
Analizzando le grandi epidemie del presente e del passato, appare quasi straordinario quante siano innumerevoli le similitudini nei comportamenti sociali e negli atteggiamenti scientifici utilizzati nell’affrontare i luttuosi eventi. Nelle stesse cause di insorgenza di pandemia, soprattutto quando le sue basi scientifiche non sono note, si generano due tipi di eventi sociali: l’individuazione di un colpevole “esterno”, nel passato identificati nell’ira divina, oppure nei soldati stranieri, nelle navi o merci importate, oppure la colpevolizzazione di un elemento “interno”, come accaduto con gli untori, gli ebrei, gli eretici, i rivoluzionari. Il riconoscere una causa esterna all’epidemia rafforza i legami di gruppo, potenzia le dinamiche sociali interne e fa ritrovare la popolazione in una unione corale che esprime il proprio desiderio di cura attraverso pellegrinaggi, culti e riti collettivi. Un chiaro esempio di questo fenomeno è stata l’edificazione dell’eremo di sant’Orsola durante la peste di Napoli del 1656. Nell’attuale pandemia di Coronavirus si sono citati i pipistrelli o altri piccoli mammiferi presenti nei mercati asiatici, ma ci sono anche teorie più radicali sulla periodica necessità di Madre Terra di riequilibrare le sempre più pressanti richieste di risorse degli uomini che la abitano con le effettive disponibilità di cui la natura dispone.
La colpevolizzazione di un elemento interno si traduce in una serie di comportamenti socialmente disaggreganti, in cui le fazioni, le famiglie, i gruppi sociali di una stessa comunità si fronteggiano e lottano l’uno contro l’altro: l’esito finale è in una profonda lacerazione della comunità stessa. Nel caso del Coronavirus questa modalità, almeno in Italia, è stata meno sentita, ma non sono mancati esempio di isolamento sociale, almeno temporaneo, di soggetti o gruppi di persone considerati comunque portatori e quindi non solo da evitare, ma da bandire. In ogni caso durante tutti i grandi flagelli sono presenti e si intrecciano entrambe le evenienze. Le lacerazioni interne alla città assediata dall’epidemia, la riorganizzazione del potere (politico, sociale, religioso, medico) e le forme di controllo imposte dalla segregazione, oggi diremmo lock-down, e della fuga – come tante scene viste di vere e proprie migrazioni-transumanze tra le regioni italiane – rispecchiano più che i meccanismi protettivi del culto, lo svolgersi della dinamica storica. 1G. Calvi, L’oro, il fuoco. le forche: la peste napoletana del 1656.
Non sembri strano ancora come l’accesa dialettica tra il mondo politico e la comunità scientifica non sia poi tanto cambiata in 400 anni. L’utilizzo della parola “contagio” più che della parola “infezione” sposta la ricerca scientifica e sociale dalla causa alla diffusione e diventa ambigua nell’intrecciarsi del dibattito medico e del discorso politico. L’oscurità e l’ignoranza delle cause e del possibile andamento dell’epidemia rendono il binomio difficilmente separabile, e nell’impossibilità di identificare un responsabile esterno, l’attenzione si sposta sul colpevole, sul diffusore interno al gruppo. Un modo di pilotare l’attenzione del popolo che è oggi svolto da giornali e social, mentre prima era solo svolto da Editti e leggi.
Se, poi, è consequenziale pensare ad un confronto politico con posizioni spesso diverse e contrastanti fra loro, ripensare ai contrasti scientifici resi pubblici in televisione dei vari virologi, nazionali ed internazionali, che a volte hanno avuto la capacità di contraddire se stessi, è cosa ben preoccupante soprattutto pensando che accadeva anche durante le epidemie europee del 1500 e 1600.
“L’impotenza di fronte al dilagare del morbo acuisce parallelamente il conflitto fra la corporazione dei medici e la Deputazione di sanità, costretta a minacciare con la pena di morte chi non si presenti alle riunioni indette dai magistrati e non riveli al capitano della strada alla cui tutela è preposto «dove habbitano gli ammalati che sapessero essere infetti di male contaggioso» per farli trasportare al lazzaretto, dato che i dottori «ricusavano d’andare a quelli ch’erano infetti». Anche il terrore del contagio contribuisce ad incrementare la mortalità, accelerando il ricovero di tutti i casi sospetti”.2Ib. Pag 440.
Nei momenti in cui anche la scienza vacilla, mostrando disgregazione operativa e improvvisazione, la politica nuovamente mostra tutti i sui limiti culturali non offendo prospettive più rassicuranti, nel 2020 come nel 1600. Benché le misure adottate siano teoricamente corrette, anche durante le epidemie di peste il loro livello di applicazione è molto scarso e restano largamente inevase. Sono ben noti tutti gli episodi e le manifestazioni sempre più frequenti di intolleranza alle restrizioni del lock-down. «In quanto ad ordinazioni per defendersi – scrive Vincenzo Medici3Agente toscano a Napoli durante la pestilenza del 1636 a Firenze – «se ‘ne sono fatte moltissime, ma nisuna se ne osserva (…) perché le case dove si muore del male poche se ne serrano, et chi resta in vita prattica liberamente».4Ib. Pag 442
Anche durante la pestilenza Napoletana – in realtà durante tutte le pestilenze che hanno colpito nei secoli il vecchio continente – le inadempienze nel rispetto delle regole di chiusura e di segregazione vengono attribuite a motivazioni prevalentemente economiche ed anche allora furono individuate forme assistenziali di tipo economico risarcitorio a chi doveva chiudere le botteghe. Intervengono sia la carità privata (di laici e religiosi) che quella fornita dall’autorità (il viceré). L’amministrazione cittadina tenta di coordinare una politica assistenziale sotto forma di sussidi ai più indigenti e agli infermi poveri: «…Rieti la città mandò 250 scudi all’eletto del popolo perché li facesse distribuire alle case degl’infermi poveri…».5Ib. Pag 442 Vigeva l’obbligo di consegnare e bruciare materassi e letterecci degli ammorbati e veniva loro concesso un materasso nuovo. Nel 2020 non sono mancate simili forme di solidarietà con provvedimenti assistenziali sia da privati (aziende che hanno continuato a pagare gli stipendi ai loro dipendenti), sia a livello di amministrazioni locali con “buoni spesa comunali”, ristori alle singole categorie di lavoratori e incentivi alla ripartenza economica da parte del Governo.
Anche la ripresa delle attività quotidiane “normali” in coda all’epidemia presenta punti in comune tra passato e presente: Napoli, ad esempio, al termine della pestilenza del 1636, con una popolazione ridotta di oltre il 75%, riscopre l’economia e perde, almeno temporaneamente, gli equilibri sociali consolidati. Quasi in una riscoperta del valore intrinseco della vita, anche chi svolge mansioni umili e poco pagate, al termine della pestilenza rivendica il suo ruolo nel contesto sociale, imponendo prezzi e triplicando la richiesta economica, soprattutto nei servi essenziali. Facchini, scarpinelli e cocchieri rischiano di diventare i nuovi “ricchi”, ma l’euforia dura poco e dopo pochi anni l’economia napoletana torna ad essere di consumismo effimero piuttosto che legata ad un vero e proprio stimolo produttivo. Per il momento osserviamo solo alcuni dei comportamenti già descritti nel passato, con alcune categorie notevolmente “arricchite” ed altre uscite decisamente penalizzate dai 18 mesi di chiusure, così come il piano di ristoro e resilienza del governo Italiano ha consentito un notevole afflusso monetario nelle casse dello Stato, il futuro ci dirà se saremo nuovamente incapaci di trasformare la moneta in economia.
Non poteva mancare, in questo rapido excursus sui parallelismi tra la pandemia da Covid-19 e le grandi epidemie del passato, il greenpass, la bolletta, avrebbero detto nell’Italia del 1500 e del 1600 dove la Peste si spostava da Roma verso Campania, Calabria e Basilicata. “Finita la quarantena, avranno «un vestito nuovo a spese pubbliche» di modo che, ‘smesso l’abito che «avevano tenuto a tempo del male» possano ricevere la bolletta della salute e circolare liberamente per la città».6Ib. Pag. 446
Il bollettino non era uguale in tutte le città della penisola e molte furono le richieste di renderlo unico onde evitare falsificazioni e brogli. Nel 1522, gli Eletti di Napoli chiedevano ad ogni città di fornire il modello del loro bollettino per gli opportuni raffronti comunicando contestualmente di aver chiuso le porte della Città a coloro che ne erano sprovvisti. “Noi Eletti del inclita et fedelissima cita de Napoli et Regno, havendo da provveder circa la guardia de lo porto de questa cita de Napoli, tanto per causa de la grassa, che non habia da uscir da questa cita sencza ordine et expressa licentia nostra, quanto ancora per cautela et guardia che nisciuno vascello, quale venesse da loco sospetto de peste, havisse da intrare in lo porto de questa cita sencza nostra expressa licentia”. Questo il testo della lettera inviata alle città di Capua, Sessa, Teano, Aversa, Pozzuoli.7Gr. Arch. Munic. Nap., Lett., vol. 1, n. 1496 rosso, fol. 75 retro, 8Arch. Di Stat. Di Nap., Atti del Collat. Cur., vol VIII, pag. 4 retro
Alle navi che tornavano da Roma, autorizzate dal Viceré, veniva imposta una vigilanza di quaranta giorni da scontarsi nelle acque di Procida, a Nisida.
Risultando comunque vani tutti gli sforzi per contenere la peste, essendo essa giunta anche a Ortona, Lanciano, Lucera, Castel di Sangro, si giunse anche alla determinazione di istituire una zona di protezione attorno la capitale, evitando ogni commercio, anche con bollettino, al di qua di Salerno, Capua9Gr. Arch. Munic. Nap., Lett., vol. 1, n. 1496 rosso, fol.100 e Benevento. La similitudine immediata è con l’istituzione delle fasce di colore con le varie restrizioni adoperate durante l’attuale pandemia.



Oltre a richiamare attenzione alle vie del mare, molti erano anche i richiami e le sollecitazioni a chiudere e monitorare le vie di terra: Capua, Venafro10Gr. Arch. Munic. Nap., Lett., vol. 1, n. 1496 rosso, fol.239, Teano, finanche i Frati di Montecassino furono sollecitati a non andare vagando e non “dare ricetto a frati di fuori regno e di Roma”.11Gr. Arch. Munic. Nap., Lett., vol. 1, n. 1496 rosso, fol.226
Ulteriore preoccupazione venne dalla chiusura, anzi “muratura”, dell’Ospedale degli Incurabili e di Castel Novo nel settembre 1526 “non tanto perché fosse stato infetto, ma più presto per cautela, data la vicinanza di Aversa, et anche per lo loco da se corrupto, atteso tanti sono ammorbati de mal franzese, cancari et altri morbi incurabili”, come fu risposto ai consoli di Benevento che chiedevano spiegazioni in quanto preoccupati dal possibile blocco delle forniture di granaglie che quotidianamente partivano da Benevento verso Napoli e dal crescente senso di insofferenza verso i cittadini di Napoli che iniziavano ad essere maltrattati quando si presentavano alle porte della città.

Ultima, ma non per importanza, citazione, va fatta riguardo le USCA, le unità di assistenza domiciliare e gli ospedali dedicati, in realtà già istituiti efficientemente proprio durante la peste del 1523. Gli appestati venivano inviati all’Ospedale di S. Gennaro e le case sospette sbarrate. Gli Eletti avevano assunto il medico del Cardinale Colonna, cui avevano aggregato quattro barbieri per “sagnare ret medicare li morbati”, due confessori, un ministro di giustizia e “doi alguzzini” per coloro che avessero osato celare il morbo o ardito di parlare coi sani. Essi dovevano stare appartati in apposita casa e, girando per la città per l’esercizio del loro ministero, “dovevano andare con lo modo debito e non praticare con alcuno”.12Gr. Arch. Munic. Nap., Lett., vol. 1, n. 1496 rosso, fol.262 Alle spese necessarie per gli appestati si era provveduto per mezzo di un tesoriere che cavalcava per la città tenendo conto delle case sbarrate e delle persone sospette secondo le informazioni di parenti e amici e faceva ottenere loro il vitto necessario per sostenersi per quattro giorni e non bastava in totale la spesa giornaliera di 200 ducati.13Gr. Arch. Munic. Nap., Lett., vol. 1, n. 1496 rosso, fol.265 retro e 279 retro
Ora come allora, innumerevoli sono le similitudini tra pestilenze del passato e Covid-19, forse troppe, considerando che sono trascorsi 500 anni di cultura, progresso sociale e scientifico.
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NOTE:
[1] G. Calvi L’oro, il fuoco. le forche: la peste napoletana del 1656.
[2] Ib. Pag 440
[3] Agente toscano a Napoli durante la pestilenza del 1636
[4] Ib. Pag 442
[5] Ib. Pag 442
[6] Ib. Pag. 446
[7] Gr. Arch. Munic. Nap., Lett., vol. 1, n. 1496 rosso, fol. 75 retro
[8] Arch. Di Stat. Di Nap., Atti del Collat. Cur., vol VIII, pag. 4 retro
[9] Gr. Arch. Munic. Nap., Lett., vol. 1, n. 1496 rosso, fol.100
[10] Gr. Arch. Munic. Nap., Lett., vol. 1, n. 1496 rosso, fol.239
[11] Gr. Arch. Munic. Nap., Lett., vol. 1, n. 1496 rosso, fol.226
[12] Gr. Arch. Munic. Nap., Lett., vol. 1, n. 1496 rosso, fol.262
[13] Gr. Arch. Munic. Nap., Lett., vol. 1, n. 1496 rosso, fol.265 retro e 279 retro
Antonella Selvaggio
Archeologa classica. Lavora presso l’Università del Salento.
Medico e scrittore. Ha all’attivo numerose collaborazioni con riviste di carattere storico. Ha pubblicato una Vita di San Leucio, il libro: “Da Casale a Comune” e la Storia della Parrocchiale Santa Maria Assunta di San Salvatore Telesino. Ha partecipato all’Antologia “Dieci Medici Raccontano”, che ha ottenuto il “Premio Rufolo 2019”. Premio Olmo 2009 per il romanzo storico «L’ultima notte di Bedò», è anche autore di alcuni saggi sulla Storia della Medicina tra cui uno studio sulla Depressione dal titolo «Il potere misterioso della bile nera, breve storia della depressione da Ippocrate a Charlie Brown». Nel 2024 ha pubblicato “Fu la peste” e “Islam a Telesia” per ABE Editore Napoli. Fondatore e Direttore Editoriale della Casa Editrice Fioridizucca.


Laurea magistrale in Lettere. Docente a Prato. Ha approfondito gli eventi storici che portarono alla “Marcia della fame” del 1957 nei comuni del Valfortore sannita. Ha scritto il “Catasto Onciario della Terra di San Salvatore”.

Scrittore, poeta e divulgatore culturale. Medico di continuità assistenziale. Autore di diversi saggi storici e racconti. Ha partecipato all’antologia “Dieci Medici Raccontano”. Fondatore del Premio Nazionale Olmo che tutti gli anni si svolge in Raviscanina (Ce).
Dottore in Lettere. all’Università di Salerno, indirizzo “storico medievale”. Si è poi laureata in Scienze della Formazione primaria all’Ateneo di Campobasso. Studiosa della storia della sua città. Lettrice instancabile di autori italiani e stranieri, si occupa della formazione di piccoli lettori e poeti. È insegnante nella Scuola Primaria da quindici anni. Ha sperimentato innovative metodologie di approccio alla lettura utilizzando le nuove tecnologie che hanno portato alla pubblicazione di una ricerca dal titolo: TIC e DSA. Riflessioni ed esperienze sulle nuove frontiere della pedagogia speciale, Ed. EriksonLive. La storia locale e la ricerca accurata le ha permesso di pubblicare anche un Saggio in storia medievale sull’assetto urbano e riorganizzazione del territorio della Benevento nei sec. XI e XII. Animatore culturale, scrive poesie per fermare in foto-scritte, attimi di vita.
Lorenzo Piombo, medico psichiatra, dirigente del Dipartimento Salute Mentale della ASL di Benevento. Ricercatore e studioso di storia. Vive e opera a Morcone.
Avvocato. Patrocinante in Cassazione. Scrittore di Storia Locale. Opera a Guardia Sanframondi.
Architetto e docente. Appassionato cultore di Storia Locale in Cerreto Sannita, città in cui vive. Ha come campi di interesse gli insediamenti abitativi sanniti. Collabora con il Blog dell’Istituto Storico del Sannio di cui è socio fondatore. È autore del saggio “Cominium Ocritum e le forche caudine: una storia
Studioso del ‘700 napoletano e dell’epopea di Federico II ha approfondito in modo particolare le influenza arabe sull’architettura napoletana. Studioso di suffisso e di religioni orientali.
Medico del Lavoro. Regista teatrale. Giornalista pubblicista. Fondatore di “Byblos”, la biblioteca del Sannio. Scrittore e divulgatore della storia e dei personaggi del Sannio, ha pubblicato “A tavola nel Sannio”, una guida ai ristoranti della provincia di Benevento; “Dietro la Leggenda” (2016), una raccolta di racconti ispirati a fiabe e a leggende del Sannio. Nel 2017 ha pubblicato “Samnes”, un romanzo storico sull’epopea sannita. Ha curato la trascrizione del manoscritto e la stampa dei tre volumi delle “Memorie storiche di Cerreto Sannita per Arcidiacono Nicola Rotondi”. Nel 2019 ha pubblicato “Guida alla Valle Telesina e al Sannio”. Ha pubblicato “Il delitto del pozzo dei pazzi”, un medical-thriller ambientato nel primo ‘900 nell’ospedale degli Incurabili di Napoli. È autore della “Storia di Cerreto dalla preistoria alla seconda guerra mondiale (2022) e di “Fiabe e Favole in cerretese”, edito da Fioridizucca. (2023).
È nato e vive a Castelvenere. Già docente di materie letterarie nella scuola statale, ha pubblicato diverse raccolte di liriche, pagine di ricerca letteraria, studi relativi alla cultura popolare. È presente in antologie, dizionari bio-bibliografici e testi scolastici. Appassionato si storia e di tradizioni locali, è membro di associazioni culturali nazionali. I suoi versi hanno ricevuto giudizi positivi da parte della critica e in concorsi letterari si è classificato ai primi posti.
Architetto, libero professionista. Si occupa di progettazione architettonica, interior design e aspetti legati all’architettura del paesaggio. Dal 2021 è Consigliere dell’ordine degli Architetti della Provincia di Benevento. Ha partecipato a Mostre sul restauro architettonico e a numerose iniziative riguardanti la promozione territoriale.
Insegnante, vive a Caiazzo. È Presidente del’Associazione Storica del Caiatino.
Cultore di storia locale e delle tradizioni del suo paese. Autore del saggio “Notizie storiche ed urbanistiche di Cerreto antica” in cui ha ricostruito l’antico borgo distrutto dal terremoto del 1688.
Originario di Castelvenere. Già dipendente del Miur ora in pensione. Appassionato di Storia locale ed animatore di gruppi per la diffusione della lingua e delle tradizioni di Castelvenere.
Nato a Napoli e residente in Piedimonte Matese. Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Napoli e successiva specializzazione in Chirurgia generale all’Università di Modena è stato aiuto chirurgo presso l’ospedale civile di Piedimonte Matese e, dal maggio 1990, primario del reparto di Pronto Soccorso. Attualmente è pensionato. Dal 1° giugno 1978 è socio corrispondente dell’Associazione Culturale Italo Ispanica “C. Colombo – Madrid”. Negli anni 1972-73, in collaborazione con altri, ha pubblicato alcuni articoli specialistici su riviste mediche. Cultore di storia e tradizioni locali ha pubblicato studi su vari Annuari e collane dell’Associazione Storica del Medio Volturno (sodalizio del quale oltre che socio è stato in passato anche componente del consiglio direttivo) ed in altre riviste e quotidiani regionali.
Musicista. Maestro di clarinetto ed orchestrale. Studioso di storia della filosofia e del ‘700 napoletano. Esperto simbolista e autore di testi esoterico/filosofici.
Nato a Telese Terme ma originario di Amorosi è stato allievo del filosofo Massimo Achille Bonfantini. Laureato in Semiotica e Filosofia del Linguaggio presso l’Università l’Orientale di Napoli. Dedica le sue ricerche prevalentemente allo studio della filosofia e della psicologia dell’inconscio, come dei nuovi percorsi conoscitivi applicati alle neuroscienze. Ha pubblicato Cento petali e una rosa. Semiosi di un romanzo storico (Natan, 2016), Filosofia hegeliana e religione. Osservazioni su Sebastiano Maturi (Natan, 2017) e, recentemente, il saggio dal titolo: Nel gioco di un’incerta reciprocità: Gregory Bateson e la teoria del “doppio legame” (Ediz. Del Faro, 2020).
Nato a Ponte, dove risiede. Dipendente del gruppo Ferrovie dello Stato. Cultore di storia locale con particolare attenzione al periodo medievale. Ha pubblicato “Ponte tra Cronaca e Storia”, “Domenico Ocone, quarant’anni di storia pontese…”, “Le Vie di Ponte tra Storia e Leggenda”. Collabora con varie associazioni culturali.
Farmacista. Dopo la laurea ha conseguito un master biennale e un corso di perfezionamento, approfondendo le conoscenze in ambito fitoterapico, micoterapico e nutraceutico, con la pubblicazione del lavoro di tesi sulla rivista di divulgazione scientifica di medicina naturale ‘Scienza Natura’ del Prof. Ivo Bianchi. Attivo nel sociale, è membro del Rotary Club Valle Telesina ed è amante dello sport e della natura. Innamorato del proprio territorio, ha iniziato a coltivare l’interesse per la storia locale.


Presidente dell’Associazione culturale “La Biblioteca del Sannio”, dottore di ricerca presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” con una tesi sulla metadatazione della cartografia storica. Giornalista e direttore di Canale Sassuolo. Già docente a contratto di Lingua e Cultura Spagnola e Global History, presso il dipartimento di Scienze Politiche dell’ateneo vanvitelliano, è attualmente tutor di Storia Contemporanea e Storia dei Partiti e Movimenti politici.



Laurea in giurisprudenza presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. Dirigente amministrativa presso l’Università del Molise.
Dottore di ricerca in Ingegneria Elettronica ed informatica presso l’Università degli Studi di Napoli. Ha Svolto attività didattica presso l’Università Federico II. Vive a Telese.
Vive a Morcone. Presidente Italia Nostra Matese Alto Tammaro.
Maestro elementare, appassionato studioso e cultore di Storia Locale.
Biologo residente a Telese Terme. Cultore di storia locale con particolare riferimento alla storia del periodo sannitico. È autore del saggio “La Leonessa e il fenomeno luminoso nella grotta di Sant’Angelo” edito da Fioridizucca nel 2022.
Già sindaco di Caiazzo, dopo aver conseguito la maturità scientifica, rivolge il suo impegno politico alle battaglie del Partito Radicale, soprattutto nel campo della tutela dell’ambiente e in quello per una giustizia giusta. Nel 1980 viene eletto consigliere comunale a Caiazzo, città in cui vive, in rappresentanza della “nuova sinistra”. Nel 1982 aderisce alla Lega per l’Ambiente, promuovendo diverse iniziative per la tutela del fiume Volturno e per il recupero del patrimonio edilizio del centro storico di Caiazzo. Tra il 1987 e il 1994 è Presidente dell’Associazione Storica del Caiatino. Nel 1994 viene eletto sindaco di Caiazzo con la lista civica “Rinascita Caiatina”. Rieletto nel 1998, si adopera per una crescita socio-economica della città; realizza un programma pluriennale, che viene selezionato anche da “Sviluppo Italia” SpA per la costituzione di un Laboratorio di sperimentazione per lo sviluppo locale. Presidente dell’Associazione “Città Paesaggio” dal 2003, è coordinatore del progetto “Per una Carta dei paesaggi dell’olio e dell’olivo”, realizzato d’intesa con l’Associazione nazionale “Città dell’Olio”. Nel 2007 aderisce a Slow Food, dedicandosi soprattutto alla salvaguardia delle piccole produzioni agricole. Ha pubblicato con le Edizioni 2000diciassette: La Memoria e L’Oblio, un saggio sull’eccidio di Caiazzo durante l’ultimo conflitto mondiale.
Giornalista Pubblicista. Esperto di Enologia, collabora a diversi siti web del settore. Collaboratore del blog lucianopignataro.it è responsabile dell’Ufficio Stampa del Sannio Consorzio Tutela Vini.
Dottore in Storia. Autore di un saggio storico, conseguente a ricerca d’archivio, sul suo Comune dal titolo: Faicchio 1920 – 1946 dall’avvento del Fascismo alla nascita della Repubblica, 2016.
Promotore culturale dell’area di Faicchio. Dopo aver conseguito la maturità classica si è laureato in Economia. È dirigente d’impresa a Milano nel settore delle borse valori e mercati finanziari. Ha scritto diversi articoli sulla stampa finanziaria nazionale, tra cui il Sole 24 Ore ed Investire. È appassionato di cultura locale, ha vinto il premio Prosa IX Premio letterario dell’Associazione Storica del Medio Volturno. Titolare delle strutture ricettive “Magie del Sannio” ha dato vita anche al “Piccolo Museo privato di Faicchio Magie del Sannio”.
Giornalista professionista. Scrittore di romanzi e direttore di diverse testate radio televisive. Fondatore del sito: Neifatti.it
Esperta di Comunicazione Istituzionale; in particolar modo di Social Media Policy e e di politiche agroalimentari legate all’economia di piccola scala per Slow Food, in Campania e Basilicata. Suoi contributi in ambito associativo sono legati a tradizioni e culture della terra e del territorio. Ha effettuato training in storiografia in Francia.
Infaticabile animatore culturale dell’area del Caiatino e del Casertano. Allievo del prof. Galasso. Fondatore di Gruppi culturali dediti alla divulgazione della storia del Territorio, attualmente responsabile di Procedimento Unità Operativa Biblioteca civica e Archivio Storico del Comune di Caiazzo.
Medico ed esperto di storia della gastronomia.
Medico di Emergenza territoriale residente in Puglianello. Ha collaborato all’opera Dieci Medici Raccontano.
Studioso della storia del Risorgimento e cultore del periodo Borbonico, ha recentemente collaborato con un suo scritto all’antologia biografica dedicata a Michele Ungaro. Ha in corso un saggio su Sanchez De Luna, un Vescovo del ‘700.
Medico specialista in oncologia e cure palliative è autore principalmente di pubblicazioni scientifiche di settore in lingua inglese ed italiana. È stato inoltre relatore
Sannita di origini e toscano d’adozione. Medico anestesista, ha coltivato con interesse e particolarmente studiato la “Terapia del dolore”. Di tale disciplina è stato per lunghi anni docente all’Università di Siena. Ha avuto anche esperienze di insegnamento all’estero (Bobigny Paris nord, Accademia Russa delle Scienze mediche, Accademia Lettone di Scienze odontoiatriche). Ufficiale medico dell’Esercito italiano, è appassionato di esoterismo, di cultura e tradizioni popolari. E’ autore di saggistica. Ha recentemente pubblicato saggio su “Massoneria, relazioni umane e comunicazione tecnologica” edito da Fioridizucca edizioni.
Dottore in Legge ed autore di ricerche di Storia Locale. Ha partecipato al progetto “Un museo a colori” avente il fine di far conoscere il museo di arte ceramica di Cerreto Sannita. Le mansioni svolte sono state quelle di guida museale e bibliotecaria, e redazione di progetti e lavori di gruppo con gli altri volontari. Ha scritto un saggio nella Antologia dedicata al bicentenario della nascita di Michele Ungaro, edita dalla Società di Mutuo Soccorso di Cerreto Sannita.
Andrea Ciervo nato a Caserta il 12.10.1975. Presbitero dal 24 novembre 2012 già Laureato in Giurisprudenza alla Federico II, con una tesi di Diritto Ecclesiastico sui Risvolti dei Patti Lateranensi col prof. Mario Tedeschi…tirocinante poi presso Studio Notaro in via Mezzocannone di Napoli…consegue il Baccalaureato presso l’Aloysianum di Padova nel 2007 con una tesi sulla Religione in Immanuel Kant col prof. Secondo Bongiovanni. Si Laurea in Sacra Teologia presso la Facoltà Teologica dell’ Italia Meridionale sezione san Tommaso nel 2012 sempre “Summa cum laude”
Dottore in Archeologia e Scienze Storiche, ha svolto diverse campagne di scavo alla necropoli del Cigno a Macchia Valfortore (CB), con l’Università degli studi di Napoli Federico II e alla necropoli di Crocifisso del tufo a Orvieto (TR), con il Parco Archeologico Ambientale dell’Orvietano e l’ Università dell’Arizona. È attuale vice Presidente della Pro Loco di Sant’Agata dei Goti (BN) dove svolge anche la funzione di OLP per il Servizio Civile Universale. È giornalista tirocinante presso la testata QuasiMezzogiorno. Sì è occupato di alcuni ambiti di archeologia della produzione del Sannio caudino. Attualmente s’interessa alle istituzioni sociali e militari del Medioevo. È vice Presidente dell’Istituto Storico Sannio Telesino.
Medico di Pronto Soccorso ed Emergenza Cultore di Storia Locale ha scritto il saggio: Telesia 1349 Peste e Terremoto edizioni duemiladicessette, 2016, Cartoline da Telese ed. Unione Filatelica Beneventana, 2009; Castelvenere Valdese insieme a P. Carlo Ed. Realtà Sannita, 2016; Officine Massoniche e Vendite Carbonare in Area Sannita insieme a F. Pace, edito dall’ASMV nel 2019. Ha scritto nell’Antologia sulla vita di Michele Ungaro edito dalla Società di Mutuo Soccorso di Cerreto Sannita nel 2019.ha in corso di pubblicazione un libro di poesie. Dirige la collana di poesie della Casa Editrice FioriDiZucca. Presidente pro-tempore dell’Istituto Storico del Sannio Telesino. Premio Upupa 2017 e 2019 per gli studi di storia locale.