. Fondatore di Gruppi culturali dediti alla divulgazione della storia del Territorio, attualmente responsabile di Procedimento Unità Operativa Biblioteca civica e Archivio Storico del Comune di Caiazzo.
Medico ed esperto di storia della gastronomia.
Medico di Emergenza territoriale residente in Puglianello. Ha collaborato all’opera Dieci Medici Raccontano.
Studioso della storia del Risorgimento e cultore del periodo Borbonico, ha recentemente collaborato con un suo scritto all’antologia biografica dedicata a Michele Ungaro. Ha in corso un saggio su Sanchez De Luna, un Vescovo del ‘700.
Medico specialista in oncologia e cure palliative è autore principalmente di pubblicazioni scientifiche di settore in lingua inglese ed italiana. È stato inoltre relatore
Sannita di origini e toscano d’adozione. Medico anestesista, ha coltivato con interesse e particolarmente studiato la “Terapia del dolore”. Di tale disciplina è stato per lunghi anni docente all’Università di Siena. Ha avuto anche esperienze di insegnamento all’estero (Bobigny Paris nord, Accademia Russa delle Scienze mediche, Accademia Lettone di Scienze odontoiatriche). Ufficiale medico dell’Esercito italiano, è appassionato di esoterismo, di cultura e tradizioni popolari. E’ autore di saggistica. Ha recentemente pubblicato saggio su “Massoneria, relazioni umane e comunicazione tecnologica” edito da Fioridizucca edizioni.
Dottore in Legge ed autore di ricerche di Storia Locale. Ha partecipato al progetto “Un museo a colori” avente il fine di far conoscere il museo di arte ceramica di Cerreto Sannita. Le mansioni svolte sono state quelle di guida museale e bibliotecaria, e redazione di progetti e lavori di gruppo con gli altri volontari. Ha scritto un saggio nella Antologia dedicata al bicentenario della nascita di Michele Ungaro, edita dalla Società di Mutuo Soccorso di Cerreto Sannita.
Andrea Ciervo nato a Caserta il 12.10.1975. Presbitero dal 24 novembre 2012 già Laureato in Giurisprudenza alla Federico II, con una tesi di Diritto Ecclesiastico sui Risvolti dei Patti Lateranensi col prof. Mario Tedeschi…tirocinante poi presso Studio Notaro in via Mezzocannone di Napoli…consegue il Baccalaureato presso l’Aloysianum di Padova nel 2007 con una tesi sulla Religione in Immanuel Kant col prof. Secondo Bongiovanni. Si Laurea in Sacra Teologia presso la Facoltà Teologica dell’ Italia Meridionale sezione san Tommaso nel 2012 sempre “Summa cum laude”
Dottore in Archeologia e Scienze Storiche, ha svolto diverse campagne di scavo alla necropoli del Cigno a Macchia Valfortore (CB), con l’Università degli studi di Napoli Federico II e alla necropoli di Crocifisso del tufo a Orvieto (TR), con il Parco Archeologico Ambientale dell’Orvietano e l’ Università dell’Arizona. È attuale vice Presidente della Pro Loco di Sant’Agata dei Goti (BN) dove svolge anche la funzione di OLP per il Servizio Civile Universale. È giornalista tirocinante presso la testata QuasiMezzogiorno. Sì è occupato di alcuni ambiti di archeologia della produzione del Sannio caudino. Attualmente s’interessa alle istituzioni sociali e militari del Medioevo. È vice Presidente dell’Istituto Storico Sannio Telesino.
Medico di Pronto Soccorso ed Emergenza Cultore di Storia Locale ha scritto il saggio: Telesia 1349 Peste e Terremoto edizioni duemiladicessette, 2016, Cartoline da Telese ed. Unione Filatelica Beneventana, 2009; Castelvenere Valdese insieme a P. Carlo Ed. Realtà Sannita, 2016; Officine Massoniche e Vendite Carbonare in Area Sannita insieme a F. Pace, edito dall’ASMV nel 2019. Ha scritto nell’Antologia sulla vita di Michele Ungaro edito dalla Società di Mutuo Soccorso di Cerreto Sannita nel 2019.ha in corso di pubblicazione un libro di poesie. Dirige la collana di poesie della Casa Editrice FioriDiZucca. Presidente pro-tempore dell’Istituto Storico del Sannio Telesino. Premio Upupa 2017 e 2019 per gli studi di storia locale.