
L’epidemia di peste del 1656-1657 colpì in particolar modo il Regno di Napoli provocando per alcuni studiosi la morte di 900mila persone su una popolazione di circa 4,5 milioni di abitanti, mentre per altri con oltre 600mila vittime su circa 3 milioni di abitanti. Nonostante le autorità fossero al corrente del morbo presente già da diversi anni in Catalogna (dal 1650) e Sardegna (dal 1652), tardarono a chiudere i contatti per via mare con grave sottovalutazione del pericolo.
E fatale, infatti, si rivelò l’attracco nel porto di Napoli, capitale del Regno, di un bastimento da guerra con a bordo soldati spagnoli appestati provenienti dalla Sardegna e quando in città nel gennaio del 1656 si registrarono nei quartieri poveri ed affollati i primi isolati episodi di peste, i governanti tennero la notizia segreta per tutto il tempo che fu possibile. Inoltre da gennaio alla seconda decade di maggio l’enorme esodo da Napoli, in assenza di un divieto legislativo, di almeno un terzo dei suoi abitanti (circa 350mila vivevano in città ed altri 100mila nei suoi Casali), contribuì a diffondere la peste in tutte le dodici province del Regno anche se con livelli di contagio differenti. Al termine dell’epidemia nella sola città di Napoli si conteranno circa 150mila vittime. I sintomi pestilenziali erano solitamente mal di testa, delirio, vomito, febbre alta, sete inesorabile, ghiandole ingrossate, bubboni inguinali e sotto le ascelle, pustole alle cosce. In assenza di un qualsiasi rimedio efficace sia medico (salassi, incisione dei bubboni, fumigazioni, ecc.) che religioso (processioni, culti di immagini, ex voto ai santi guaritori, ecc.), le persone con gravi sintomatologie di contagio avevano pochi giorni di vita. Per quanto riguarda la Campania le terre maggiormente afflitte dal morbo furono oltre Napoli e Casali, la valle del Sarno, Salerno e dintorni, la regione dei Monti Picentini e l’Appennino Sannita, tanto che in molte Università la popolazione si dimezzò.
Ed è quello che accadde per il borgo medioevale della Cerreto antica, capoluogo di contea dei Carafa di Maddaloni, che risulta nell’elenco dei centri maggiormente colpiti dal contagio nel biennio 1656-1657 dell’intero Mezzogiorno d’Italia (nei dintorni altre cittadine furono Benevento con all’incirca 13990 deceduti su 19680 abitanti, Maddaloni, Piedimonte d’Alife, Avellino, Teano, Aversa, Sessa Aurunca). Infatti se la Cerreto ante Contagium contava una popolazione di octo mille animae et ultra, in seguito attingit medietatem e cioè «raggiunge la metà».
La pestilenza entrò nel borgo cintato di mura e nei suoi sobborghi contigui extra moenia di Raino e del Capo da Fora abbastanza tardi nel mese di ottobre del 1656 causando, però, subito strage della popolazione. Invece nella vicina San Lorenzello il morbo stava già mietendo vittime a partire dal 4 giugno del 1656 (per il suo periodo di incubazione tra i 2 e i 12 giorni verosimilmente circolava in paese dal mese di maggio) dando a questo casale feudale anche il triste primato come prima parrocchia della Diocesi Telesina ad essere colpita.
Ed anche qui, come a Cerreto, si verificò il dimezzamento della popolazione che ante-peste ascendeva pressappoco a millecinquecento anime.
Così a Cerreto nel Libro dei Morti della Collegiata di San Martino dal mese di novembre del 1656 non verranno più registrati defunti, mentre nel Libro dei Battezzati, dopo la dicitura «Tempore Pestis 1656 Morbus Contagiosa», si ricominceranno a trascrivere i battesimi dall’aprile del 1657. Quindi dopo diversi mesi funesti la fase epidemica cominciò a declinare spontaneamente non prima di aver portato alla morte ogni genere di persone, ma in particolare i soggetti più deboli maggiormente a rischio come i bambini, le donne incinte e gli anziani. Per la popolazione credente, invece, un evento miracoloso era venuto in soccorso della comunità scongiurando che l’ecatombe già in atto assumesse proporzioni ancora maggiori, così come riportato da Serafino Montorio dei Padri Predicatori nello Zodiaco di Maria pubblicato a Napoli nel 1715:
Era nulladimeno la Chiesa assai angusta, e vi si adorava una statua della Vergine scolpita in legno colorito, ed il suo titolo era Santa Maria della Libera. Durò questo culto fino all’anno 1656, quando dilatatosi per tutto il regno il male epidemico, attaccossi anche Cerreto. Intimoriti i Cerretani in vedere tanti portati al sepolcro in pochi giorni, come devotissimi di quell’antica Effigie, per averla più da vicino la portarono alla chiesa delle monache di S. Chiara, dove incessanti suppliche livossero a ciò che il Signore, mediante la intercessione della Santissima Madre, placando il suo sdegno, liberasse quel popolo dal pestifero male. Non furono vane le loro suppliche, perché dopo alcune settimane cessò il contagio; onde quei cittadini memori di tanto beneficio e grati alla loro sovrana Benefattrice, le donarono tant’oro, argento, denaro ed animali che, cavandone la somma di settemila e più scudi, con essa demolita l’antica, edificarono la nuova chiesa, così magnifica e riguardevole, che degnamente dirsi unica in questi paesi.

Per quanto concerne la collocazione delle vittime di peste si può presumere inizialmente, quando i numeri erano ancora contenuti, una loro sepoltura esterna nei terreni adiacenti le maggiori chiese del borgo (San Martino, Sant’Antonio, Santa Maria di Costantinopoli, Santissima Trinità (Cattedrale reggente) con annesso l’Ospedale di San Leonardo che costituito da un paio di cameroni era custodito da un hospitalario e dove vi esercitavano un medico ed un barbiere cirurgo e sanguettaro, mentre la cura spirituale era affidata ai Padri Cappuccini del Convento di Santa Maria della Gratia. L’Ospedale per la sua funzione di assistenza ai poveri e di cura agli ammalati, oltre all’ottimale ubicazione fuori le mura proprio all’inizio del sobborgo del Capo da Fora, probabilmente venne scelto dall’Università come sede naturale di un lazzaretto). In tali limitate fosse comuni i cadaveri, le cui esalazioni mantenevano un insopportabile e pericoloso fetore, prima di essere ricoperti bene di terra, venivano cosparsi di calce viva dalle proprietà disinfettanti oppure in mancanza di questa di cenere. Poi colmati questi spazi, quando i morti cominciarono ad aggirarsi sull’ordine delle migliaia di unità, si scavarono grandi fosse comuni lontane dal centro abitato. Al riguardo fra le genti della località Cerquelle/Ciarleglio e contrada Montrino, da generazioni si è tramandata oralmente l’indicazione che in loco sulle pendici del versante torrentizio di un “toppo” boschivo chiamato “Dente dell’Orso”, una delle tre antiche radure presenti denominata “Piana del Camposanto” (le altre due sono la Piana di San Tommaso e la Piana della Corticella, rispettivamente di maggiore e minore estensione), sarebbe proprio lo spiazzo scelto per le sepolture dei morti di peste di metà seicento. D’altronde la posizione geografica di tale luogo garantiva la preservazione della salubrità delle falde acquifere in quanto si trovava distante dalle sorgenti di Pantano, Chiolli di Cristo e Montrino, le cui acque «incanalate in “formali” di fabbrica coperti da lastroni di pietra, qualche volta anche in tubi di creta … alimentavano le fontane pubbliche (fons in capite foris, fons plateae Cerriti, fons in planitiis turris, fons Turgidi prope hortum Domini), le gualchiere ed i mulini di proprietà del conte».
Possiamo dunque immaginare all’epoca degli eventi i beccamorti, preannunciati dal suono di un campanello, girare per una desolata Cerreto con un carro tirato da buoi a recuperare i cadaveri maleodoranti degli appestati raccolti in alcune chiese ed Ospedale di San Leonardo, ma anche quelli abbandonati in mezzo alla strada. Quindi con i corpi ammucchiati sul carro uscire fuori le mura del borgo da Porta Sant’Antonio (a nord-est nella parte alta) e svoltando subito all’altezza della chiesina campestre di Santa Maria del Soccorso, avviarsi lentamente per la via pastorale che portava fino al “tratturello” nelle zone Cerro e Cese nei pressi della Leonessa. Così pressappoco a metà strada, appena attraversato il torrente Selvatico che confluisce a valle nel maggiore Cappuccini allora detto Vagno, scaricare dal carro i cadaveri per sistemarli piegati sul ventre uno o due per volta sulla groppa dei muli. Con questo carico di sventurati avviarsi lungo un sentiero costeggiante poco al di sopra il torrente, per arrivare quasi subito alla pianeggiante largura di sepoltura dalle discrete dimensioni avente un’estremità lambita dal Selvatico mentre l’altra addossata ad una rupe. A tale increscioso ufficio di sepoltura nulla toglie che dalle autorità cittadine fossero costretti ad eseguirlo anche gli stessi familiari cui apparteneva il morto. Essendo questo cimitero dei pestiferati posto in località isolata e abbastanza lontana dal centro abitato, è plausibile che i cadaveri, anche in mancanza della disinfettante calce viva o di cenere, venissero interrati sistemati in diversi strati con poca terra sopra quasi fino alla sommità del suolo. Frontalmente sull’altra sponda del torrente a filo d’acqua si trova una grossa “morgia”, mentre pochissimo più giù una grande briglia oltre la quale, continuando a scendere incontrandone altre, si giunge all’incantevole scenario lussureggiante della cascatella naturale su parete rocciosa chiamata scherzosamente “Piscio di Cola Conte” che alimenta con le sue acque una gora detta “Gorgo di Cola Conte”. Concludendo non è da escludere l’eventualità che per la considerevole quantità di cadaveri da seppellire, siano stati occupati con fosse comuni anche altri appezzamenti di terreno demaniali del territorio feudale.
Negli anni appena successivi la peste nefaste furono pure le conseguenze in campo economico con l’impoverimento dei cittadini sopravvissuti al contagio. Infatti si ebbe una stagnazione nel commercio, specie di quello dei tessuti a causa dell’attività ridotta nella filiera connessa all’industria dei pannilana, mentre la Chiesa e le Congreghe si videro diminuire drasticamente le cospicue entrate legate sia all’affitto di case restate oramai vuote per scarsezza di abitatori che alla vendita dei frutti di terreni rimasti in parte incolti per mancanza di coloni.
Antonella Selvaggio
Archeologa classica. Lavora presso l’Università del Salento.
Medico e scrittore. Ha all’attivo numerose collaborazioni con riviste di carattere storico. Ha pubblicato una Vita di San Leucio, il libro: “Da Casale a Comune” e la Storia della Parrocchiale Santa Maria Assunta di San Salvatore Telesino. Ha partecipato all’Antologia “Dieci Medici Raccontano”, che ha ottenuto il “Premio Rufolo 2019”. Premio Olmo 2009 per il romanzo storico «L’ultima notte di Bedò», è anche autore di alcuni saggi sulla Storia della Medicina tra cui uno studio sulla Depressione dal titolo «Il potere misterioso della bile nera, breve storia della depressione da Ippocrate a Charlie Brown». Nel 2024 ha pubblicato “Fu la peste” e “Islam a Telesia” per ABE Editore Napoli. Fondatore e Direttore Editoriale della Casa Editrice Fioridizucca.


Laurea magistrale in Lettere. Docente a Prato. Ha approfondito gli eventi storici che portarono alla “Marcia della fame” del 1957 nei comuni del Valfortore sannita. Ha scritto il “Catasto Onciario della Terra di San Salvatore”.

Scrittore, poeta e divulgatore culturale. Medico di continuità assistenziale. Autore di diversi saggi storici e racconti. Ha partecipato all’antologia “Dieci Medici Raccontano”. Fondatore del Premio Nazionale Olmo che tutti gli anni si svolge in Raviscanina (Ce).
Dottore in Lettere. all’Università di Salerno, indirizzo “storico medievale”. Si è poi laureata in Scienze della Formazione primaria all’Ateneo di Campobasso. Studiosa della storia della sua città. Lettrice instancabile di autori italiani e stranieri, si occupa della formazione di piccoli lettori e poeti. È insegnante nella Scuola Primaria da quindici anni. Ha sperimentato innovative metodologie di approccio alla lettura utilizzando le nuove tecnologie che hanno portato alla pubblicazione di una ricerca dal titolo: TIC e DSA. Riflessioni ed esperienze sulle nuove frontiere della pedagogia speciale, Ed. EriksonLive. La storia locale e la ricerca accurata le ha permesso di pubblicare anche un Saggio in storia medievale sull’assetto urbano e riorganizzazione del territorio della Benevento nei sec. XI e XII. Animatore culturale, scrive poesie per fermare in foto-scritte, attimi di vita.
Lorenzo Piombo, medico psichiatra, dirigente del Dipartimento Salute Mentale della ASL di Benevento. Ricercatore e studioso di storia. Vive e opera a Morcone.
Avvocato. Patrocinante in Cassazione. Scrittore di Storia Locale. Opera a Guardia Sanframondi.
Architetto e docente. Appassionato cultore di Storia Locale in Cerreto Sannita, città in cui vive. Ha come campi di interesse gli insediamenti abitativi sanniti. Collabora con il Blog dell’Istituto Storico del Sannio di cui è socio fondatore. È autore del saggio “Cominium Ocritum e le forche caudine: una storia
Studioso del ‘700 napoletano e dell’epopea di Federico II ha approfondito in modo particolare le influenza arabe sull’architettura napoletana. Studioso di suffisso e di religioni orientali.
Medico del Lavoro. Regista teatrale. Giornalista pubblicista. Fondatore di “Byblos”, la biblioteca del Sannio. Scrittore e divulgatore della storia e dei personaggi del Sannio, ha pubblicato “A tavola nel Sannio”, una guida ai ristoranti della provincia di Benevento; “Dietro la Leggenda” (2016), una raccolta di racconti ispirati a fiabe e a leggende del Sannio. Nel 2017 ha pubblicato “Samnes”, un romanzo storico sull’epopea sannita. Ha curato la trascrizione del manoscritto e la stampa dei tre volumi delle “Memorie storiche di Cerreto Sannita per Arcidiacono Nicola Rotondi”. Nel 2019 ha pubblicato “Guida alla Valle Telesina e al Sannio”. Ha pubblicato “Il delitto del pozzo dei pazzi”, un medical-thriller ambientato nel primo ‘900 nell’ospedale degli Incurabili di Napoli. È autore della “Storia di Cerreto dalla preistoria alla seconda guerra mondiale (2022) e di “Fiabe e Favole in cerretese”, edito da Fioridizucca. (2023).
È nato e vive a Castelvenere. Già docente di materie letterarie nella scuola statale, ha pubblicato diverse raccolte di liriche, pagine di ricerca letteraria, studi relativi alla cultura popolare. È presente in antologie, dizionari bio-bibliografici e testi scolastici. Appassionato si storia e di tradizioni locali, è membro di associazioni culturali nazionali. I suoi versi hanno ricevuto giudizi positivi da parte della critica e in concorsi letterari si è classificato ai primi posti.
Architetto, libero professionista. Si occupa di progettazione architettonica, interior design e aspetti legati all’architettura del paesaggio. Dal 2021 è Consigliere dell’ordine degli Architetti della Provincia di Benevento. Ha partecipato a Mostre sul restauro architettonico e a numerose iniziative riguardanti la promozione territoriale.
Insegnante, vive a Caiazzo. È Presidente del’Associazione Storica del Caiatino.
Cultore di storia locale e delle tradizioni del suo paese. Autore del saggio “Notizie storiche ed urbanistiche di Cerreto antica” in cui ha ricostruito l’antico borgo distrutto dal terremoto del 1688.
Originario di Castelvenere. Già dipendente del Miur ora in pensione. Appassionato di Storia locale ed animatore di gruppi per la diffusione della lingua e delle tradizioni di Castelvenere.
Nato a Napoli e residente in Piedimonte Matese. Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Napoli e successiva specializzazione in Chirurgia generale all’Università di Modena è stato aiuto chirurgo presso l’ospedale civile di Piedimonte Matese e, dal maggio 1990, primario del reparto di Pronto Soccorso. Attualmente è pensionato. Dal 1° giugno 1978 è socio corrispondente dell’Associazione Culturale Italo Ispanica “C. Colombo – Madrid”. Negli anni 1972-73, in collaborazione con altri, ha pubblicato alcuni articoli specialistici su riviste mediche. Cultore di storia e tradizioni locali ha pubblicato studi su vari Annuari e collane dell’Associazione Storica del Medio Volturno (sodalizio del quale oltre che socio è stato in passato anche componente del consiglio direttivo) ed in altre riviste e quotidiani regionali.
Musicista. Maestro di clarinetto ed orchestrale. Studioso di storia della filosofia e del ‘700 napoletano. Esperto simbolista e autore di testi esoterico/filosofici.
Nato a Telese Terme ma originario di Amorosi è stato allievo del filosofo Massimo Achille Bonfantini. Laureato in Semiotica e Filosofia del Linguaggio presso l’Università l’Orientale di Napoli. Dedica le sue ricerche prevalentemente allo studio della filosofia e della psicologia dell’inconscio, come dei nuovi percorsi conoscitivi applicati alle neuroscienze. Ha pubblicato Cento petali e una rosa. Semiosi di un romanzo storico (Natan, 2016), Filosofia hegeliana e religione. Osservazioni su Sebastiano Maturi (Natan, 2017) e, recentemente, il saggio dal titolo: Nel gioco di un’incerta reciprocità: Gregory Bateson e la teoria del “doppio legame” (Ediz. Del Faro, 2020).
Nato a Ponte, dove risiede. Dipendente del gruppo Ferrovie dello Stato. Cultore di storia locale con particolare attenzione al periodo medievale. Ha pubblicato “Ponte tra Cronaca e Storia”, “Domenico Ocone, quarant’anni di storia pontese…”, “Le Vie di Ponte tra Storia e Leggenda”. Collabora con varie associazioni culturali.
Farmacista. Dopo la laurea ha conseguito un master biennale e un corso di perfezionamento, approfondendo le conoscenze in ambito fitoterapico, micoterapico e nutraceutico, con la pubblicazione del lavoro di tesi sulla rivista di divulgazione scientifica di medicina naturale ‘Scienza Natura’ del Prof. Ivo Bianchi. Attivo nel sociale, è membro del Rotary Club Valle Telesina ed è amante dello sport e della natura. Innamorato del proprio territorio, ha iniziato a coltivare l’interesse per la storia locale.


Presidente dell’Associazione culturale “La Biblioteca del Sannio”, dottore di ricerca presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” con una tesi sulla metadatazione della cartografia storica. Giornalista e direttore di Canale Sassuolo. Già docente a contratto di Lingua e Cultura Spagnola e Global History, presso il dipartimento di Scienze Politiche dell’ateneo vanvitelliano, è attualmente tutor di Storia Contemporanea e Storia dei Partiti e Movimenti politici.



Laurea in giurisprudenza presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. Dirigente amministrativa presso l’Università del Molise.
Dottore di ricerca in Ingegneria Elettronica ed informatica presso l’Università degli Studi di Napoli. Ha Svolto attività didattica presso l’Università Federico II. Vive a Telese.
Vive a Morcone. Presidente Italia Nostra Matese Alto Tammaro.
Maestro elementare, appassionato studioso e cultore di Storia Locale.
Biologo residente a Telese Terme. Cultore di storia locale con particolare riferimento alla storia del periodo sannitico. È autore del saggio “La Leonessa e il fenomeno luminoso nella grotta di Sant’Angelo” edito da Fioridizucca nel 2022.
Già sindaco di Caiazzo, dopo aver conseguito la maturità scientifica, rivolge il suo impegno politico alle battaglie del Partito Radicale, soprattutto nel campo della tutela dell’ambiente e in quello per una giustizia giusta. Nel 1980 viene eletto consigliere comunale a Caiazzo, città in cui vive, in rappresentanza della “nuova sinistra”. Nel 1982 aderisce alla Lega per l’Ambiente, promuovendo diverse iniziative per la tutela del fiume Volturno e per il recupero del patrimonio edilizio del centro storico di Caiazzo. Tra il 1987 e il 1994 è Presidente dell’Associazione Storica del Caiatino. Nel 1994 viene eletto sindaco di Caiazzo con la lista civica “Rinascita Caiatina”. Rieletto nel 1998, si adopera per una crescita socio-economica della città; realizza un programma pluriennale, che viene selezionato anche da “Sviluppo Italia” SpA per la costituzione di un Laboratorio di sperimentazione per lo sviluppo locale. Presidente dell’Associazione “Città Paesaggio” dal 2003, è coordinatore del progetto “Per una Carta dei paesaggi dell’olio e dell’olivo”, realizzato d’intesa con l’Associazione nazionale “Città dell’Olio”. Nel 2007 aderisce a Slow Food, dedicandosi soprattutto alla salvaguardia delle piccole produzioni agricole. Ha pubblicato con le Edizioni 2000diciassette: La Memoria e L’Oblio, un saggio sull’eccidio di Caiazzo durante l’ultimo conflitto mondiale.
Giornalista Pubblicista. Esperto di Enologia, collabora a diversi siti web del settore. Collaboratore del blog lucianopignataro.it è responsabile dell’Ufficio Stampa del Sannio Consorzio Tutela Vini.
Dottore in Storia. Autore di un saggio storico, conseguente a ricerca d’archivio, sul suo Comune dal titolo: Faicchio 1920 – 1946 dall’avvento del Fascismo alla nascita della Repubblica, 2016.
Promotore culturale dell’area di Faicchio. Dopo aver conseguito la maturità classica si è laureato in Economia. È dirigente d’impresa a Milano nel settore delle borse valori e mercati finanziari. Ha scritto diversi articoli sulla stampa finanziaria nazionale, tra cui il Sole 24 Ore ed Investire. È appassionato di cultura locale, ha vinto il premio Prosa IX Premio letterario dell’Associazione Storica del Medio Volturno. Titolare delle strutture ricettive “Magie del Sannio” ha dato vita anche al “Piccolo Museo privato di Faicchio Magie del Sannio”.
Giornalista professionista. Scrittore di romanzi e direttore di diverse testate radio televisive. Fondatore del sito: Neifatti.it
Esperta di Comunicazione Istituzionale; in particolar modo di Social Media Policy e e di politiche agroalimentari legate all’economia di piccola scala per Slow Food, in Campania e Basilicata. Suoi contributi in ambito associativo sono legati a tradizioni e culture della terra e del territorio. Ha effettuato training in storiografia in Francia.
Infaticabile animatore culturale dell’area del Caiatino e del Casertano. Allievo del prof. Galasso. Fondatore di Gruppi culturali dediti alla divulgazione della storia del Territorio, attualmente responsabile di Procedimento Unità Operativa Biblioteca civica e Archivio Storico del Comune di Caiazzo.
Medico ed esperto di storia della gastronomia.
Medico di Emergenza territoriale residente in Puglianello. Ha collaborato all’opera Dieci Medici Raccontano.
Studioso della storia del Risorgimento e cultore del periodo Borbonico, ha recentemente collaborato con un suo scritto all’antologia biografica dedicata a Michele Ungaro. Ha in corso un saggio su Sanchez De Luna, un Vescovo del ‘700.
Medico specialista in oncologia e cure palliative è autore principalmente di pubblicazioni scientifiche di settore in lingua inglese ed italiana. È stato inoltre relatore
Sannita di origini e toscano d’adozione. Medico anestesista, ha coltivato con interesse e particolarmente studiato la “Terapia del dolore”. Di tale disciplina è stato per lunghi anni docente all’Università di Siena. Ha avuto anche esperienze di insegnamento all’estero (Bobigny Paris nord, Accademia Russa delle Scienze mediche, Accademia Lettone di Scienze odontoiatriche). Ufficiale medico dell’Esercito italiano, è appassionato di esoterismo, di cultura e tradizioni popolari. E’ autore di saggistica. Ha recentemente pubblicato saggio su “Massoneria, relazioni umane e comunicazione tecnologica” edito da Fioridizucca edizioni.
Dottore in Legge ed autore di ricerche di Storia Locale. Ha partecipato al progetto “Un museo a colori” avente il fine di far conoscere il museo di arte ceramica di Cerreto Sannita. Le mansioni svolte sono state quelle di guida museale e bibliotecaria, e redazione di progetti e lavori di gruppo con gli altri volontari. Ha scritto un saggio nella Antologia dedicata al bicentenario della nascita di Michele Ungaro, edita dalla Società di Mutuo Soccorso di Cerreto Sannita.
Andrea Ciervo nato a Caserta il 12.10.1975. Presbitero dal 24 novembre 2012 già Laureato in Giurisprudenza alla Federico II, con una tesi di Diritto Ecclesiastico sui Risvolti dei Patti Lateranensi col prof. Mario Tedeschi…tirocinante poi presso Studio Notaro in via Mezzocannone di Napoli…consegue il Baccalaureato presso l’Aloysianum di Padova nel 2007 con una tesi sulla Religione in Immanuel Kant col prof. Secondo Bongiovanni. Si Laurea in Sacra Teologia presso la Facoltà Teologica dell’ Italia Meridionale sezione san Tommaso nel 2012 sempre “Summa cum laude”
Dottore in Archeologia e Scienze Storiche, ha svolto diverse campagne di scavo alla necropoli del Cigno a Macchia Valfortore (CB), con l’Università degli studi di Napoli Federico II e alla necropoli di Crocifisso del tufo a Orvieto (TR), con il Parco Archeologico Ambientale dell’Orvietano e l’ Università dell’Arizona. È attuale vice Presidente della Pro Loco di Sant’Agata dei Goti (BN) dove svolge anche la funzione di OLP per il Servizio Civile Universale. È giornalista tirocinante presso la testata QuasiMezzogiorno. Sì è occupato di alcuni ambiti di archeologia della produzione del Sannio caudino. Attualmente s’interessa alle istituzioni sociali e militari del Medioevo. È vice Presidente dell’Istituto Storico Sannio Telesino.
Medico di Pronto Soccorso ed Emergenza Cultore di Storia Locale ha scritto il saggio: Telesia 1349 Peste e Terremoto edizioni duemiladicessette, 2016, Cartoline da Telese ed. Unione Filatelica Beneventana, 2009; Castelvenere Valdese insieme a P. Carlo Ed. Realtà Sannita, 2016; Officine Massoniche e Vendite Carbonare in Area Sannita insieme a F. Pace, edito dall’ASMV nel 2019. Ha scritto nell’Antologia sulla vita di Michele Ungaro edito dalla Società di Mutuo Soccorso di Cerreto Sannita nel 2019.ha in corso di pubblicazione un libro di poesie. Dirige la collana di poesie della Casa Editrice FioriDiZucca. Presidente pro-tempore dell’Istituto Storico del Sannio Telesino. Premio Upupa 2017 e 2019 per gli studi di storia locale.