

Giuseppe Capobianco è nato a S. Maria a Vico il 27 giugno 1926. Dirigente del Partito Comunista Italiano, ha ricoperto diversi incarichi, tra cui quello di componente della Commissione nazionale di controllo. Ha scritto numerosi saggi sulle lotte operaie e contadine, sul fascismo e sulla Resistenza in Terra di Lavoro. È morto a Caserta il 27 settembre 1994
Ho conosciuto Giuseppe Capobianco nella seconda metà degli anni ’80, in un periodo particolarmente tormentato della sua esistenza. Dalla morte di Enrico Berlinguer (11 giugno 1984) alla cosiddetta “svolta della Bolognina” (12 novembre 1989) e fino allo scioglimento del Partito Comunista (3 febbraio 1991), egli dovette assistere alla progressiva dissoluzione del suo mondo politico. Rimasto legato alle proprie convinzioni ideologiche, trascorse gli ultimi anni di vita a Caiazzo, dove si dedicò prevalentemente agli studi storici. Indagando sulla lunga lotta per l’emancipazione delle classi subalterne in Terra di Lavoro, aveva ritrovato un suo spazio di impegno politico, ma con un intento pedagogico. Le sue ricerche lo portarono in più occasioni a smentire le narrazioni dominanti, anche grazie alla scrupolosa consultazione di archivi locali e nazionali. In questa febbrile attività tentò di recuperare i documenti dei partiti che per decenni avevano caratterizzato la scena politica casertana, ma invano. Solo l’archivio del PCI gli fu affidato, mentre quelli del PSI e della DC, per quanto ne sappia, andarono irrimediabilmente perduti.
Del microcosmo caiatino si era occupato per la prima volta nel saggio La costruzione del partito nuovo in una provincia del sud (1981), a proposito dell’assalto alla locale sezione comunista. Il fatto avvenne nella tarda mattinata del 1° novembre 1945, quando alcune decine di contadini – dopo aver ricevuto una bandiera americana e vino in abbondanza – raggiunsero le sedi del PCI e del PSIUP per devastarle. A ispirare l’operazione furono alcuni proprietari terrieri, con la copertura dei carabinieri e della polizia militare americana, che fornì agli assalitori anche 24 moschetti, un mitra, quattro mitragliatrici e diverse bombe a mano. L’episodio venne derubricato nella memoria collettiva come reazione alla pericolosità sociale di alcuni esponenti comunisti, accusati di aver compiuto l’anno precedente anche un attentato dinamitardo ai danni del sindaco De Angelis. In realtà, l’azione armata si prefiggeva ben altri scopi di natura intimidatoria: la sezione comunista, che nel 1945 contava circa 100 iscritti, rappresentava una minaccia per la continuità del potere locale dopo la caduta del fascismo; l’anno successivo, infatti, si ridusse a poche unità. I contraccolpi al referendum istituzionale del 2 giugno 1946 furono altrettanto pesanti: la “Monarchia” registrò 2.429 voti, la “Repubblica” 535 e, per l’elezione dell’Assemblea costituente, il PCI ottenne solo 57 voti.
Fu proprio durante la sua permanenza a Caiazzo che Capobianco diede vita al suo più impegnativo lavoro di ricerca, grazie al quale riemerse dall’oblio l’enormità della ferocia nazista in Terra di Lavoro. Uno ad uno, percorse tutti i comuni della provincia, restituendo dignità a centinaia di civili uccisi a sangue freddo dalle truppe del Terzo Reich. Fino ad allora quei morti ammazzati erano passati nella memoria collettiva come una conseguenza fatale degli eventi bellici, ignorando che nel 1943 i tedeschi avevano messo in atto sul nostro territorio una spietata strategia del terrore. In proposito, così scriveva a Giuseppe Agnone:
[…] È triste, ma non si può non constatare una radicale rimozione di quel periodo. Qua e là, come mosche bianche, si trova qualcuno impegnato a tener vivo il ricordo, misto con tanta fantasia. Ma, dopo aver girato più di mezza provincia, questi non riempiono una mano. Perciò se, dopo aver messo tempo e denaro, riesco a farlo pubblicare dalla Provincia, io sono soddisfatto perché ho scalfito una rimozione. Ciò che mi interessa è la diffusione: mandare il libro nelle biblioteche, ai comuni, significa impedire che anche la memoria di quegli episodi si dissolva. Ed ho la prova che ciò già stava avverandosi. […] 1La minuta autografa della lettera, inviata il 26 gennaio 1989, è conservata presso l’archivio dell’Associazione Storica del Caiatino.
I risultati del suo faticoso lavoro furono pubblicati l’anno successivo con un titolo emblematico: “La giustizia negata”. Da quel momento gli storici dovettero fare i conti con una diversa lettura della guerra nel Mezzogiorno, per la liberazione dell’Italia. Scrive Luca Baldissara:
[…] Nell’area che separa il golfo di Salerno dalla linea Gustav, in circa tre mesi, tra settembre e dicembre 1943, si concentra […] ogni forma di violenza di guerra. Più accentuatamente che in altre aree del paese, e prefigurando quanto si manifesterà nei mesi a venire, in questa zona del fronte il massacro cumula intorno a sé una scia di violenze che lo precedono e l’accompagnano: segno della convulsa fase di combattimenti che il territorio allora sopporta, della non sistematicità – pur entro un impianto repressivo coerente – degli ordini, della non ancora del tutto testata procedura di brutalità delle unità coinvolte negli episodi di violenza. La politica del massacro, insomma, in questa fase è ricompresa ancora entro una più generale pratica della violenza diffusa.2L. Baldissara, Il massacro come strategia di guerra, la violenza come forma di dominio dello spazio, in G. Fulvetti – P. Pezzino (a cura di), “Zone di guerra, geografie di sangue”, Bologna 2016, pp. 177- 179.
Nel 1988 ebbe inizio la lunga vicenda processuale contro i responsabili della strage nazista di Monte Carmignano. Giuseppe Agnone aveva inviato alla Procura della Repubblica di S. Maria C.V. e al Comune di Caiazzo la notizia del ritrovamento di un dossier che inchiodava gli autori dell’eccidio. Il sindaco Giuseppe Cervo, superata l’iniziale diffidenza sulla veridicità della missiva, alcuni giorni dopo me la consegnò per gli opportuni approfondimenti. Non ci volle molto a comprendere che i documenti rinvenuti da Agnone gettavano nuova luce su quanto accaduto il 13 ottobre 1943. Conoscendo il rigore intellettuale di Giuseppe Capobianco, gli chiesi di studiare il materiale archivistico americano e di ampliare le ricerche in Italia. Sapevo già che quell’incarico avrebbe attirato le critiche di chi nutriva pregiudizi ideologici nei confronti dei comunisti, ma trovai due inaspettati alleati nel sindaco Cervo e nel vescovo Angelo Campagna. Per uno strano scherzo del destino, proprio quell’anno furono ritrovati da Enrico Bruno, volontario dell’Associazione Storica del Caiatino, alcuni documenti inviati da William Stoneman – presumibilmente intorno al 1949 – che svelavano l’identità del principale responsabile della strage. Chi fosse il destinatario di quelle carte, non è dato saperlo, ma certamente erano finite tra le pieghe di un vecchio giornale nella curia vescovile.
La notizia destò grande clamore. Non furono pochi coloro che si affrettarono a difendere la reputazione del vescovo di allora, Nicola Maria Di Girolamo, piuttosto che interrogarsi sulle ragioni del lungo silenzio che, per decenni, aveva avvolto gli autori dell’eccidio.Nella citata lettera a Giuseppe Agnone, Capobianco affermava:
[…] non credere che siano molti gli entusiasti. Si pensava che la cosa si sgonfiasse per strada, perciò non si sono opposti. Basta vedere come è stata data l’ultima notizia. Solo tenendo conto di queste cose riuscirai a spiegarti il tipo di articolo che ho scritto e di cui ti ho inviato copia: il massacro non fu una isolata follia; la punizione è necessaria se si vuole salvare l’umanità da simili crimini 3Le sottolineature sono di Giuseppe Capobianco.
Ti sei mai chiesto che voleva dire Stoneman nell’articolo del 16 ottobre: “La brava gente ci faceva largo prima che ci avvicinassimo e attraverso un traffico intasato e impossibile avanzavamo come un caso di peste”. Ed hai fatto caso ad un altro documento giuntomi ieri l’altro? Lo trascrivo: “I parenti di quattro famiglie distrutte dai soldati tedeschi in una scorreria senza ragione attraverso la campagna di Caiazzo stanno con un tenente americano accanto alla buca…”. Ed hai presente come chiude l’epigrafe sulla fossa comune? “Un americano… pone questa memoria”. Qui sta la mentalità di un paese che non si è mosso – non dico commosso – neppure di fronte a tanta carneficina. E noi andiamo a rimuovere cose remote.Avere dalla nostra parte Nicola Sorbo, il giovane Presidente dell’Associazione Storica del Caiatino, è stato decisivo, ma ciò non consente né a noi, e neppure a lui, di fare ciò che sarebbe giusto fare. Riuscire a dire: l’assassino dei vostri fratelli aveva un nome, poteva pagare, i vostri governanti, i signori di qui, lo sapevano e non hanno fatto nulla. È, per questo paese, un fatto importante. Potrà far avanzare nella coscienza di alcuni lo spirito critico. Con questa chiave di lettura ti sarà più facile intendere certi richiami del mio articolo sulla Gazzetta. Riuscire a far passare il concetto che per crimini così orrendi non ci sono prescrizioni, perché è un dovere della società difendersi ed impedire il ripetersi di simili crimini, è una grande lezione di vita. Lo sai che non pochi hanno pensato – e ne sono convinti – che quei tre fogli trovati tra i libri del seminario vescovile erano un montaggio? Ben diverso il clima di Bellona, dove da sempre c’è un’associazione famiglie delle vittime, dove ogni anno c’è la giornata del ricordo […].

Capobianco morì prima che la sentenza di condanna venisse pronunciata. Da quel 24 ottobre 1994 molti altri fatti sono accaduti. Il processo di riconciliazione tra le comunità di Caiazzo e Ochtendung – dove viveva Lehnigk-Emden – non è stato purtroppo accompagnato da una chiara affermazione di verità e giustizia. Il Tribunale di S. Maria C.V. inflisse agli imputati la pena – ineseguibile – dell’ergastolo, ma negò l’esistenza di un nesso causale tra il crimine e la guerra. Si affermò, dunque, la tesi di un unicum nel panorama delle stragi naziste in Italia; anzi, a Caiazzo vennero addirittura riesumate narrazioni fantasiose. Due giorni dopo la sentenza, apparve sul quotidiano La Voce questa dichiarazione del candidato sindaco di Alleanza Nazionale, già esponente locale della DC, Fabio Sgueglia: […] Dopo mezzo secolo, non ha nessun senso il processo. Queste manifestazioni volute dai comunisti sono montature. Alcuni vigliacchi uccisero un tedesco e lo nascosero nella paglia. Quando il tedesco fu ritrovato nessuno osò parlare. E così vi fu la rappresaglia. A Caiazzo si era dimenticato tutto, finché non sono spuntate delle carte e così sono ricomparsi i parenti delle vittime, che hanno fiutato la possibilità di fare denaro.4M. Esposito, Ergastolo al boia di Caiazzo. Manifesti anche in Germania, “La Voce”, 26 ottobre 1994.
Nei decenni successivi si è assistito a un progressivo distacco della memoria collettiva dalla pratica dell’antifascismo, che ha di fatto neutralizzato qualsiasi forma di riflessione e di dibattito, anche solo sulla possibile distinzione fra verità giudiziaria e verità storica della strage. Persino la figura di Giuseppe Capobianco ha rischiato di essere fagocitata in questo processo – ora che non c’è più – con la tendenza a enfatizzarne la personalità a scapito della sua infaticabile, scomoda, opera di ricerca della verità. Rimane, dunque, di estrema attualità la sua domanda: «Ma Caiazzo si ritiene, si sente città martire? Si può affermare che la sua storia recente sia espressione della fecondità di quell’evento? Non ci pare davvero. I guasti determinati dalla rimozione di quel martirio non sono stati ancora superati, il valore di quel sacrificio non è ancora divenuto patrimonio della collettività cittadina, della Storia della Resistenza italiana».5G. Agnone – G. Capobianco, La barbarie e il coraggio, Napoli 1990, p. 107.
Seguendo il suo pensiero, mi chiedo quale sarebbe stata oggi la sua posizione rispetto alle numerose istanze di risarcimento avanzate un po’ dovunque dalle comunità colpite dalle stragi naziste, ma non a Caiazzo, non in Campania. La Germania, in questi anni, si è rifiutata di riconoscere un indennizzo a chi ha subito così gravi sofferenze, anche se ha provato a percorrere una strada diversa con il “Fondo italo-tedesco per il futuro”. La via scelta, senz’altro lodevole, non è riuscita, però, a intercettare il sentimento di ingiustizia ancora vivo in diverse comunità locali colpite dal terrore nazista. Lo testimoniano i numerosi verdetti emessi dai tribunali italiani in favore dei familiari delle vittime, primo fra tutti quello della Corte costituzionale, che ha negato l’immunità giurisdizionale di uno Stato estero quando sono lesi i diritti inviolabili della persona.
A un convegno svoltosi a Caiazzo il 12 ottobre 2019, la senatrice a vita Liliana Segre ha inviato il seguente messaggio:
La strage di Caiazzo del 13 ottobre 1943, insieme a quella di Bellona di pochi giorni prima, fu una delle più efferate perpetrate dai nazi-fascisti in territorio italiano. Persone innocenti e inermi, fra cui molti bambini, furono uccise dall’odio ceco dei militari tedeschi e dei loro collaborazionisti fascisti italiani. Cose fuori da ogni dimensione umana, persino entro la logica pure aberrante della guerra. Come ebbe a scrivere il grande filosofo napoletano Benedetto Croce, che dettò il testo della lapide di commemorazione, compiendo simili stragi nazisti e fascisti non si comportavano come normali combattenti di una guerra convenzionale, ma come attori di una “guerra totale” perpetrata da “atroci nemici dell’umanità”. È giusto quindi ricordare, tramandare la memoria, organizzare momenti di studio e divulgazione come quello che si tiene oggi a Caiazzo. È importante che anche la Repubblica di Germania abbia deciso da tempo di partecipare con le sue più alte cariche a certe commemorazioni, anche se tengo a dire che non bastano le ammissioni di colpa e il mecenatismo a favore del lavoro di ricerca e divulgazione storica. Occorre infatti continuare a porre con chiarezza la questione del risarcimento delle vittime dei crimini nazisti, contro civili e militari, come voi opportunamente ricordate con il convegno di oggi. La memoria dunque, la storia, ma anche il diritto e l’imprescrittibilità della giustizia per le vittime di delitti tanto efferati. Nel rinnovare quindi a voi tutti i migliori auguri di riuscita delle vostre commemorazioni e del vostro convegno, auspico che l’intera nostra comunità nazionale possa sempre più crescere in fatto di conoscenza storica e coscienza civile. Mai dimenticare, mai voltarsi dall’altra parte, mai cedere all’indifferenza.6Il messaggio è stato inviato al convegno sul tema: “Riconciliazione e diritto al risarcimento per le vittime dei crimini nazisti: esperienze a confronto per una Europa giusta e solidale”.
A chi ha biasimato le azioni civili, riducendole a mero perseguimento di interessi economici, va ricordato che gli Stati hanno una responsabilità oggettiva: indipendentemente dagli aspetti penali dell’illecito, sono obbligati a risarcire il danno ingiusto scaturito dalla lesione di diritti inviolabili della persona. Se la giustizia civile è una forma di reazione alla violazione di principi meritevoli di protezione, il risarcimento è il naturale risultato della reazione all’ingiustizia. Per una strage compiuta da appartenenti alla Wehrmacht, come nel caso di Caiazzo, sarebbe stato doveroso affermare questa forma di Giustizia sostanziale, autenticamente solidale, anche per veder riconosciuto il reato come crimine di guerra piuttosto che delitto comune. La differenza non è di poco conto: nei crimini di guerra ha rilievo il contesto bellico e la responsabilità, che si estende a coloro che dispongono del potere di comando (culpa in vigilando).
Sulla cd. eccezione umanitaria al principio generale di immunità degli Stati, oggi si dibatte in diverse sedi sovranazionali anche per i conflitti in corso. Rispetto all’aggressione dell’Ucraina, il 15 novembre 2022 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che condanna la Russia a sopportare le conseguenze legali di tutti i suoi atti illegali a livello internazionale, compreso il risarcimento dei danni materiali e umani, in quanto responsabile di gravi violazioni del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite. A tal fine, ha sollecitato la creazione di un Registro internazionale dei danni, in collaborazione con l’Ucraina, dove registrare prove e informazioni sulle richieste di risarcimento da parte di persone fisiche, giuridiche e dello Stato ucraino.
Anche il Parlamento europeo, nella seduta del 19 gennaio 2023, ha votato una risoluzione che, nel sollecitare l’istituzione di un Tribunale speciale per il crimine di aggressione contro l’Ucraina, invita l’UE e gli Stati membri, nonché i loro partner e alleati, ad avviare una discussione sulla possibilità giuridica di utilizzare i beni sovrani dello Stato russo come risarcimento per le violazioni del diritto internazionale da parte della Russia in Ucraina, anche negando potenzialmente a tali beni le tutele dell’immunità sovrana o limitando tali tutele a causa della natura grave di tali violazioni.7https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2023-0015_IT.html
Comunque, la lunga e complessa controversia tra Italia e Germania si può dire oggi risolta, con la decisione del governo Draghi di pagare tutti i risarcimenti al posto dello Stato tedesco. Il 30 aprile 2022 ha, infatti, approvato un decreto-legge che istituisce il «Fondo per il ristoro delle vittime di crimini di guerra compiuti nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945 dalle truppe del Terzo Reich» nel quadro delle misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).8Art. 43 del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito in legge 29 giugno 2022, n. 79. Il provvedimento è stato ufficialmente emanato per dare “continuità” all’Accordo sottoscritto a Bonn nel 1961, con il quale il governo tedesco aveva versato al nostro Paese 40 milioni di marchi per dirimere questioni di natura patrimoniale fra Italia e Terzo Reich. In realtà, l’intento effettivo del Governo era di bloccare le procedure esecutive sui beni della Germania.9Nel 2021 il Tribunale di Roma aveva disposto il pignoramento di diversi beni di proprietà della Germania siti nella capitale: l’Istituto Archeologico Tedesco, il Goethe Institut, l’Istituto Storico Tedesco e la Scuola Germanica.
Il Fondo, con una dotazione finanziaria di 61 milioni di euro, è destinato a coloro che abbiano avviato, entro un dato termine, azioni contro il Governo tedesco per l’accertamento e la liquidazione dei danni causati durante l’occupazione nazista.
Per ottenere le riparazioni previste dalla legge, il 7 maggio 2022 ho chiesto al sindaco Giaquinto di avviare un confronto con i familiari delle vittime della strage. Gli eventuali indennizzi avrebbero potuto essere destinati, d’accordo con i beneficiari, alla realizzazione del Parco della Memoria sulla collina di Monte Carmignano. L’Amministrazione comunale, però, si è rifiutata di citare in giudizio il Governo tedesco, per non compromettere le buone relazioni con le autorità consolari di quel Paese; eppure, era evidente la natura meramente formale dell’atto, visto che i familiari delle vittime e il Comune di Caiazzo non avrebbero, di fatto, avanzato pretese nei confronti della Germania. La questione si è chiusa definitivamente senza un confronto pubblico né, tantomeno, un coinvolgimento dei familiari delle vittime, per condividere la decisione più opportuna.
Quello di Caiazzo non è stato un caso isolato nel Mezzogiorno, dove neanche una class action o, comunque, una iniziativa pubblica è stata avviata per rivendicare il dovuto riconoscimento alle vittime delle stragi e delle deportazioni naziste. In Campania, con oltre 1.600 civili uccisi dalla barbarie delle truppe di Hitler, sono note solo tre istanze per episodi singoli accaduti a San Salvatore Telesino (Benevento), San Clemente (frazione di Caserta) e Caposele (Avellino). Molto diversa la situazione nel resto della penisola: dal Molise al Piemonte, sono state centinaia le azioni risarcitorie, sia individuali che collettive. Tra le prime comunità a ottenere un indennizzo, quella di Fornelli (IS), cui sono stati riconosciuti oltre 13 milioni di euro per il massacro di sei civili, uccisi il 4 ottobre 1943.
Questo diverso modo di fare memoria induce a riflettere: mentre nelle regioni meridionali il ricordo della guerra di liberazione tende a esaurirsi in attività rievocative e storiografiche, in quelle settentrionali è vissuto come valore fondativo di un rinnovato sentimento nazionale, ispirato allo Stato di diritto e ai principi di libertà, democrazia e solidarietà sanciti dalla Costituzione.
Così, sulla questione dei risarcimenti, mentre la “Rete dei Comuni della Provincia di Caserta per non dimenticare le stragi nazifasciste nell’ottica della Riconciliazione Italo-Tedesca in un’Europa Unita” è rimasta nell’ombra, altri sindaci come, ad esempio, quelli della “Rete dei Comuni toscani teatro di stragi ed eccidi nazifascisti” – insieme al Presidente della Regione, Eugenio Giani – sono stati al fianco dei parenti delle vittime, anche nel denunciare l’ostruzionismo sistematico che, dinanzi al giudice civile, ha messo in atto l’Avvocatura dello Stato. La sua opposizione è stata talmente ostinata, da suscitare stupore perfino tra gli stessi magistrati chiamati a decidere. In alcuni casi l’Avvocatura ha contestato le prove delle stragi portate dagli avvocati. Ha sostenuto che in mancanza dell’accettazione dell’eredità (un passaggio formale non obbligatorio in caso di morte) l’erede non abbia diritto al risarcimento. In due casi ha chiesto la prescrizione del diritto al risarcimento nonostante ci fossero molte sentenze nazionali e internazionali secondo cui i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra non possono andare in prescrizione. In tre cause ha dubitato dell’effettivo danno procurato in quanto alcuni figli o i nipoti delle vittime non erano nati al momento della morte del familiare, durante la guerra.10https://www.ilpost.it/2023/12/14/opposizione-avvocatura-stato-ai-risarcimenti-stragi-naziste/
In questa controversia con il Governo si è distinto il sindaco di Stazzema (Lu), Maurizio Verona, che ha sollecitato anche la discussione in Parlamento di una proposta di legge di iniziativa popolare, presentata dal suo Comune, contro la propaganda e la diffusione di messaggi inneggianti a fascismo e nazismo e la vendita e produzione di oggetti con simboli fascisti e nazisti.11La proposta è stata presentata il 29 aprile 2021 con oltre centomila firme. Il testo è disponibile sul sito https://www.camera.it/leg19/126?tab=8&leg=19&idDocumento=4&sede=&tipo=
Anche il nostro Governo si è distinto: in occasione dell’80° anniversario della strage di Monte Carmignano, a Caiazzo ha mandato a rappresentarlo il ministro Gennaro Sangiuliano; a Sant’Anna di Stazzema, invece, ha deciso di non inviare neanche un sottosegretario.
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Note:
[1] La minuta autografa della lettera, inviata il 26 gennaio 1989, è conservata presso l’archivio dell’Associazione Storica del Caiatino.
[2] L. Baldissara, Il massacro come strategia di guerra, la violenza come forma di dominio dello spazio, in G. Fulvetti – P. Pezzino (a cura di), “Zone di guerra, geografie di sangue”, Bologna 2016, pp. 177- 179.
[3] Le sottolineature sono di Giuseppe Capobianco.
[4] M. Esposito, Ergastolo al boia di Caiazzo. Manifesti anche in Germania, “La Voce”, 26 ottobre 1994.
[5] G. Agnone – G. Capobianco, La barbarie e il coraggio, Napoli 1990, p. 107.
[6] Il messaggio è stato inviato al convegno sul tema: “Riconciliazione e diritto al risarcimento per le vittime dei crimini nazisti: esperienze a confronto per una Europa giusta e solidale”.
[7] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2023-0015_IT.html
[8] Art. 43 del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito in legge 29 giugno 2022, n. 79.
[9] Nel 2021 il Tribunale di Roma aveva disposto il pignoramento di diversi beni di proprietà della Germania siti nella capitale: l’Istituto Archeologico Tedesco, il Goethe Institut, l’Istituto Storico Tedesco e la Scuola Germanica.
[10] https://www.ilpost.it/2023/12/14/opposizione-avvocatura-stato-ai-risarcimenti-stragi-naziste/
[11] La proposta è stata presentata il 29 aprile 2021 con oltre centomila firme. Il testo è disponibile sul sito https://www.camera.it/leg19/126?tab=8&leg=19&idDocumento=4&sede=&tipo=